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    Reti 5G? Parliamone, ma parliamone bene

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    Riporto il commento di Francesco Frigerio (francesco.frigerio@icsmaugeri.it) alle considerazioni di Samuela Persia, ricercatrice della fondazione Bordone, pubblicate su Agenda Digitale.


    Mettere i titoli agli articoli è rischioso, qualche volta si rischia di fuorviare il lettore.

    Nello studio https://www.agendadigitale.eu/infrastrutture/ecco-perche-le-reti-5g-impongono-di-rivedere-i-limiti-di-emissione-elettromagnetica-in-italia/ l’autrice, della Fondazione Ugo Bordoni, lungi dal richiedere l’aumento dei “limiti” applicabili in Italia, evidenzia la necessità di adeguare i modelli previsionali che si utilizzano per valutare, prima dell’installazione, la conformità degli impianti alla normativa.

    I fisici medici sono abituati a valutare il rapporto rischio/beneficio dell’impiego di radiazioni, quelle ionizzanti, che sono un agente cancerogeno accertato.

    In prima approssimazione si considerano le esposizioni massime teoricamente possibili, anche se non realistiche. Se i possibili danni così valutati sono inferiori ai benefici attesi si procede, altrimenti si riducono le esposizioni, se possibile, o si affina il modello.

    Per quanto noto, le nuove reti 5G, finalizzate all’internet delle cose saranno caratterizzate da antenne fortemente adattative, sia nel tempo che nello spazio.

    L’articolo sopra citato dimostra che, assumendo che l’antenna emetta sempre alla massima potenza nella direzione del bersaglio, il rispetto del “limite italiano” non è garantito se le antenne funzionano ai livelli di potenza più alti.

    In effetti, anche l’esempio pubblicato nell’articolo (Figura 4a), mostra che per ottenere una densità di potenza < 0,1 W/m2 a 20 m da un’antenna alimentata a 35 W, è sufficiente che il guadagno dell’antenna rispetto all’isotropo sia di 15 dBi invece che 16.

    Cercando di tradurre in italiano, il rispetto del cosiddetto limite, è garantito finché il fascio è concentrato sul bersaglio (per il fatto che l’antenna è direttiva), per un fattore inferiore a 10^15/10= 31,6

    Considerando invece che le antenne 5G potranno variare nel tempo anche l’orientamento del fascio, si ottiene (Figura 4b), un valore in ogni caso ampiamente inferiore a 0,1 W/m2.

    Alcune considerazioni si possono aggiungere.

    Il valore citato di 0,1 W/m2  come “limite” si ottiene a partire dall’obbiettivo di qualità fissato dalla legislazione italiana, per il solo campo elettrico, a 6 V/m.

    In condizioni di campo lontano, ovvero per distanze >> λ (lunghezza d’onda), la densità di potenza S, espressa di solito in W/m2, si ottiene dal campo elettrico E, dalla relazione

    S = E2/377

    Il valore di 6 V/m, è stato fissato “A titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle suddette frequenze all’interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere.” (DPCM 8/7/2003), nel periodo di maggiore espansione della telefonia mobile, quando, tra l’altro, le antenne radio base erano tipicamente composte da tre emettitori collocati a quote > 5 m sul piano di campagna, orientati a 120° sul piano orizzontale, con un guadagno tipico nella direzione di puntamento di 18 dBi, costante nel tempo.

    Detto in altro modo, le vecchie antenne proiettano nella direzione di massimo guadagno e costantemente nel tempo, un fascio 63 volte più intenso rispetto ad un’antenna isotropa.

    Lo standard 5G prevede la variazione della potenza irradiata sia rispetto al tempo sia rispetto alla direzione, in funzione dei dispositivi presenti.

    Rispettare il cosiddetto “limite” italiano, sarà quindi comunque possibile, secondo lo studio probabilmente più facile, con un’opportuna progettazione della rete che porterà, per ridurre la potenza, ad avvicinare le antenne ai ricevitori.

    In questo senso occorre notare che alla distanza di 20 m considerata nell’esempio, le condizioni di campo lontano sono comunque garantite. Alla “vecchia” frequenza di 2450 MHz, tuttavia, corrisponde una lunghezza d’onda di 12,5 cm; se si ritorna a 800 MHz, la lunghezza d’onda sale a 37 cm. Avvicinandosi alle antenne, i conti in campo lontano potrebbero non bastare più.

    Siamo ancora una volta ad un aumento della complessità, che va affrontato, con il dovuto realismo, mettendo le risorse su quello che vale la pena di approfondire.

    Le reti a 5G, porteranno sicuramente nuove opportunità; personalmente non mi sembra così importante che la mia lavatrice sia collegata al frigorifero e al mio smartphone, ma probabilmente si potranno realizzare applicazioni interessanti.

    L’aspetto forse più preoccupante, e meno approfondito, è per esempio, il rischio che in questa sovrabbondanza di connessioni, si moltiplichino le occasioni di per chi vuole sfruttare in modo fraudolento i dati altrui.

     

    Campagne informative

    http://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/tlc/2019/01/16/tarministeri-informino-rischi-cellulari_53449a6a-2478-41e6-88b8-5472eb8263cb.html

    su rischi “possibili”

    https://www.icnirp.org/cms/upload/publications/ICNIRPnote2018.pdf

    trascurando quelli probabili sono uno spreco.

     

     

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