A cura di Giuseppe Scalzo e Giancarlo Gialanella.

 

L’Uranio è un metallo pesante che si trova in piccole quantità nelle rocce, suolo, acqua e quindi anche nei cibi ed è costituito da tre isotopi 235U, 234U e 238U, tutti radioattivi, di cui l’isotopo 238 è il più abbondante (circa 99,27%).

Tutti e tre gli isotopi hanno un tempo di dimezzamento molto lungo e quello dell’U-238 è di 4.468×109 anni.

Questo significa che affinché la sua radioattività si dimezzi deve trascorrere un tempo pari a quello di dimezzamento.

Per poterlo utilizzare nei reattori nucleari esso deve subire il processo di arricchimento, cioè si deve aumentare la percentuale di 235U e 234U in esso contenuto in quanto solo questi due isotopi sono fissili cioè subiscono il processo di fissione nucleare anche con neutroni di bassa energia.

Il materiale che ne deriva è noto come uranio arricchito, e la sua concentrazione di 235U in peso varia fra il 2% ed il 90%.

Il materiale di scarto di questo processo, noto come Uranio impoverito è meno radioattivo di dell’uranio naturale di circa il 40% ed emette particelle alfa e beta ed è classificato nella fascia di rischio basso tra i materiali radioattivi.

Poiché questo materiale ha una altissima densità (19 grammi per centimetro cubo) è stato usato sia per usi militari che per usi civili.

In campo militare  per costruire le punte dei proiettili che riescono cosi a penetrare le spesse corazze dei carri armati mentre in campo civile si utilizza come spessore di pareti per fermare le radiazioni, nei pesi usati nei pozzi petroliferi e come contrappeso negli aerei ( es Boeing 747).

Non c’è pericolo nell’uso dell’Uranio impoverito in quanto le radiazioni emesse (alfa e beta) hanno un potere di penetrazione molto basso e se poniamo l’Uranio in una scatola di alluminio esso diventa innocuo. Peraltro i militari americani che stanno dentro i carri armati con le corazze di uranio impoverito non hanno presentato patologie gravi. 

I problemi clinici anche gravi possono avvenire nel momento in cui l’uranio entra nel corpo umano sotto forma di pulviscolo e ancora di più se nella costruzione dei proiettili si è utilizzato l’Uranio proveniente dalle centrali nucleari in quanto questo può contenere l’isotopo 236 che è pericolosissimo per l’uomo se viene inalato (cioè se trasportato nei polmoni dalla respirazione).

La vicenda dei militari che si sono ammalati nella guerra del Kosovo potrà essere giudicata correttamente solo dopo che si sarà chiarita anche la eventuale presenza dell’isotopo 236 nei proiettili utilizzati.

Anche la popolazione del luogo può essere sottoposta a rischio in quanto l’uranio disperso sul campo di battaglia viene trasportato dal vento e quindi respirato mentre i residui a terra possono contaminare il terreno, l’acqua e quindi entrare nella catena alimentare.