Nell’ambiente in cui viviamo siamo quotidianamente  esposti a campi elettrici e magnetici (generati ad esempio da elettrodotti, antenne radio e televisive, elettrodomestici, computer, telefoni cordless, cellulari,..) caratterizzati da frequenze e intensità diverse. Come influiscono sul nostro organismo questi campi e come vengono studiati e valutati i possibili effetti su di esso? Cerchiamo di capirne di più.

I campi elettromagnetici vengono sommariamente suddivisi in:

– Campi elettrici e magnetici statici e a bassa frequenza ( 0Hz- 100 kHz) , questi sono ad esempio i campi generati da elettrodotti, elettrodomestici  e computer,..

– Campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde (100 kHz-300 GHz)  (generati da impianti di telecomunicazione e di diffusione radiotelevisiva,

Gli effetti che un’esposizione a campi elettromagnetici esterni provoca nel corpo umano e nelle sue cellule dipendono soprattutto dalla frequenza (misurata in Hz, oscillazioni al secondo ) dei campi e dalla loro intensità. La frequenza, in particolare, è il parametro che maggiormente determina i meccanismi di interazione tra campo elettromagnetico e organismo .

A basse frequenze, i campi magnetici inducono la circolazione di correnti all’interno dello stesso. Se sufficientemente alte, queste correnti, interferendo con i meccanismi fisiologici, possono causare la stimolazione dapprima dei nervi e, a intensità più elevate, dei muscoli.

Gli effetti sull’organismo accertati, conseguenti all’esposizione a campi magnetici statici (non variabili) o a bassa frequenza, sono quindi legati essenzialmente alla generazione di correnti indotte all’interno del corpo del soggetto esposto e sono effetti acuti. Tali effetti sono graduati, vale a dire dipendenti dall’intensità del campo, si manifestano oltre un valore soglia, dopo un esposizione in un tempo limitato e generalmente scompaiono al cessare della stimolazione. Le normative di sicurezza che regolamentano l’esposizione al campo magnetico esistenti ad oggi si basano unicamente sugli effetti acuti,  per brevi periodi di esposizione.

Questi effetti si manifestano quando le correnti indotte dal campo magnetico a bassa frequenza (o dal movimento del corpo in un campo magnetico statico) raggiungono un’intensità confrontabile con le correnti elettriche che costituiscono, per esempio, gli impulsi nervosi.

Il sistema nervoso è infatti uno dei “bersagli” dell’interazione, e gli effetti per campi di intensità bassa sono legati alla percezione di “falsi” stimoli, per esempio bagliori (fosfeni) per poi passare, a intensità più elevate, ad effetti anche sul cuore come ad esempio fibrillazione etc.

 

Alle radiofrequenze, i campi penetrano soltanto per piccole profondità dentro il corpo e l’energia trasportata viene convertita in un aumento del movimento delle molecole con conseguente incremento della temperatura del tessuto biologico (l’effetto su cui si basa il riscaldamento dei cibi nel forno a microonde). Il valore limite di riscaldamento oltre il quale si manifestano gli effetti termici nell’organismo è noto e viene adottato come limite di sicurezza.  Proprio perché l’effetto è legato all’accumulo di calore nel tempo, i livelli di riferimento sono generalmente definiti come media su 6 minuti. I livelli dei campi a radiofrequenze ai quali siamo quotidianamente esposti sono comunque molto più bassi di quelli necessari a produrre un riscaldamento significativo dei tessuti del corpo.

Per tutelare la popolazione e i lavoratori dagli effetti sopra descritti, i singoli paesi stabiliscono le proprie normative nazionali recependo Linee Guida internazionali che si basano su rassegne di tutta la letteratura scientifica pubblicata. Tra gli organismi internazionali a cui si fa riferimento, per quanto riguarda le linee guida e le indicazioni in materia di rischi connessi ad esposizione ai campi elettromagnetici, spicca la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP).

L’ICNIRP e altre istituzioni hanno definito le soglie di densità di corrente per i principali effetti a bassa frequenza e il valore limite di ’riscaldamento’, denominato  SAR (SpecificAbsorption Rate, ovverosia potenza assorbita per unità di massa), da adottare come limite di sicurezza per gli effetti termici.

Tuttavia esiste un’altra problematica non ancora scientificamente risolta che riguarda la possibilità che esposizioni croniche a campi di basse intensità,  possano favorire l’insorgere di alcune patologie tumorali; in particolare a partire dal 1979 è stata avanzata l’ipotesi della possibile esistenza di una correlazione statistica tra la residenza vicino a grandi elettrodotti e patologie neoplastiche infantili.

Su questa base sono stati perciò ipotizzati effetti dovuti a esposizioni croniche a valori di campo molto inferiori a quelli normalmente considerati per gli effetti sopra descritti.

Successivamente si sono svolte numerosissime indagini di verifica, molte delle quali a favore di questa ipotesi e altre, meno numerose, negative.

Studi di correlazione statistica a parte, non esiste al momento alcuna evidenza scientifica di un qualche meccanismo di interazione bioelettromagnetica in grado di indurre gli effetti sopra citati a bassi valori di campo. Per questo motivo, l’ICNIRP a conclusione delle linee guida 2010, riportava:

La mancanza di prove di causalità implica che questo effetto non possa essere considerato nelle restrizioni di base. Consigli per la gestione del rischio, tra cui considerazioni sulle misure di precauzione, sono stati comunque forniti dall’OMS e da altre istituzioni”, con ciò non escludendo l’utilità di misure di precauzione.

 

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), emanazione dell’OMS, essenzialmente a causa della correlazione statistica fra esposizione e leucemia infantile, ha nel 2001 classificato i campi magnetici a frequenza nominale di rete nel gruppo 2B (possibili cancerogeni).

Per avere un’idea più chiara del significato della classificazione IARC si può riflettere sul fatto che il caffè era stato classificato 2B nel 1991; in seguito ai risultati delle ricerche ulteriori (http://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/oncologia/caffe-e-tumori-nessun-aumento-del-rischio), nel 2016 questa classificazione è stata ritirata. Nel gruppo 2B, si trovano oggi le “verdure marinate (tradizionali asiatiche)” mentre nel gruppo 1 o “cancerogeno per l’uomo” (http://monographs.iarc.fr/ENG/Classification/index.php) si trovano i radionuclidi alfa e beta emittenti depositati all’interno del corpo umano ma anche la radiazione solare in generale oltre alla radiazione ultravioletta.

Nel 2011, la classificazione 2B è stata estesa ai campi a radiofrequenza, anche in questo caso per una correlazione statistica fra neurinoma del nervo acustico e l’uso del cellulare. La stessa IARC riconosce tuttavia che non si riscontra un aumento significativo dell’incidenza di questo tumore. Anche per questo la classificazione è al momento ancora 2B  e non più elevata.

La legislazione italiana ha cercato di affrontare le preoccupazioni per questi effetti citando il cosiddetto “Principio di precauzione” nella Legge Quadro 36/2001 ed introducendo i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità nei DPCM del 2003 per la popolazione. I successivi provvedimenti per i lavoratori del 2007 e del 2008, viceversa, si attengono ai criteri dell’ICNIRP.

La  sentenza della Cassazione 17438 del 2012, a conferma della sentenza della Corte di Appello del Tribunale di Brescia sezione Lavoro n° 361/08, per la prima volta riconobbe dal punto di vista giuridico il nesso di causalità fra l’utilizzo intensivo del cellulare e un tumore al trigemino introducendo una novità, forse a livello internazionale, nella giurisprudenza. La sentenza della corte di Appello si basò su lavori pubblicati su riviste scientifiche , nei mesi precedenti.

La pubblicazione dei lavori utilizzati anche per la motivazione della sentenza ebbe una grande risonanza al punto da portare l’ICNIRP a pubblicare una parziale rivalutazione degli stessi (ICNIRP 2011 – ICNIRPSCI review. Mobile phones, brain tumours and the interphone study, where are we now?).

Effettivamente, IARC ha esteso la classificazione 2B alle radiofrequenze proprio nel 2011, sebbene la revisione pubblicata dall’ICNIRP avesse confermato l’insufficienza delle basi scientifiche per rivedere i limiti.

Dal punto di vista scientifico, non vi è contraddizione, in quanto la IARC non ha il compito di fissare limiti di esposizione, ma di indicare gli agenti di rischio, chimici e fisici, sui quali deve essere concentrata l’azione di prevenzione.

I lavori scientifici sui quali si basano le due organizzazioni, sono in gran parte gli stessi, sta alla professionalità di chi utilizza risultati acquisiti in campi diversi dal proprio non forzarne le conclusioni.

 

Riferimenti normativi  rivolti alla tutela dai rischi di esposizione ai campi elettromagnetici:

– RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA 1999/519 CE “RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 12 luglio  1999CE Relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz”:

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:1999:199:0059:0070:IT:PDF

– LEGGE 36/2001 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”:

http://www.camera.it/parlam/leggi/01036l.htm

– DPCM 8/7/2003 “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti. “:

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2003/08/29/03A09749/sg

– DIRETTIVA 2004/40/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici):

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2004:159:0001:0026:IT:PDF

– DLgs 81/2008 Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”

http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/08081dl.htm

– DIRETTIVA 2013/35/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 giugno 2013 sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE:

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:179:0001:0021:IT:PDF

 

A cura di Stefania Delle Canne e Lorenzo Bianchi, coordinatori della rubrica Ilfisicomedicorisponde