I rischi relativi alle radiazioni ionizzanti sono legati a diversi fattori, tra cui la quantità di radiazioni ricevuta (la dose), il tipo di radiazione, la parte del corpo esposta e l’età del soggetto esposto. Nel caso della medicina nucleare la quantità di radionuclide somministrata al paziente pone un problema di radioprotezione sia per il paziente che per le persone attorno a lui.

 

LA SIGNORA GIOVANNA ALLE PRESE CON UN TRATTAMENTO CON IODIO 131 PER CARCINOMA TIROIDEO

Immaginiamo ad esempio la signora Giovanna, una paziente che si sottopone ad una terapia con Iodio 131 (131-I) per la cura di un carcinoma tiroideo. Questa terapia avviene mediante la somministrazione di una pastiglia di radiofarmaco (o, più raramente mediante iniezione intravenosa) che entrando nel metabolismo della paziente, viene accumulato dalle cellule tumorali. Dal momento della somministrazione la signora Giovanna possiede un’importante quantità di radioattività dentro di sé, ma questo non deve spaventare! Innanzitutto è proprio questa radioattività che servirà per curare la signora dalla propria malattia e gli effetti collaterali di questa terapia sono molto spesso trascurabili. Purtroppo non tutta la radiazione emessa dal radiofarmaco andrà a colpire le cellule interessate dalla malattia, ma una piccola quantità uscirà dalla paziente ponendo un problema di radioprotezione per le persone che la circondano. La quantità di radioattività all’interno della signora Giovanna diminuisce piuttosto in fretta nel tempo ma, a partire dalla somministrazione e per alcuni giorni successivi, la paziente dovrà essere ricoverata in un reparto protetto della Medicina Nucleare fino a quando l’attività risulterà inferiore ai livelli stabiliti per legge. Il ricovero dura generalmente 2-3 giorni, trascorsi i quali la signora presenterà un livello di radioattività al di sotto della soglia indicata dalla legge e sarà quindi solo più debolmente radioattiva.

Come deve comportarsi la signora Giovanna una volta dimessa dal reparto di Medicina Nucleare?

Le norme di radioprotezione da seguire una volta dimessa sono spiegate chiaramente dal Medico Nucleare durante la visita pre-ricovero e consegnate in forma scritta. Sono semplici regole (redatte insieme al Fisico Medico) che, se seguite con attenzione, consentono di affrontare in tutta sicurezza il rientro a casa senza rischio per se, per i familiari o per la popolazione.

Una volta dimessa la signora Giovanna si troverà a contatto con altre persone. Per alcuni giorni sarà bene limitare i contatti ravvicinati e prolungati con loro, specie se con bambini piccoli e donne in gravidanza.

È bene conoscere i due fattori che maggiormente influenzano la quantità di radiazione trasmessa alle persone che ci circondano: tempo e distanza. Facile immaginare che più tempo si permane e più la dose sarà elevata, è proprio vera l’equazione “1 ora = dose 100, 2 ore = dose 200”. La distanza gioca un ruolo fondamentale, più di quanto si possa immaginare! Si dice cha abbia un impatto quadratico, ovvero, la dose è inversamente proporzionale al quadrato della distanza: ad 1 metro avrò una dose 100, a 2 metri una dose 25, a 3 metri una dose 11 e così via, come schematizzato in figura.

Ecco che è molto importante limitare i tempi di permanenza e aumentare la distanza (già 3-4 metri fanno molto!) con le persone vicine. Da evitare, ad esempio, di dormire nello stesso letto: distanza e tempo di permanenza non aiutano di certo! Al contrario, due chiacchere o uno spuntino veloce stando a qualche metro di distanza non devono dare preoccupazioni. Maggiore attenzione va posta nei confronti delle persone più “radiosensibili”, ovvero i bambini e le donne in stato di gravidanza, per le quali si consiglia un vero e proprio distacco per i giorni indicati dal Medico. Nel caso di figli o nipoti questi dovranno essere, durante questo periodo, accuditi da altri.

 

Ma la signora Giovanna una volta dimessa rende radioattivo tutto ciò che tocca?

Assolutamente no, se la signora si siede su una sedia o utilizza il telecomando questi oggetti non diventano radioattivi e non vi è alcun pericolo. Quindi quando la signora lascia una stanza in questa non rimane alcuna traccia di radioattività! E’ lei la sorgente radioattiva ma l’ambiente è assolutamente sicuro!

L’unico modo per cedere un po’ di radioattività (in gergo “contaminare”) agli oggetti circostanti è attraverso i liquidi corporei. In caso di incidenti con fluidi biologici (sangue, urina, etc..) questi possono contenere tracce di radioattività che vengono, solo in questo caso, trasmesse al contatto. In questa situazione è importante una profonda pulizia della zona interessata indossando guanti monouso.

 

Per quanto tempo la signora Giovanna deve seguire queste regole?

Il rispetto di queste semplici regole assicura che le persone che circondano il paziente siano radioprotette e sicure. È bene ricordare che quanto detto è solo un esempio: tempistiche e modi vanno valutati per ogni procedura terapeutica (tipo di radionuclide, quantità, etc..) e bisogna fare riferimento alle indicazioni del proprio Medico Nucleare. I tempi di completo smaltimento della radioattività variano infatti molto da paziente a paziente ed a seconda del tipo di radiofarmaco utilizzato. Per questo il Fisico Medico collabora con il Medico Nucleare fornendogli una stima delle migliori tempistiche per il rispetto delle norme di radioprotezione per un periodo personalizzato per ciascun paziente.

 

E dopo il periodo di attenzione? Come deve comportarsi?

Dopo il periodo di attenzione la signora Giovanna torna alla vita di tutti i giorni, senza alcun limite o problema! La radioattività è ormai praticamente assente e non è più un rischio per le persone che le stanno vicino, anziane, adulte o bambine che siano. Fa solamente eccezione il concepimento di figli, che prevede un periodo di attenzione maggiore, e che deve essere quindi discusso con il Medico Nucleare a seconda del tipo di terapia e dalla quantità di radiofarmaco somministrata.