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PROTOCOLLO ITALIANO PER IL CONTROLLO DI QUALITÀ DEGLI ASPETTI FISICI
E TECNICI IN MAMMOGRAFIA
Traduzione e revisione di:
“European Protocol for the quality control of the physical
and technical aspects of mammography screening”
3rd edition, 2001
Curatore
Veronica Rossetti Ospedale S. Giovanni Antica Sede – Torino
Autori
Flaviano Corrado A.O. Spedali Civili – Brescia
Gisella Gennaro Dip. Scienze Oncologighe e chirurgiche – Università di Padova
Paola Golinelli Azienda U.S.L. – Modena
Veronica Rossetti Ospedale S. Giovanni Antica Sede – Torino
Hanno collaborato
Stefania Aimonetto – Aosta
Floriana Bartolucci – Chieti
Marco Cacciatori – Como
Francesca Cavagnetto – Genova
Fausto Chionne – Perugia
Simona Farnedi – Ravenna
F. Paolo Gentile – Roma
Adele Lauria – Napoli
Barbara Lazzari – Firenze
Silvia Mazzocchi – Firenze
Elvina Nassivera – Trento
Daniela Origgi – Milano
Luciano Occhialini – Trento
Massimiliano Paolucci – Foligno
Gerardo Sanità di Toppi – Chieti
Nicoletta Scrittori – Ravenna
Angelo Taibi – Ferrara
Adriano Tassoni – Chieti
Giovanna Zatelli – Firenze
.
INDICEDimensione della macchia focale 12
Dimensione della macchia focale: metodo del foro di spillo (pinhole camera) 13
Dimensione della macchia focale: metodo della fenditura (slit camera) 14
Dimensione della macchia focale: metodo del reticolo a stella (star pattern) 14
Allineamento campo di radiazione – ricettore di immagine 15
Rendimento del tubo radiogeno 17
2.1.2 Tensione al tubo radiogeno 18
Accuratezza e riproducibilità della tensione 18
2.1.3 Sistema per il Controllo Automatico dell’Esposizione 19
Selezione della densità ottica: valore centrale e differenza tra gradini di annerimento 19
Riproducibilità a breve termine 20
Riproducibilità a lungo termine 20
Compensazione al variare dello spessore dell’oggetto e dell’energia del fascio 20
Allineamento del piatto di compressione 22
2.2 Potter-Bucky e ricettore di immagine 22
2.2.1 Griglia anti diffusione. 22
2.2.2 Schermi di rinforzo e pellicola 23
Differenze di sensibilità e attenuazione tra le cassette, intervallo di densità ottica 23
2.3 Trattamento della pellicola 23
2.3.1 Condizioni di base delle prestazioni del sistema di trattamento della pellicola 24
Verifica della temperatura e condizioni di base 24
2.3.2 Pellicole e sistema di trattamento 24
2.4 Condizioni di osservazione 27
Kerma in aria all’ingresso del fantoccio 29
2.5.2 Qualità dell’immagine 29
Tabella 1: Parametri tecnici, frequenze dei controlli, valori limite e valori tipici 31
Tabella 2: Caratteristiche della strumentazione per controlli di qualità e della loro calibrazione 33
Stima della dose ghiandolare media 45
Valori tipici di SEV per altri spettri 46
Visibilità dei dettagli a basso contrasto 47
Schede per la registrazione dei controlli di qualità 50
INTRODUZIONE
Da oltre dieci anni, la Commissione Europea coordina un’organizzazione denominata EUREF (European Reference Organization for quality assured breast screening and diagnostic services), che ha il compito di definire e pubblicare linee guida per l’assicurazione della qualità di tutti gli aspetti concernenti un programma di screening mammografico (organizzativo, epidemiologico, fisico, tecnico, clinico…). Il documento più recente pubblicato da questa istituzione, “European guidelines for quality assurance in mammography screening, 3rd edition”, risale al 2001 e contiene al suo interno una intera sezione dedicata ai controlli di qualità delle apparecchiature (capitolo 3, “The European protocol of the physical and technical aspects of mammography screening”)
L’evoluzione tecnologica, l’obbligo di legge di effettuare controlli di qualità su tutte le apparecchiature radiologiche e l’utilità di avere un documento a tutti comprensibile, ha spinto un gruppo di fisici coinvolti in attività riguardanti la mammografia a tradurre ed aggiornare le linee guida europee per la parte che attiene il controllo dei parametri fisici e tecnici. In particolare, tale iniziativa ha preso forma all’interno del gruppo di fisici che è stato recentemente riconosciuto quale parte integrante dell’ associazione scientifica GISMa (Gruppo Italiano di Screening Mammografico), e si è poi ampliata verso fisici coinvolti in problemi di mammografia più in generale.
Nel presente lavoro non ci si è limitati alla semplice traduzione, ma, nella versione italiana, si sono introdotte modifiche sostanziali ad alcune sezioni, con particolare attenzione alle parti concernenti gli elementi dell’apparecchiatura in continua evoluzione; inoltre si è fatto uno sforzo per fornire spiegazioni dettagliate sulle modalità di esecuzione delle misure al fine di rendere chiare le procedure operative e ridurre le potenziali errate interpretazioni da parte dei lettori. Non è stato inserito alcun capitolo riguardo la mammografia digitale poiché, a tutt’oggi, anche il documento europeo è ancora in fase di elaborazione. Su questo tema si può fare riferimento all’Addendum del protocollo europeo (vedi Appendice 5), di cui non esiste ancora una pubblicazione ufficiale, ma si può scaricare dal sito dell’EUREF.
Le modifiche ed integrazioni più importanti riguardano la misura delle dimensioni della macchia focale, l’inserimento di alcuni controlli e l’eliminazione di altri, ritenuti meno significativi oppure obsoleti, la revisione del test relativo al controllo del sistema che gestisce la scelta dei parametri di esposizione, la misura del contrasto per valutare la stabilità dell’immagine e la revisione sostanziale di tutte le appendici.
Poiché, dal punto di vista del programma di garanzia della qualità fisico-tecnica e dell’impatto di questa sul piano diagnostico, non esiste alcuna differenza tra mammografia di screening e mammografia clinica, si è ritenuto di dedicare il protocollo italiano a tutte le apparecchiature mammografiche, senza ulteriori specificazioni relative al loro impiego. In tale direzione si sta muovendo anche la stessa EUREF, che prevede di pubblicare nel 2005 la quarta edizione delle linee guida europee rivolta, non più strettamente alla mammografia di screening, ma alla mammografia in generale. In accordo con i colleghi dell’EUREF, le modifiche introdotte nel documento italiano verranno, almeno in parte, recepite dall’EUREF stesso nella quarta edizione.
Glossario
Le definizioni riportate hanno lo scopo di chiarire il significato dei termini impiegati in questo documento.
Accuratezza: | indica di quanto il valore misurato di una grandezza si discosta dal valore vero. In questo documento viene usata per verificare la corrispondenza tra il valore nominale della tensione applicata al tubo radiogeno ed il valore misurato. Come valore vero si considera il valore nominale. Come valore nominale si intende quello impostato dal quadro di comando. L’accuratezza viene espressa come scarto relativo tra valore misurato (m) e valore vero (v), secondo la relazione (m/v - 1), oppure come scarto relativo percentuale, (m/v -1) x 100 %.. |
Carico del tubo radiogeno: | Si misura in mAs. E’ il prodotto della corrente anodica, misurata in milliampère (mA), per il tempo di esposizione in secondi (s). Il tempo di esposizione rappresenta la durata di applicazione del carico |
Cassetta di riferimento: | cassetta, opportunamente contrassegnata, utilizzata come riferimento per le prove di controllo della qualità. L’uso di una cassetta di riferimento permette di escludere variazioni dovute al diverso assorbimento delle cassette o alla diversa efficienza degli schermi. |
Compressione della mammella: | risulta dall'applicazione di una forza al dispositivo di compressione della mammella durante l’esecuzione dell’esame mammografico al fine di immobilizzare l’organo e di renderne lo spessore più sottile ed uniforme. |
Controllo automatico dell’esposizione (CAE): | modalità di funzionamento della apparecchiatura radiogena che, per una fissata combinazione anodo/filtro e scelta del valore di kV, determina automaticamente il carico anodico (mAs) da impiegare. La valutazione avviene tramite un rivelatore posto sotto il porta-cassetta, posizionabile in corrispondenza della zona ghiandolare della mammella. Per alcune apparecchiature, anche la tensione, la pista anodica e la filtrazione possono essere selezionate automaticamente. |
Controllo della qualità: | secondo la definizione del DLgs 187/00: “serie di operazioni (programmazione, coordinamento, attuazione) intese a mantenere o a migliorare la qualità. Esso comprende il monitoraggio, la valutazione e il mantenimento ai livelli richiesti di tutte le caratteristiche operative delle attrezzature che possono essere definite, misurate e controllate”. |
Densità ottica: | logaritmo in base 10 del rapporto fra l’intensità della luce incidente perpendicolarmente alla pellicola (I0) e l’intensità della luce trasmessa dalla pellicola (I): DO = log10 (I0/I) |
Densità ottica netta: | densità ottica a cui è stato sottratto il valore della densità della base e della densità del velo. Il valore della densità della base+velo viene deteminato misurando la densità ottica in un’area non esposta della pellicola (vedi Dmin). |
Densità ottica di riferimento: | densità ottica netta pari a 1.4 ± 0.1 DO, misurata nella zona di riferimento. |
Densità ottica di routine: | densità ottica misurata nella zona di riferimento su un radiogramma del fantoccio standard ottenuto con una esposizione di routine; tale valore viene scelto dal personale del centro come valore ottimale per il proprio sistema. La densità ottica netta di routine dovrebbe essere compresa nell’intervallo [1.4÷1.8] DO. |
Dispositivo di compressione: | dispositivo di forma approssimativamente rettangolare, costituito generalmente da materiale plastico (PMMA o policarbonato) che può scorrere lungo una guida al di sopra del piano d’appoggio della mammella e parallelamente allo stesso; viene impiegato per comprimere in modo controllato la mammella allo scopo di renderne lo spessore approssimativamente costante. |
Dmin: | densità ottica ottenibile sviluppando una pellicola non esposta. Questo valore di Dmin diverso da zero è dovuto all’assorbimento della luce da parte del supporto e dell’emulsione. Nella pratica dei controlli sensitometrici viene comunemente utilizzata come Dmin la densità ottica corrispondente al primo gradino della strip a cui si attribuisce il valore di base + velo. |
Dmax: | massima densità ottica ottenibile con una pellicola esposta. Corrisponde alla zona di saturazione della curva caratteristica della pellicola. |
Dose ghiandolare media: | parametro di riferimento (ICRP 1987) per la stima della dose in mammografia che rappresentala dose assorbita in media nel tessuto ghiandolare di una mammella. Dipende dalla qualità del fascio X, dallo spessore e dalla composizione della mammella. |
Effetto anodico: | disomogeneità della distribuzione dell’intensità di un fascio RX nella direzione parallela all’asse catodo-anodo. E’ dovuto alla geometria di produzione del fascio RX e viene spesso riportato anche come effetto heel. |
Errore relativo | Vedi incertezza |
Esposizione di riferimento: | esposizione del fantoccio standard effettuata con impostazione dei parametri predefinita e tale da produrre un radiogramma con densità ottica pari a quella di riferimento. |
Esposizione di routine: | esposizione del fantoccio standard nelle condizioni di esposizione che sarebbero impiegate nella pratica clinica, quindi tale da produrre un radiogramma con densità ottica pari alla densità ottica di routine. |
Fantoccio QI: | fantoccio tessuto equivalente (tipicamente PMMA) per la valutazione della qualità dell’immagine; esso può contenere oggetti che simulano i dettagli che caratterizzano le lesioni mammografiche oppure mire o cunei che consentono di quantificare parametri quali la risoluzione spaziale o il contrasto, legati alla qualità dell’immagine. |
Fantoccio standard: | un fantoccio di PMMA di spessore 45 mm tale da simulare approssimativamente l’assorbimento di una mammella media |
Garanzia della qualità: | secondo la definizione dell’ OMS (1982): “tutte le azioni pianificate e sistematiche necessarie a fornire un grado adeguato di fiducia che una struttura, un sistema o un suo componente eroghino prestazioni soddisfacenti in servizio. La prestazione soddisfacente in servizio implica una qualità ottimale dell’intero processo diagnostico, cioè la produzione costante di una informazione diagnostica di livello adeguato con una esposizione minima sia dei pazienti che degli operatori”. |
Grad: | vedi: gradiente della pellicola. |
Gradiente della pellicola: | indice utilizzato per valutare la capacità di trasferimento del contrasto della pellicola. |
Gradiente medio (Gradm): | parametro che descrive la capacità di trasferimento del contrasto della pellicola nell’intervallo di densità ottica di interesse. E’ dato dalla pendenza della retta passante per i due punti della curva sensitometrica aventi densità ottiche D0.25 = Dmin + 0.25 DO e D2.00 = Dmin + 2.00 DO. |
Gradiente centrale (Grad1,2): | parametro che descrive la capacità di trasferimento del contrasto della pellicola nella regione centrale dell’intervallo di densità ottica di interesse per la diagnostica. Grad1,2 rappresenta la pendenza della retta passante per i due punti della curva sensitometrica aventi densità ottiche D1 = Dmin + 1.00 DO e D2 = Dmin + 2.00 DO. Poiché tali punti appartengono, in prima approssimazione, alla zona lineare della curva caratteristica, il gradiente medio può essere ottenuto dall’interpolazione lineare dei punti di densità ottica D1 e D2. |
Griglia antidiffusione: | dispositivo posto in ingresso al sistema schermo/film al fine di ridurre la radiazione diffusa dal fascio trasmesso. |
Illuminamento | con riferimento a una superficie, flusso luminoso incidente per unità di area, ovvero E = dφ/dAi . L’unità di misura è il lumen su metro quadro (lm/m2), chiamato lux |
Incertezza sulla misura: | in questo protocollo l’incertezza sulla determinazione di un parametro viene espressa in relazione al numero di misure effettuate. La deviazione standard se il numero di misure ripetute è sufficientemente alto (almeno 5), la semidispersione massima [(max-min)/2] per poche misure. |
Incertezza relativa: | rapporto tra l’incertezza sulla misura ed il valor medio. |
Kerma in aria: | Si misura in Gy. E’ l’energia trasferita dai fotoni X agli elettroni per ionizzazione per unità di massa d’aria. ,. La misura del kerma in aria può essere effettuata impiegando una camera a ionizzazione calibrata per l’intervallo energetico di interesse. |
Luminanza | sinonimo di brillanza; con riferimento a una superficie, intensità luminosa emessa per unità di superficie emittente, ovvero L = dI/dAe. L’unità di misura è la candela su metro quadro (cd/m2), chiamata anche nit |
Mammella standard: | modello generalmente utilizzato nei programmi per il calcolo della dose ghiandolare. Ha forma semicircolare di raggio > 80 mm e spessore totale di 50 mm. Ha E’ costituita da un guscio adiposo di 5 mm contenente una zona centrale di spessore 40 mm composta (in peso) da una miscela al 50% di tessuto ghiandolare e 50% di tessuto adiposo., In genere si assume che un fantoccio uniforme di PMMA dello spessore di 45 mm sia equivalente in trasmissione ai raggi X alla mammella standard. |
PMMA: | polimetilmetacrilato, materiale sintetico impiegato per la realizzazione di fantocci. Fra i marchi commerciali di questo polimero vengono utilizzati anche Lucite, Perspex e Plexiglas. |
Precisione: | vedi riproducibilità. |
Qualità della immagine: | non esiste al riguardo una definizione univoca accettata a livello internazionale. In genere si definiscono degli indici di qualità legati al contenuto informativo riprodotto dall’immagine di un oggetto test, tipicamente un fantoccio contenente dettagli; a seconda della visibilità dei dettagli, in condizioni di contrasto fissate, si può attribuire un “punteggio” che rappresenta la qualità dell’immagine. |
Qualità della radiazione: | descrive il potere di penetrazione di un fascio di raggi X ed è comunemente caratterizzata dallo spessore emivalente (SEV) o dall’energia equivalente. |
Rapidità: | sensibilità della pellicola ed è un parametro inversamente proporzionale alla dose. La rapidità è definita come il reciproco della dose al rivelatore, espressa in mGy, necessaria per produrre sul film una densità ottica pari a 1.00 + Dmin. Per convenzione si attribuisce ad una pellicola sensibilità o rapidità 100 se questa ha bisogno di 0.010 mGy per produrre densità ottica 1 sopra a base+velo, mentre una pellicola con rapidità 400 richiede 0.02.5 mGy per ottenere lo stesso risultato. Maggiore è la rapidità di una pellicola, minore è la dose necessaria per ottenere uno stesso valore di densità ottica. |
Rendimento: | rapporto fra il kerma in aria ed il carico anodico (mGy/mAs). Dipende dalla distanza e dalla qualità del fascio. |
Riproducibilità: | indica la precisione della misura, ovvero di quanto i valori misurati si discostano dal valor medio Tanto maggiore è la deviazione standard, tanto minore è la riproducibilità. |
Risoluzione spaziale | indica la massima frequenza spaziale distinguibile sull’immagine in condizioni di alto contrasto. . In genere viene valutata per mezzo di bar pattern, ovvero oggetti test costituiti da gruppi di linee radio-opache alternate a linee radio-trasparenti delle stesse dimensioni a diversa frequenza spaziale. |
Soglia di contrasto: | livello minimo di contrasto che permette all’occhio umano “medio” di distinguere dal fondo un oggetto di dimensioni definite. |
Spessore emivalente (SEV): | spessore di materiale che dimezza il kerma in aria di un fascio di raggi X. Per la sua determinazione nel caso di fasci di bassa energia, come quelli usati in mammografia, viene normalmente utilizzato come attenuatore alluminio di elevata purezza (≥ 99.9%). Va sottolineato come una misura di SEV corretta richieda condizioni di “buona geometria” piuttosto lontane da quelle effettivamente realizzabili nel caso di apparecchiature mammografiche. Tale misura è pertanto da intendersi come verifica della “compatibilità” delle caratteristiche spettrali fornite da una certa apparecchiatura rispetto a valori standard stimati su fasci X calibrati. |
Spettro della radiazione X: | distribuzione energetica dei fotoni di un fascio di raggi X. Essa dipende dal materiale anodico, dalla filtrazione e dalla tensione applicata al tubo, nonché da tutti i materiali attenuatori posti tra l’anodo e il punto di interesse (finestra di uscita dal fascio, dispositivo di compressione della mammella, air-gap). |
Tensione anodica: | differenza di potenziale, misurata in kilovolt (kV), applicata tra anodo e catodo di un tubo radiogeno durante una esposizione radiografica. |
Valore di base: | valore di un parametro definito sulla base di molte (almeno 10) misure ripetute, che può essere considerato tipico per un sistema. Di solito viene usato quando non esistono limiti assoluti sul valore che tale parametro può assumere, come nel caso di alcune grandezze impiegate nella sensitometria del sistema di trattamento. |
Valore limite: | estremo (superiore o/e inferiore) di un intervallo di valori indicato come accettabile per un certo parametro. |
Valore tipico: | valore di un parametro tipico della maggior parte dei centri. Stabilire un valore tipico dà una indicazione sul risultato che ci si può attendere quando si effettua una misura, senza che questo implichi alcuna limitazione sui valori ottenibili. |
Zona di riferimento: | zona di misura, centrata rispetto al lato maggiore del piano di appoggio della mammella e posta alla distanza di 60 mm dal lato della parete toracica. L’area della zona di riferimento da usare per le misure di densità ottica, per la quale di possono trascurare variazioni sistematiche, è di circa 1 cm2. |
1 Introduzione alle misure
La maggior parte delle prove e delle misure richieste dal presente protocollo prevedono l’esposizione di un oggetto di prova o fantoccio. Tutte le misure devono essere eseguite in condizioni il più possibile vicine alle normali condizioni di funzionamento delle apparecchiature.
Si definiscono due tipi di esposizione:
Per ottenere l’immagine di riferimento o quella di routine, e per determinarne i parametri di esposizione, si deve esporre il fantoccio standard utilizzando le impostazioni riportate nella tabella che segue:
Esposizione di riferimento | Esposizione di routine | |
Spessore del fantoccio | 45 mm[1] | 45 mm |
Materiale del fantoccio | PMMA | PMMA |
Tensione anodica | 28 kV | Come in modalità clinica |
Materiale dell’anodo | Molibdeno | Come in modalità clinica |
Materiale del filtro | Molibdeno | Come in modalità clinica |
Dispositivo di compressione | A contatto con il fantoccio | A contatto con il fantoccio |
Griglia antidiffusione | Inserita | Inserita |
Posizione del rivelatore del fototimer | La più prossima possibile alla parete toracica | Come in modalità clinica |
Controllo Automatico Esposizione | Inserito | Come in modalità clinica |
Selettore della densità ottica | Tale da produrre la densità ottica di riferimento | Tale da produrre la densità ottica di routine |
La densità ottica (DO) dell’immagine deve essere misurata nella zona di riferimento, di circa 1 cm2, localizzata a 60 mm dalla parete toracica, centrata rispetto al lato maggiore della pellicola. Si definisce densità ottica netta quella ottenuta sottraendo il contributo di base e velo chimico alla DO misurata.
La densità ottica di riferimento deve essere pari a 1.4 ± 0.1 DO, base e velo esclusi, e risulta di estrema utilità al fine di confrontare il funzionamento di diversi sistemi.
Il valore della densità ottica di routine dovrebbe collocarsi, a seconda delle preferenze del Centro, in un intervallo di densità ottiche nette 1.4 ÷ 1.8 DO (cioè circa 1.6 ÷ 2.0 DO, base e velo inclusi) da misurare nella zona di riferimento; tale raccomandazione si basa sui risultati di recenti studi che dimostrano la necessità di utilizzare densità ottiche più elevate al fine di sfruttare al meglio le caratteristiche degli accoppiamenti schermo-pellicola per mammografia oggi in commercio, tutti a contrasto e Dmax molto elevati 40, 41
Tutte le misure, tranne ovviamente quelle relative all’uniformità della risposta delle cassette, devono essere effettuate con la sola cassetta di riferimento.
Vengono indicati i limiti di accettabilità e quelli a cui si dovrebbe mirare, detti “desiderabili”. I valori accettabili e desiderabili vengono riassunti nella tabella 1, sezione 4. In alcuni casi non vengono fornite le tolleranze, ma sono riportati solamente i valori tipici del parametro in questione, per dare un’indicazione del risultato che ci si deve attendere. La frequenza delle misure che viene indicata nel protocollo, anch’essa riassunta nella tabella 1, è la minima richiesta.
Personale e attrezzature
Molte delle misure possono essere eseguite dal personale tecnico che opera presso il Centro.
Le misure più complesse devono essere effettuate da un esperto in fisica medica che abbia esperienza nel campo della radiologia diagnostica, ed in particolar modo nei controlli di qualità in mammografia.
Per l’esecuzione dei controlli quotidiani e settimanali è necessaria la disponibilità della seguente attrezzatura:
Gli esperti in fisica medica che effettuano le prove nell’ambito del programma di controllo della qualità devono essere in possesso della seguente strumentazione, oltre che di quella sopra menzionata[5]:
2 Descrizione delle misure
2.1 Produzione dei raggi X
2.1.1 Sorgente di raggi X
In questa sezione sono descritti i metodi per misurare le dimensioni della macchia focale, la distanza sorgente-immagine, l’allineamento del campo di radiazione con il ricettore d’immagine, la radiazione di fuga e il rendimento del tubo radiogeno.
Dimensione della macchia focale
La misura della macchia focale ha come scopo quello di determinar le dimensioni fisiche dell’area di emissione dei raggi X al momento dell’installazione o quando la risoluzione spaziale risulti diminuita in modo evidente. Le dimensioni della macchia focale devono essere misurate per tutte le tracce focali disponibili sul mammografo. Nella figura 1 è riportato lo schema per la misura delle dimensioni del fuoco.
La dimensione della macchia focale può essere determinata impiegando uno dei seguenti metodi:
Qualunque sia il metodo impiegato, l’immagine ingrandita dell’oggetto di prova camera a foro di spillo, camera a fenditura, reticolo a stella) deve essere ottenuta impiegando una cassetta senza schermo di rinforzo. Per eliminare l’effetto dello schermo è sufficiente interporre tra questo e la pellicola un sottile strato opaco (pellicola nera - DO>3 - o cartoncino). Rimuovere il compressore e posizionare il supporto dell’oggetto di prova sul piano d’appoggio della mammella ed inserire la cassetta con lo schermo di rinforzo schermato nell’apposito alloggiamento del supporto; quest’ultimo deve essere opportunamente inclinato al fine di realizzare la condizione di perpendicolarità dell’oggetto di prova e della cassetta con l’asse del fascio (per maggiori dettagli si veda la Norma CEI EN 60336, classificazione 62-1, fascicolo 3967, 1997: Complessi tubo-guaina per diagnostica medica – Caratteristiche delle macchie focali) e scegliere il carico anodico (mAs) tale che l’immagine dell’oggetto test, ben visibile, sia localizzata in corrispondenza della zona di riferimento, cioè a circa 60 mm dalla parete toracica, in corrispondenza del centro del bordo stesso. Scegliere la distanza fuoco-oggetto in modo che l’immagine risultante abbia un fattore d’ingrandimento 2.5-3.
In accordo con la Norma CEI 62-1 la dimensione della macchia focale nominale pari a 0.3 x 0.3 mm2 ha come limite massimo 0.45 mm nella direzione perpendicolare alla direzione anodo-catodo (larghezza), e 0.65 mm nella direzione parallela (lunghezza); una macchia focale di 0.4 x 0.4 mm2, ha invece come limiti, rispettivamente, 0.60 mm e 0.85 mm. Per il microfuoco di con valore nominale di 0.1 x 0.1 mm2 il limite massimo è 0.15 mm in entrambe le direzioni.
Nella fig. 1 è riportato lo schema che riproduce le condizioni geometriche per la misura delle dimensioni della macchia focale, nello specifico esemplificato per una camera a foro di spillo.
Fig. 1 Schema per la misura delle dimensioni della macchia focale Siano dS-O la distanza sorgente-oggetto (dove l’oggetto può essere la camera a foro di spillo o la camera a fenditura) e dO-I la distanza oggetto-immagine; il fattore d’ingrandimento è dato da: I = dO-I/ dS-O. Misurando le dimensioni della proiezione dell’oggetto sul piano dell’immagine (W e L, rispettivamente) e dividendo per il fattore d’ingrandimento si ottengono le dimensioni della sorgente. |
Dimensione della macchia focale: metodo del foro di spillo (pinhole camera)
Al fine di determinare le dimensioni della macchia focale (f) con il metodo del foro di spillo si impiega una piastra in lega di oro/platino con un foro di diametro 30 μm nelle condizioni geometriche sopra descritte. Questo metodo di misura, generalmente usato dai costruttori, richiede un carico anodico maggiore rispetto a quello necessario per gli altri oggetti test.
Misurare la distanza tra il foro e il piano della pellicola (do-i) e quella tra il fuoco e il foro (ds-o).
Le dimensioni della macchia focale (f) vengono determinate misurando con l’ausilio di una lente d’ingrandimento le dimensioni dell’immagine del foro F//,⊥, rispettivamente nella direzione parallela e perpendicolare all’asse anodo-catodo, e applicando il fattore correttivo per l’ingrandimento Ipinhole. Si avrà quindi:
(1) f// = F///Ipinhole
f⊥ = F⊥/Ipinhole
Fig. 2 Immagine ottenuta con un pinhole |
Limiti di accettabilità: vedi Norma CEI 62-1.
0.3 x 0.3 mm2: ⊥: 0.45 mm, //: 0.65 mm;
0.1 x 0.1 mm2: ⊥: 0.15 mm, //: 0.15 mm.
Frequenza: all’accettazione e quando diminuisca significativamente la risoluzione.
Strumentazione: piastra in lega di oro/platino con un foro di diametro 30 μm e appropriato supporto; lente d’ingrandimento (5-10x) con scala graduata (0.1 mm per divisione).
Dimensione della macchia focale: metodo della fenditura (slit camera)
Al fine di determinare le dimensioni della macchia focale con questo metodo si deve impiegare una fenditura di larghezza 10 μm nelle condizioni geometriche sopra descritte. Il metodo richiede un carico anodico maggiore rispetto a quello del reticolo a stella.
Misurare la distanza tra la slit camera e il piano della pellicola (do-i) e quella tra il fuoco e la slit camera (ds-o).
La dimensione della macchia focale (f) viene determinata misurando con l’ausilio di una lente di ingrandimento la dimensione delle due immagini F// e F⊥ - ottenute ponendo la fenditura rispettivamente perpendicolare e parallela all’asse anodo-catodo - e applicando il fattore correttivo per l’ingrandimento I.
In questo caso si avrà (vedi fig. 3):
(2) f// = F⊥/I
f⊥= F///I
Fig. 3 Immagine ottenuta con una slit camera |
Limiti di accettabilità: vedi Norma CEI 62-1.
0.3 x 0.3 mm2: ⊥: 0.45 mm, //: 0.65 mm;
0.1 x 0.1 mm2: ⊥: 0.15 mm, //: 0.15 mm.
Frequenza: all’accettazione e quando diminuisca la risoluzione.
Strumentazione: camera con fenditura da 10 μm e appropriato supporto; lente di ingrandimento (5-10x) con scala graduata (0.1 mm per divisione).
Dimensione della macchia focale: metodo del reticolo a stella (star pattern)
Le dimensioni della macchia focale possono essere valutate considerando il diametro massimo della zona di perdita di risoluzione su un’immagine di reticolo a stella, con un ingrandimento pari a 2.5 ÷ 3.
Sull’immagine del reticolo individuare le zone di perdita di risoluzione e misurare la distanza fra due punti situati al centro della banda di sfocatura più esterna nelle due direzioni ortogonali d// sfoc , d⊥ sfoc
La dimensione del fuoco (f) viene calcolata applicando la formula:
(3) f// = (π ·θ/180) ·d// sfoc / (Istar – 1)
f⊥ = (π ·θ/180) ·d⊥ sfoc / (Istar – 1)
dove θ è l’angolo tra i settori radiopachi, noto dalle specifiche del reticolo a stella, e il fattore d’ingrandimento (Istar) può essere determinato dal rapporto tra il diametro del reticolo a stella misurato sull’immagine (dimm) e il diametro nominale dell’oggetto test stesso (dstar), da cui:
(4) Istar = d imm/dstar
Fig. 4 Immagine radiografica del reticolo a stella. |
Limiti di accettabilità: vedi Norma CEI 62-1.
0.3 x 0.3 mm2: ⊥: 0.45 mm, //: 0.65 mm;
0.1 x 0.1 mm2: ⊥: 0.15 mm, //: 0.15 mm.
Frequenza: all’accettazione e quando diminuisca la risoluzione.
Strumentazione: reticolo a stella (angolo tra i settori: 1° o 0.5°) e appropriato supporto.
Allineamento campo di radiazione – ricettore di immagine
L’allineamento del campo di radiazione con il ricettore di immagine può essere determinato utilizzando due cassette cariche e un oggetto radio-opaco, per esempio una moneta. Posizionare una cassetta all’interno del potter-bucky e l’altra sopra il piano d’appoggio della mammella in modo che sporga dal lato della parete toracica di circa 30 mm. Porre la moneta all’interno del campo luminoso sopra la cassetta sporgente, in corrispondenza del bordo esterno del potter-bucky dal lato della parete toracica, come in fig. 5, ed esporre in modalità automatica (per maggior nitidezza dell’immagine il compressore può essere tolto). Su un diafanoscopio, sovrapporre le pellicole sviluppate facendo coincidere il margine delle immagini delle monete verso il lato della parete toracica (cioè dove il fascio dovrebbe essere perpendicolare alla cassetta). Misurare il disallineamento tra l’immagine della moneta ottenuta sulla pellicola all’interno del portacassette e la corrispondente immagine sulla pellicola posta sopra al piano d’appoggio (fig. 6).
Note: I bordi laterali del campo di radiazione devono coprire l’intero ricettore d’immagine. La misura deve essere ripetuta per tutte le dimensioni di potter e gli anodi impiegati.
Limiti di accettabilità: per tutte le macchie focali, da tutti i lati: il campo X deve coprire l’intera pellicola (pellicola all’interno del potter-bucky). In particolare: dal lato della parete toracica, il campo di radiazione non deve debordare più di 5 mm (pellicola sopra il potter-bucky)
Frequenza: annuale.
Strumentazione: oggetto radiopaco (per es. moneta), metro.
Fig. 5 Posizione di cassetta e moneta | Fig. 6 Esempio di disallineamento di 3 mm |
Distanza sorgente-immagine
Misurare la distanza tra il segno che indica la posizione della macchia focale sulla guaina del tubo radiogeno e la superficie del potter-bucky (piano d’appoggio della mammella); misurare la distanza tra la superficie del potter ed il ricettore d’immagine. Sommare le due misure.
Valori tipici: la distanza sorgente-immagine deve essere conforme alle specifiche fornite dal costruttore. Tipicamente ≥ 600 mm.
Frequenza: semestrale.
Strumentazione: metro
Nota: controllo da effettuare soltanto sui mammografi in cui la distanza sorgente-immagine possa essere variata.
Radiazione di fuga
La misura della radiazione di fuga va effettuata in due fasi: prima è necessario localizzare la fuga e, solo dopo, misurarne l’intensità.
Porre un assorbitore in corrispondenza della finestra di uscita del tubo, così da schermare la radiazione primaria. Circondare il tubo radiogeno con pellicole vergini (tipo ready-pack) o cassette cariche ed effettuare una decina di esposizioni impostando la tensione massima e una corrente elevata, compatibilmente con le curve di potenza del tubo. Sviluppare le pellicole ed evidenziare eventuali punti di fuga. In seguito misurare con una camera a ionizzazione, ad una distanza pari a 50 mm dal tubo, l’intensità della radiazione in corrispondenza dei “punti caldi” precedentemente individuati. Correggere le letture al fine di ottenere il rateo di kerma in aria in mGy/h alla distanza di 1 m dal fuoco al massimo carico del tubo.
Limiti di accettabilità: < di 1 mGy/h ad 1 metro dal fuoco al massimo carico del tubo.
Frequenza: all’accettazione e dopo intervento sulla cuffia guaina.
Strumentazione: pellicole, camera a ionizzazione per misure ambientali.
Rendimento del tubo radiogeno
Porre la camera a ionizzazione a una distanza nota dalla sorgente, rimuovere il compressore, selezionare l’accoppiamento anodo-filtro Mo/Mo, 28 kVp di tensione e un valore arbitrario di mAs (almeno 25 mAs). Esporre la camera a ionizzazione e calcolare il rendimento del tubo radiogeno, in unità di μGy/mAs, correggendo per la distanza al fine di ottenere il rendimento a 1 metro dal fuoco; analogamente, determinare l’intensità il rateo di kerma in aria, in mGy/s, ad una distanza pari alla distanza fuoco-pellicola (DFP).
Valori tipici: 40 ÷ 75 μGy/mAs a 1 m;
10 ÷ 30 mGy/s ad una distanza pari alla DFP.
Frequenza: semestrale e quando si verifichino problemi.
Strumentazione: multimetro (dosimetro e misuratore del tempo di applicazione del carico).
Nota: Un rendimento elevato è desiderabile per numerose ragioni, per es. al fine di avere tempi di esposizione più brevi, minimizzare gli artefatti da movimento e assicurare un’esposizione adeguata anche nel caso di mammelle grandi e/o dense con tempi ragionevoli.
Linearità dei mAs
Questa misura ha lo scopo di verificare la proporzionalità tra kerma in aria e carico anodico applicato a parità di qualità del fascio di radiazione (SEV).
Effettuare cinque esposizioni impostando valori di mAs crescenti nell’intervallo tipico delle esposizioni cliniche (25 ÷ 200 mAs) e misurare il kerma in aria ad una distanza fissa. Verificare che la dipendenza sia lineare con coefficiente di correlazione r > 0.999.
Limiti di accettabilità: r > 0.999.
Frequenza: semestrale e quando si verifichino problemi.
Strumentazione: dosimetro.
2.1.2 Tensione al tubo radiogeno
La qualità della radiazione emessa dall’apparecchiatura è determinata dalla tensione al tubo, dal materiale di cui è costituito l’anodo e dalla filtrazione. La tensione e lo strato emivalente (cioè il parametro che definisce la qualità del fascio) possono essere determinati dalle misure di seguito descritte.
Accuratezza e riproducibilità della tensione
La misura deve essere effettuata in assenza del piatto di compressione, nell’intervallo di tensioni nominali 25 ÷ 31 kVp a intervalli di 1 kVp. Se clinicamente vengono impiegati altri valori di tensione, devono essere controllati anch’essi. La riproducibilità viene valutata confrontando tra loro esposizioni ripetute, impostando un valore di tensione normalmente impiegato nella pratica clinica (per es. 28 kVp).
Limiti di accettabilità: accuratezza nell’intervallo 25 ÷ 31 kV: < ± 1 kV;
riproducibilità: < ± 0.5 kV.
Frequenza: semestrale.
Strumentazione: kilovoltmetro.
Primo strato emivalente
Il primo Strato Emivalente (SEV) può essere valutato ponendo sottili filtri di alluminio (Al) sul percorso del fascio di radiazione e misurandone l’attenuazione.
Poiché il valore di SEV dipende dalle condizioni geometriche di misura, si raccomanda di scegliere una condizione che si avvicini il più possibile a quella cosiddetta “di buona geometria”. Porre il rivelatore nella zona di riferimento sul piano d’appoggio della mammella e rimuovere il dispositivo di compressione. Impostare la tensione a 28 kVp con un adeguato carico anodico (mAs) ed effettuare un’esposizione. Porre successivamente filtri di alluminio di spessore X1 mm e X2 mm, rispettivamente, in corrispondenza della finestra di uscita del tubo e ripetere l’esposizione per ciascuno spessore, impiegando lo stesso carico anodico. X1 e X2 dovrebbero essere scelti, rispettivamente, di poco inferiore e di poco superiore al SEV atteso. Al fine di una maggiore accuratezza della misura (circa 2%) può essere impiegato un diaframma tale da limitare l’area di esposizione al solo rivelatore.
Il SEV può essere calcolato applicando la formula (5)
dove Yo rappresenta il valore dell’esposizione in assenza di assorbitori aggiuntivi, mentre Y1 e Y2 sono i valori di esposizione ottenuti con l’aggiunta degli spessori di alluminio di spessore X1 e X2 rispettivamente (X1 e X2 nell’intervallo [0.1 ÷ 0.5] mm Al). All’accettazione, misurare il SEV per tutte le combinazioni anodo/filtro disponibili impostando la tensione al valore tipico per la combinazione scelta (es: Mo/Mo - 28 kV).
Ai fini della stima della dose ghiandolare media (parametro clinicamente importante, perché rappresentativo della dose effettivamente assorbita dalla paziente) è necessaria una misura di SEV in condizioni cliniche. Impostare kV e accoppiamento anodo-filtro dell’esposizione di routine, con un adeguato carico anodico (mAs), posizionare il piatto di compressione a metà tra il fuoco ed il rivelatore ed esporre. Gli assorbitori di Al possono essere posti sul piatto di compressione e devono intercettare l’intero campo di radiazione.
Limiti di accettabilità: per 28 kV Mo/Mo: primo SEV > 0.30 mm Al. I valori tipici per altre tensioni altri accoppiamenti sono riportati nell’Appendice 3.
Frequenza: annuale.
Strumentazione: dosimetro, assorbitori di Al.
Nota 1: E’ necessario alluminio con purezza ≥ 99.9%. Lo spessore degli assorbitori deve essere misurato con un’accuratezza dell’1%.
2.1.3 Sistema per il Controllo Automatico dell’Esposizione
Le prestazioni del sistema per il controllo automatico dell’esposizione (CAE) possono essere valutate in base alla stabilità della densità ottica prodotta sulla pellicola al variare delle caratteristiche dell’oggetto e delle caratteristiche spettrali del fascio X di radiazione. Poiché originariamente le apparecchiature mammografiche usavano solo anodo e filtro di molibdeno, la verifica della stabilità della densità prodotta al variare dell’energia veniva effettuata con un oggetto test di spessore prefissato (45 mm PMMA), variando la tensione applicata. Analogamente, per una condizione energetica prestabilita (Mo/Mo-28 kV), si verificava la stabilità della densità prodotta al variare dello spessore dell’oggetto. Le apparecchiature più recenti, dotate di un controllo più sofisticato dei parametri di esposizione,richiedono una revisione di questo tipo di controllo. Ad esempio, non è significativo verificare che ci sia compensazione della densità ottica entro l’incertezza definita per una condizione energetica fissata (anodo/filtro e kV), nell’intervallo di spessori 2÷6 cm, se il controllo dei parametri di esposizione è programmato in modo da scegliere la combinazione Mo/Mo per spessori inferiori a 4 cm e Rh/Rh per spessori superiori a 5 cm. Se il sistema è in grado di scegliere autonomamente i parametri di esposizione al variare delle caratteristiche dell’oggetto, è importante verificare periodicamente che la scelta dei parametri sia riproducibile e che la densità ottica misurata sulla pellicola sia stabile.
Distingueremo quindi nel seguito il test sul funzionamento del CAE per i sistemi dotati soltanto di controllo semi-automatico e per quelli dotati invece di controllo automatico completo di tutti i parametri di esposizione.
Prerequisiti fondamentali per una corretta esecuzione di queste misure sono la stabilità della sviluppatrice e l’impiego della sola cassetta di riferimento. Se vengono utilizzati potter-bucky di diverse dimensioni con esposimetri ad essi solidali, le valutazioni devono essere ripetute separatamente per ognuno di essi. Nel caso in cui il CAE lavori con più rivelatori indipendenti, controllare che venga selezionato in modo corretto il rivelatore dominante.
Selezione della densità ottica: valore centrale e differenza tra gradini di annerimento
Le apparecchiature mammografiche che dispongono di modalità automatica o semi-automatica di controllo dei parametri di esposizione dispongono anche di un selettore di annerimento che può essere posizionato su una scala discreta a zero centrale (per es 0, ±1, ±2, ±3…); a ciascun gradino della scala corrisponde un prolungamento o una riduzione della durata di applicazione del carico ed un conseguente incremento/riduzione della densità ottica rispetto al valore centrale preso come riferimento. La suddetta regolazione può essere utilizzata per compensare il temporaneo funzionamento non ottimale del sistema di trattamento, le variazioni a lungo termine della densità ottica di routine dovute ad un qualche degrado sistematico del sistema (ad esempio, perdita di efficienza del tubo), ecc…, senza modificare in modo sostanziale la scelta dei parametri di esposizione di routine.
In fase di verifica dello stato dell’apparecchiatura è dunque necessario controllare, oltre alla regolazione del valore centrale, anche le differenze di densità ottica risultanti al variare dei gradini di annerimento.
Per eseguire il test esporre il fantoccio standard in condizioni di routine, quindi ripetere l’esposizione selezionando tutti i possibili valori di annerimento. Misurare la densità ottica nella zona di riferimento e calcolare la variazione rispetto alla densità ottica prodotta in corrispondenza del gradino di annerimento adiacente.
Limiti di accettabilità: la variazione di densità ottica prodotta da ognuno dei gradini di annerimento rispetto al gradino adiacente dovrebbe essere nell’intorno di 0.10 DO.
La variazione di densità ottica tra i gradini di massimo e minimo annerimento impostabile nel selettore deve essere > 1.0 DO.
La deviazione dal valore di riferimento stabilito in fase di accettazione o ricalibrazione del CAE deve essere < ± 0.20 DO; desiderabile: < ± 0.15 DO.
Frequenza: differenza tra i gradini di annerimento e campo di funzionamento del selettore: semestrale.
Strumentazione: fantoccio standard, densitometro.
Nota: è auspicabile che il CAE sia calibrato in modo tale da fornire il valore della densità ottica di routine desiderata in corrispondenza del gradino centrale del selettore.
Riproducibilità a breve termine
Al fine di verificare la riproducibilità a breve termine, effettuare almeno 5 esposizioni consecutive del fantoccio standard in condizioni di routine e verificare la costanza dei parametri selezionati dal CAE (kV, accoppiamento anodo-filtro, mAs). Misurare, nella zona di riferimento, le corrispondenti densità ottiche ottenute, e calcolare la variazione percentuale rispetto al valor medio.
Limiti di accettabilità: lo scarto dal valor medio delle esposizioni deve essere < ± 5%;
desiderabile: ≤ ± 2%.
Frequenza: semestrale.
Strumentazione: fantoccio standard, densitometro.
Riproducibilità a lungo termine
La riproducibilità a lungo termine si controlla verificando la costanza dei parametri selezionati dal CAE (kV, accoppiamento anodo-filtro, mAs) e delle corrispondenti densità ottiche ottenute per il fantoccio standard di PMMA impiegato per i controlli quotidiani, esposto in condizioni di routine. Come già detto, il valore della densità ottica di routine dovrebbe essere stabilito, a seconda delle preferenze del Centro, nell’intervallo di densità ottiche nette 1.4 ÷ 1.8 (cioè DO ≈ 1.6 ÷ 2.0 base e velo inclusi) da misurare nella zona di riferimento.
Limiti di accettabilità: la deviazione dal valore di routine stabilito in fase di accettazione deve essere < ± 0.20 DO;
desiderabile: < ± 0.15 DO.
Frequenza: quotidiana.
Strumentazione: fantoccio standard, densitometro.
Compensazione al variare dello spessore dell’oggetto e dell’energia del fascio
La compensazione al variare dello spessore dell’oggetto si valuta esponendo un fantoccio di PMMA formato da lastre sovrapposte. Lo spessore del fantoccio deve essere incrementato di 10 mm alla volta, da 20 mm fino a 70 mm; questo intervallo simula con buona approssimazione le mammelle compresse di interesse clinico (cioè tra 2 e 9 cm).
Per le apparecchiature che dispongono di modalità completamente automatica, le varie combinazioni programmate di tensione, anodo e filtro vengono selezionate automaticamente in funzione dello spessore e, in alcuni casi, della composizione dell’oggetto. Nel caso di mammografi che lavorino in modalità semi-automatica devono invece essere impostati manualmente combinazione anodo/filtro e kV, mentre l’apparecchiatura compensa la dose alla pellicola facendo variare solo i mAs. Anche se i precedenti protocolli proponevano di isolare le variazioni di energia del fascio (date dai kV per sistemi dotati della sola combinazione Mo/Mo) da quelle di spessore, si ritiene che, poiché anche il controllo semi-automatico della dose dovrebbe tener conto della possibilità di aumentare l’energia del fascio all’aumentare dello spessore dell’oggetto, la compensazione del sistema di controllo dei parametri di esposizione dovrebbe essere valutata in funzione della sola densità ottica sull’immagine. Uno stesso criterio oggettivo dovrebbe essere adottato anche per l’applicazione clinica.
Esporre lastre di PMMA aumentando lo spessore del fantoccio da 20 a 70 mm, a step di 10 mm. Per ogni esposizione, se il sistema dispone della modalità automatica, annotare i parametri scelti; impostare invece combinazione anodo/filtro e kV in funzione dello spessore e registrare la scelta dei mAs, se il sistema può lavorare solo in modalità semi-automatica. Ad esempio, se si dispone di un mammografo con anodo di molibdeno, filtro di Mo o Rh, intervallo di kV permesso [25 ÷ 33] kV, si potrebbero stabilire dei criteri del tipo: Mo/Mo per 2, 3, 4 cm di PMMA con 24, 26 e 28 kV rispettivamente, Mo/Rh per spessori > 4 cm di PMMA con 29, 30, 32 kV per 5, 6, 7 cm di PMMA, rispettivamente.
Per ciascuna immagine prodotta misurare la densità ottica nella zona di riferimento e calcolarne la variazione rispetto all’esposizione di routine.
Limiti di accettabilità: tutte le variazioni di della densità ottica rispetto al valore di routine devono essere comprese nell’intervallo ± 0.15 DO.
desiderabile: ± 0.10 DO.
Frequenza: all’accettazione: controllo completo in tutte le modalità disponibili; semestrale: controllo completo nella modalità impiegata nella pratica clinica;
settimanale: spessori di 20, 45, 70 mm PMMA esposti in condizioni confrontabili con quelle cliniche (automatico o semi-automatico con modulazione dei parametri “energetici” in funzione dello spessore).
Strumentazione: lastre di PMMA di diversi spessori, densitometro.
2.1.4 Compressione
La compressione del tessuto mammario deve essere la maggiore possibile per ottenere uno spessore della mammella approssimativamente uniforme, ma al tempo stesso tollerabile dalla paziente. Non esiste un valore ottimale per la forza, ma è importante controllare la compressione applicata, nonché l’accuratezza della sua indicazione. Tutti i mammografi devono essere dotati di compressore motorizzato.
Forza di compressione
Fig. 7 | La forza di compressione può essere adeguatamente misurata con uno strumento dedicato (dinamometro), oppure in modo più “casalingo”, ad es. per mezzo di una bilancia pesa persone ed un oggetto comprimibile, come una pallina da tennis. (Fig. 7). Porre la bilancia sul piano d’appoggio della mammella, sovrapporre l’oggetto e comprimere lo stesso fino all’arresto automatico del compressore. Nel caso di apparecchiature dotate di un indicatore della forza di compressione, verificarne il corretto funzionamento. Verificare inoltre che la compressione venga mantenuta per almeno 30 secondi. Una diminuzione della forza potrebbe indicare, per esempio, una perdita nel sistema pneumatico |
Limiti di accettabilità: massima forza applicata automaticamente: 130 ÷ 200 N (circa 13 ÷ 20 kg), mantenuta per almeno 30 secondi con una tolleranza di ± 1 kg;
accuratezza dell’indicazione: ± 1 kg.
Frequenza: annuale.
Strumentazione: dispositivo per la misura della forza di compressione (per es. bilancia e pallina da tennis).
Allineamento del piatto di compressione
Fig. 8 | L’allineamento del piatto di compressione si controlla mediante la simulazione di carichi simmetrici ed asimmetrici nelle direzioni sinistra-destra e torace-capezzolo, utilizzando un parallelepipedo di gommapiuma. Porre il parallelepipedo di gommapiuma sul piano d’appoggio della mammella nelle varie posizioni -in modo da simulare i diversi carichi simmetrici ed asimmetrici- ed abbassare il dispositivo di compressione fino al suo arresto automatico. Misurare la distanza tra la superficie del piano d’appoggio il piatto di compressione in ogni angolo. Nella figura 8 viene riportato un esempio di carico asimmetrico nella direzione sinistra-destra |
Limiti di accettabilità: un minimo disallineamento è consentito: per un carico asimmetrico: ≤ 15 mm; per un carico simmetrico ≤ 5 mm.
Frequenza: annuale.
Strumentazione: gommapiuma (densità circa 30 mg/cm3), metro.
2.2 Potter-Bucky e ricettore di immagine
Se l’apparecchio per mammografia è dotato di più di un potter-bucky e ricettore di immagine, ogni sistema deve essere controllato separatamente.
2.2.1 Griglia anti diffusione.
Questo dispositivo è composto da lamelle metalliche alternate a spazi radiotrasparenti ed ha lo scopo di assorbire i fotoni diffusi. Il sistema nel suo complesso è costituito dalla griglia, dal porta-cassetta e dal meccanismo di movimento della griglia.
Attenuazione della griglia
Metodo 1: il valore dell’attenuazione della griglia si calcola dal rapporto di due misure di dose, nelle stesse condizioni di esposizione, ottenute ponendo il dosimetro uno volta sopra al portacassette e una volta all’interno del medesimo, e correggendo per il fattore distanza.
Metodo 2: in alternativa, è possibile verificare l’accettabilità di questo parametro - in modo meno raffinato- dal rapporto tra i mAs necessari per ottenere due immagini del fantoccio standard con la stessa DO, rispettivamente con e senza griglia. Correggere per la geometria se le distanze fuoco-cassetta sono molto diverse.. Nel caso in cui non sia possibile rimuovere la griglia, appoggiare il fantoccio su una cassetta direttamente sopra al potter-bucky.
Valore tipico: metodo 1: < 3
metodo 2 : <1
Frequenza: all’accettazione e quando la dose o il tempo di esposizione aumentano improvvisamente.
Strumentazione: dosimetro (fantoccio standard e densitometro).
Nota: non correggendo le dosi per il fattore distanza si commette dell’ordine del 5%.
Immagine della griglia
Al fine di controllare l’omogeneità della griglia in caso di sospetto danneggiamento o per controllare l’origine di eventuali artefatti, si può ottenere un’immagine della griglia con un’esposizione automatica del potter-bucky selezionando il valore più basso di annerimento senza alcun fantoccio. Generalmente quest’impostazione dà una buona immagine della griglia.
Limiti di accettabilità: disuniformità non significativa.
Frequenza: all’accettazione
Strumentazione: nessuna.
2.2.2 Schermi di rinforzo e pellicola
Il ricettore d’immagine oggi più diffuso nella mammografia analogica consiste in una cassetta dotata di schermo di rinforzo posto a stretto contatto con una pellicola monoemulsione. La prestazione dell’insieme delle cassette utilizzate può essere valutata in base alla differenza di sensibilità tra le medesime e alla bontà del contatto schermo-pellicola.
Differenze di sensibilità e attenuazione tra le cassette, intervallo di densità ottica
Le differenze tra le cassette possono essere valutate per mezzo di un’esposizione del fantoccio standard in modalità manuale, impostando combinazione anodo/filtro e kV dell’esposizione di routine e mAs il più prossimi possibile alla medesima.
Ripetere la stessa esposizione per ogni cassetta disponibile, avendo precedentemente cura di identificarle univocamente e di impiegare pellicole prelevate dalla medesima scatola.
Misurare la DO nella zona di riferimento di ogni pellicola e calcolare lo scarto percentuale rispetto alla media e la massima differenza in DO.
Limiti di accettabilità: lo scarto dev’essere < ± 5% rispetto alla media calcolata su tutte le cassette.
La massima differenza in DO tra le cassette deve essere: accettabile ± 0.10 DO; desiderabile ± 0.08 DO.
Frequenza: annuale e quando si sostituiscano gli schermi o si introducano nuove cassette.
Strumentazione: fantoccio standard, densitometro.
Contatto schermo-pellicola
Pulire l’interno della cassetta e lo schermo di rinforzo, caricare la cassetta. Attendere almeno 5 minuti, al fine di far uscire l’aria che si trova tra lo schermo e la pellicola. Porre il dispositivo per il controllo del contatto schermo-pellicola (griglia costituita di fili metallici con circa 1.5 fili/mm) sopra la cassetta, che sarà, a sua volta, posta sopra il piano d’appoggio della mammella (esposizione senza griglia). Effettuare un’esposizione tale da ottenere un radiogramma con DO pari a 1.0 ± 0.2 nella zona di riferimento. Le regioni con scarso contatto daranno origine a sfocature e macchie scure nell’immagine. Le cassette dovranno essere eliminate solo nel caso che la posizione delle macchie sia ripetibile anche nella prova che verrà ripetuta dopo un’ulteriore pulizia.
Limiti di accettabilità: non sono ammesse aree di scarso contatto di dimensione > 1 cm2.
Frequenza: annuale e quando si introducano nuovi schermi.
Strumentazione: dispositivo per il controllo del contatto schermo pellicola in mammografia, densitometro, diafanoscopio.
2.3 Trattamento della pellicola
Devono essere effettuate misure di temperatura e tempo di trattamento per stabilire le condizioni di base delle prestazioni del sistema di trattamento della pellicola, poiché il processo di sviluppo condiziona in maniera significativa la qualità dell’immagine.
2.3.1 Condizioni di base delle prestazioni del sistema di trattamento della pellicola
Verifica della temperatura e condizioni di base
Al fine di stabilire le condizioni di base della sviluppatrice automatica, si deve misurare la temperatura dei liquidi di sviluppo e di fissaggio; si faccia attenzione a misurare tali temperature sempre negli stessi punti, secondo le indicazioni delle Case costruttrici. I valori misurati possono essere utilizzati come informazioni supplementari in caso di sospetti malfunzionamenti. Impiegare un termometro digitale idoneo.
Limiti di accettabilità: secondo le indicazioni del Costruttore.
Frequenza: annuale.
Strumentazione: termometro digitale.
Tempo di trattamento
La durata complessiva del processo di trattamento della pellicola può essere misurata con un cronometro. Inserire la pellicola nella sviluppatrice e far partire il cronometro nel momento in cui la macchina segnala la possibilità di inserire la pellicola successiva (segnale acustico o luminoso). Fermare il cronometro nel momento in cui la pellicola sviluppata può essere prelevata. Quando si sospetti un malfunzionamento, misurare nuovamente il tempo di trattamento esattamente nello stesso modo, al fine di valutare eventuali variazioni.
Limiti di accettabilità: secondo le indicazioni del costruttore.
Frequenza: annuale.
Strumentazione: cronometro.
2.3.2 Pellicole e sistema di trattamento
Impiegare esclusivamente pellicole dedicate all’uso mammografico. La sensitometria con sorgente luminosa è un ottimo metodo per controllare le prestazioni del sistema di trattamento. Sull’immagine non devono essere presenti artefatti dovuti al trattamento.
Sensitometria
In camera oscura, esporre la pellicola alla luce del sensitometro avendo cura che il lato dell’emulsione sia rivolto verso la sorgente luminosa e svilupparla. Nel caso di sviluppatrici day light, usare il sensitometro in camera oscura, inserire la pellicola in una cassetta ed introdurre la medesima nella sviluppatrice. Normalmente le pellicole mammografiche sono sensibili alla luce verde (controllare comunque sempre le specifiche della Casa produttrice); verificare quindi che la luce emessa dal sensitometro sia di lunghezza d’onda compatibile con lo spettro di assorbimento della pellicola. Prima di misurare le densità ottiche dei diversi gradini, può essere utile un confronto visivo con la scala di grigi di riferimento al fine di evidenziare eventuali errori nella procedura, come l’esposizione a una luce di colore diverso o l’inserimento errato della pellicola nel sensitometro.
I valori di base e velo, densità ottica massima, rapidità e gradienti possono essere derivati dalla curva caratteristica, che rappresenta l’andamento delle DO misurate in funzione del logaritmo dell’esposizione alla luce. I suddetti parametri caratterizzano il processo di trattamento della pellicola. Una descrizione dettagliata di tali parametri e della loro rilevanza clinica si trova nell’Appendice 1.
Valori tipici: base e velo: 0.15 ÷ 0.25 DO;
contrasto: Gradiente medio (Gradm): 3.0 ÷ 4.0;
Frequenza: quotidiana.
Strumentazione: sensitometro e densitometro.
Nota: Non esiste un valore ottimale del gradiente; gli intervalli indicati si basano su quelli misurati nella pratica corrente. In corrispondenza dei valori massimi riportati per i gradienti si possono avere sotto- o sovra-esposizioni di qualche parte dell’immagine nel caso di alcuni tipi di mammella; ciò può ridurre l’informazione contenuta nell’immagine.
Nell’impiego di pellicole ad “altissimo” contrasto è da sottolineare la necessità di condizioni di trattamento estremamente stabili, con variazioni minime dei parametri, al fine di poter veramente beneficiare dell’elevato contrasto in termini di qualità dell’immagine (vedi Appendice 1).
Stabilità giornaliera
La stabilità quotidiana del sistema di sviluppo viene controllata ogni mattina per mezzo della sensitometria. Dopo aver acceso la sviluppatrice da almeno mezz’ora, effettuare il controllo sensitometrico come descritto sopra. La variabilità dei parametri può essere analizzata su un determinato periodo di tempo, per es. un mese (per il calcolo dei parametri sensitometrici riferirsi all’Appendice 1).
Limiti di accettabilità: vedi tabella riportata sotto.
Frequenza: giornaliera o più frequente in caso di anomalie.
Strumentazione: sensitometro, densitometro.
I valori di riferimento per ogni parametro devono essere stabiliti in fase di accettazione, dopo una serie di almeno 5 valutazioni sensitometriche Nella tabella sono riportate le tolleranze per i diversi parametri; vi figurano i valori accettabili e desiderabili anche per gli indici di contrasto e di rapidità:
accettabile | desiderabile | |
Base e velo | < ± 0.02 DO | < ± 0.01 DO |
Densità ottica massima | < ±0.15 DO | < ± 0.10 DO |
Gradiente medio (Gradm) | < ± 0.15 | < ± 0.10 |
Indice di rapidità [6]∗ | < ± 0.15 DO | < ± 0.10 DO |
Indice di contrasto [7]∗ | < ± 0.15 DO | < ± 0.10 DO |
Temperatura indicata | < ± 1 °C | < ± 1 °C |
Artefatti
La radiografia del fantoccio standard deve essere effettuata quotidianamente usando un’esposizione di routine. L’immagine risultante non deve presentare disomogeneità significative, né graffi, ombre o altri segni di artefatti.
Limiti di accettabilità: nessun artefatto presente.
Frequenza: quotidiana.
Strumentazione: fantoccio standard, diafanoscopio.
2.3.3 Camera Oscura
Sebbene questo controllo possa sembrare superato, in quanto la maggioranza dei Centri impiega sviluppatrici day light, per completezza del protocollo si è ritenuto utile mantenerlo. La tenuta alla luce della camera oscura deve essere sottoposta a verifica. Anche le cassette radiografiche ed il cassetto porta-pellicole non devono presentare infiltrazioni di luce. La velatura supplementare dovuta alla luce inattinica deve risultare entro i limiti.
Infiltrazioni di luce
Rimanere nella camera oscura per almeno 5 minuti con tutte le luci spente (anche quelle inattiniche), assicurandosi che le stanze adiacenti siano completamente illuminate. Ispezionare tutte le zone della camera che potrebbero presentare eventuali infiltrazioni di luce. Per misurare quella parte del velo supplementare dovuta alle suddette infiltrazioni, impiegare una pellicola precedentemente esposta con DO circa pari a 1.4, che si può
Fig. 9 | predisporre con un’esposizione di riferimento del fantoccio standard. Estrarre dalla cassetta la pellicola pre-esposta e porla, con l’emulsione rivolta verso l’alto, sul banco di lavoro. Coprire metà della stessa per due minuti, avendo cura che lo schermo sia parallelo all’asse del tubo radiogeno, così da evitare l’influenza dell’effetto anodico sulla misura. Sviluppare la pellicola e misurare la differenza di DO tra la regione schermata (D0) e quella con velo aggiuntivo (D1) in direzione perpendicolare all’asse del tubo radiogeno. (Fig. 9). La velatura supplementare ΔD è data da: ΔD = D1 – D0 |
Limiti di accettabilità: ΔD ≤ 0.02 DO in 2 minuti.
Frequenza: semestrale e quando si ritenga che la tenuta alla luce non sia adeguata; annuale nei centri in cui si impieghino soltanto sviluppatrici “day-light”.
Strumentazione: schermo per la pellicola, densitometro.
Luci inattiniche
Controllare visivamente che le luci inattiniche siano in buone condizioni di funzionamento (fare attenzione ad eventuali incrinature nei filtri). Al fine di misurare la velatura supplementare dovuta a queste luci, ripetere la procedura sopra descritta, ma con le luci inattiniche accese. Assicurarsi che le suddette luci siano accese da più di 5 minuti, per evitare gli effetti dovuti alla stabilizzazione.
Limiti di accettabilità: ΔD ≤ 0.05 DO in 2 minuti.
Frequenza: all’accettazione, semestrale (annuale nei centri in cui si impieghino soltanto sviluppatrici “daylight”) e quando cambino le condizioni in camera oscura.
Strumentazione: schermo per la pellicola, densitometro.
Cassetto porta-pellicole
La presenza di velatura in corrispondenza dei bordi di pellicole non esposte può indicare la non perfetta tenuta alla luce del cassetto porta pellicole. Mettere una pellicola vergine nel cassetto e lasciarla per alcune ore con tutte le luci bianche della camera oscura accese. Analizzare la pellicola sviluppata per evidenziare le eventuali infiltrazioni di luce nel cassetto.
Limiti di accettabilità: velatura supplementare ≤0.02 DO.
Frequenza: quando si sospettino infiltrazioni.
Strumentazione: densitometro.
Cassette
Bordi scuri nei radiogrammi indicano la necessità di controllare l’infiltrazione di luce nelle singole cassette. Caricare la cassetta sospetta con una pellicola vergine e porla di fronte a una fonte di luce bianca per parecchie ore per ogni lato. Analizzare la pellicola sviluppata.
Limiti di accettabilità: nessuna velatura supplementare.
Frequenza: all’accettazione e quando si sospettino infiltrazioni.
Strumentazione: nessuna.
2.4 Condizioni di osservazione
Il basso contrasto intrinseco della mammografia e la tendenza all’impiego di densità ottiche elevate implica la necessità di un’adeguata luminanza del diafanoscopio; inoltre, poiché le condizioni di osservazione influenzano sensibilmente la lettura delle immagini diagnostiche, è essenziale minimizzare l’illuminamento ambientale in modo che questo non riduca in modo significativo il contrasto percepito dall’occhio dell’osservatore. In mammografia devono essere impiegati diafanoscopi dedicati, che facciano uso di tubi fluorescenti ad alta frequenza, senza sfarfallii, a luce naturale ad efficienza luminosa adeguata alla densità ottica delle pellicole da esaminare e quindi regolabile, con illuminazione omogenea e sistema di mascheramento regolabile con bordi netti.
Per quanto concerne il livello di luminosità, i rilievi fotometrici da eseguire e i valori richiesti per una condizione di osservazione ottimale delle immagini mammografiche non sono ancora stati stabiliti; pur tuttavia l’importanza di determinati parametri è comunemente riconosciuta. Le due principali grandezze fotometriche di interesse in questo ambito sono la luminanza del negativoscopio e l’illuminamento della sala di refertazione. La luminanza è l’intensità della luce emessa da una superficie del negativoscopio e viene misurata in cd/m2. L’illuminamento è il flusso luminoso prodotto da una qualche sorgente esterna al negativoscopio all’interno della sala di refetazione, e si misura in lux (lm/m2). Le misure di luminanza e di illuminamento richiedono l’impiego di un fotometro, con risposta spettrale vicina a quella dell’occhio umano. La calibrazione dello strumento e la geometria di raccolta della luce sono diverse per le misure di luminanza e di illuminamento.
Per la misura di luminanza si può impiegare un fotometro dotato di sistema ottico o fibre ottiche, calibrato in cd/m2; in genere, l’aggiunta di un apposito filtro fotometrico permette anche la misura dell’illuminamento. Non esiste un accordo su quale sia il livello di luminanza ottimale per un diafanoscopio, ma è generalmente riconosciuto che i diafanoscopi per mammografia debbano fornire luminanza maggiore di quelli per radiologia convenzionale, tenuto conto del basso contrasto intrinseco delle immagini. Da misure effettuate su 20 diafanoscopi impiegati presso i Centri di screening mammografico in Gran Bretagna, la luminanza media è risultata essere 4500 cd/m2, con valori variabili da 2300 a 6700 cd/m2. Negli USA, per la mammografia l’ACR indica un minimo di 3500 cd/m2. Alcuni esperti suggeriscono che, in realtà, la luminanza del diafanoscopio non è così cruciale, purché il livello di illuminazione ambientale sia sufficientemente basso, essendo quest’ultimo il fattore più critico.
2.4.1 Diafanoscopio
Luminanza
Misurare la luminanza nella zona centrale dell’area illuminata di ogni pannello utilizzando un fotometro calibrato in cd/m2.
I fotometri che oggi si trovano in commercio, avendo prezzi molto variabili, hanno prestazioni molto diverse da strumento a strumento. Le prestazioni minime richieste sono quelle che permetto di fare misure di omogeneità.
Poiché inoltre, come già detto, non esistono accordi su quale deve essere la luminanza ottimale di un diafanoscopio per mammografia, si è scelto di non fornire per questo parametro un intervallo di accettabilità restrittivo, bensì soltanto un limite inferiore.
Limiti di accettabilità: la luminanza deve essere > 3000 cd/m2
Frequenza: annuale
Strumentazione: fotometro.
Omogeneità
L’omogeneità della luminanza di un singolo diafanoscopio è data dal confronto di più letture distribuite sulla superficie luminosa (1,2,3,4) rispetto al valor medio delle letture in corrispondenza della regione centrale (C) (si veda fig. 10) . Poiché esistono degli inevitabili effetti di bordo da accettare a causa dei limiti costruttivi nella produzione dei negativoscopi, si consiglia di evitare le misure a meno di 5 cm dai bordi.
Fig. 10
Inoltre non si devono presentare grosse discrepanze fra la luminanza della zona centrale di diafanoscopi dello stesso centro.
Se si riscontrano differenze nella colorazione, controllare se le lampade impiegate sono tutte della stessa marca, tipologia e vetustà e procedere alle eventuali sostituzioni. E’ buona norma cambiare tutte le lampade contemporaneamente. Al fine di evitare disomogeneità dovute alla polvere, pulire regolarmente i diafanoscopi all’interno e all’esterno.
Limiti di accettabilità: le variazioni della luminanza di un singolo diafanoscopio devono risultare entro il ±30% in tutta la superficie dei punti del piano di illuminazione che distano più di 5 cm dai bordi.
Le differenze tra diafanoscopi installati presso lo stesso Centro devono risultare entro il ±15% della media delle misure effettuate al centro dell’area luminosa.
Frequenza: annuale.
Strumentazione: fotometro.
2.4.2 Illuminamento
Quando si misura l’illuminamento ambientale, il diafanoscopio deve essere spento e le altre eventuali sorgenti di luce nelle stesse condizioni normalmente impiegate nella pratica clinica. Porre il fotometro a una distanza di circa 50 cm dal diafanoscopio e ruotarlo su se stesso fino a ottenere la lettura massima: questa rappresenta il valore di illuminamento ambientale.
Limiti di accettabilità: illuminamento ambientale: <50 lux.
Frequenza: annuale.
Strumentazione: fotometro o dispositivo per la misura dell’ illuminamento.
2.5 Proprietà del sistema
L’efficacia della mammografia è fortemente condizionata, dalla qualità delle immagini mammografiche. La diminuzione della dose per ragioni radioprotezionistiche è giustificata soltanto qualora le informazioni contenute nelle immagini rimangano sufficienti a raggiungere lo scopo diagnostico.
2.5.1 Dosimetria
Le misure di esposizione e il calcolo della dose ghiandolare media in mammografia sono descritte in dettaglio nel “European Protocol on dosimetry in Mammography” (vedi bibliografia, Protocolli [4]). In questa sede viene descritta la misura di kerma in aria alla superficie d’ingresso della mammella. Nell’Appendice 2 viene suggerito un semplice metodo per la stima della dose ghiandolare media.
Kerma in aria all’ingresso del fantoccio
La misura di kerma in aria all’ingresso della mammella standard per la DO di riferimento (Krif) deve essere effettuata in assenza di fantoccio impostando kV, accoppiamento anodo/filtro e mAs come per l’esposizione di riferimento, (in presenza del compressore, Mo/Mo, 28 kV, mAs ottenuti per DOnetta=1.4 ± 0.1) e deve essere valutata nella zona di riferimento (ovvero in un punto centrato lateralmente, a 6 cm dalla parete toracica e a 4.5 cm dalla superficie del piano d’appoggio della mammella).
Limiti di accettabilità: accettabile Krif ≤ 15 mGy, desiderabile Krif < 14 mGy (per DO ≠ 1.4 vedi Appendice 2).
Frequenza: annuale.
Strumentazione: dosimetro.
2.5.2 Qualità dell’immagine
Al fine di controllare la qualità dell’immagine e la costanza della risposta del sistema è necessario valutare i seguenti parametri: risoluzione spaziale, contrasto dell’immagine, soglia di contrasto e tempo di esposizione.
Il controllo sulla qualità dell’immagine può essere effettuato esponendo fantocci separati, oppure un unico fantoccio che contenga una serie di inserti atti a valutare i suddetti parametri in una sola esposizione (in seguito denominato fantoccio QI).
Risoluzione spaziale
Uno dei parametri che determina la qualità dell’immagine è la risoluzione spaziale del sistema, che può essere stimata a partire dall’immagine di una mira a barre con frequenze crescenti fino a 20 coppie di linee per millimetro (lp/mm). Porre la mira sopra il fantoccio di PMMA da 45 mm nella zona di riferimento; effettuare due radiogrammi in condizioni di routine, uno con la mira parallela alla direzione anodo-catodo, l’altro con la mira perpendicolare.
Nota: Se si misura la risoluzione ponendo la mira a contatto con il piano d’appoggio della mammella al di sotto del fantoccio, oppure a distanza crescente dal piano d’appoggio, all’interno del medesimo fantoccio (tra 25 e 50 mm), si possono riscontrare differenze fino a 4 lp/mm. La distanza dal bordo relativo alla parete toracica è critica, ma la posizione parallela al lato torace non lo è particolarmente nell’intervallo ± 5 cm dalla zona di riferimento. La risoluzione è generalmente peggiore nella direzione parallela alla direzione anodo-catodo, a causa della forma asimmetrica della macchia focale.
Molti fantocci QI oggi in commercio contengono una mira per la valutazione della risoluzione spaziale, ma essa è solitamente localizzata in una zona diversa da quella di riferimento. Un controllo settimanale di questo parametro è consigliabile, ma è richiesto il controllo semestrale nella posizione corretta e nelle due direzioni ortogonali.
Limiti di accettabilità: nel punto di riferimento in entrambe le direzioni: accettabile: > 10 lp/mm, desiderabile: > 13 lp/mm.
Frequenza: semestrale con mira dedicata, settimanale con fantoccio QI.
Strumentazione: mira per risoluzione spaziale, fantoccio standard, lente di ingrandimento.
Contrasto dell’immagine
Al fine di valutare la stabilità complessiva del sistema di imaging, eseguire un’esposizione di riferimento sovrapponendo al fantoccio standard un filtro di Al di spessore 0,1 mm posizionato a metà della zona di riferimento, come illustrato in fig. 11. Misurare la densità ottica media in una ROI di circa 4 cm2 nelle posizioni 1 (DObg) e 2 (DOAl), all’ esterno e all’interno del filtro di Al rispettivamente. Calcolare il contrasto secondo la relazione
C = (DOAl – DObg)
Valutare lo scarto relativo percentuale del contrasto misurato rispetto al valore stabilito in fase di accettazione.
Fig. 11
Nota: La misura può essere effettuata anche per mezzo di un fantoccio QI che contenga un dettaglio sul quale si possa valutare il contrasto.
Limiti di accettabilità: ± 10% accettabile, ± 5% desiderabile.
Frequenza: settimanale.
Strumentazione: fantoccio standard, filtro di Al di spessore 0.1 mm, densitometro.
Soglia di contrasto
Questa misura dà l’indicazione del minor contrasto percepibile nel caso di oggetti di “grandi” dimensioni (Ø ≥ (6.0 ± 0.6) mm). A tal fine l’oggetto di prova o il fantoccio QI deve contenere una serie di dettagli a basso contrasto, di cui uno di contrasto pari a 1.5%, tali da poter simulare un’immagine clinica. Effettuare un’esposizione di routine e registrare il numero dei dettagli visibili.
Limiti di accettabilità: minimo contrasto per un dettaglio di dimensioni 6.0 ± 0.6 mm: 1.5% (vedi Appendice 4).
Frequenza: settimanale.
Strumentazione: oggetto di prova con dettagli a basso contrasto e spessori di PMMA fino a raggiungere 4.5 cm oppure fantoccio QI, densitometro.
Tempo di esposizione
Tempi di esposizione lunghi possono dare origine ad artefatti da movimento (immagini non nitide). Deve essere misurato il tempo di applicazione del carico normalmente impiegato nell’esposizione di routine.
Limiti di accettabilità: accettabile: < 2.0 s, desiderabile < 1.5 s.
Frequenza: annuale e quando si riscontrino anomalie.
Strumentazione: misuratore di tempo di applicazione del carico, fantoccio standard.
3 Tabelle
Tabella 1: Parametri tecnici, frequenze dei controlli, valori limite e valori tipici
frequenza | valore tipico | valore limite accettabile desiderabile | unità di misura | ||
2.1 Produzione dei raggi X | |||||
Sorgente di raggi X | |||||
dimensione della macchia focale | i | 0.3 | IEC/NEMA | - | - |
distanza sorgente - immagine[8]1 | i - 6 | ≥ 600 | - | - | mm |
allineamento campo X - ricettore d’immagine (parete toracica) | 12 | - | ≤ 5 | ≤ 5 | mm |
rendimento* | 6 | 40 ÷ 75 | > 30 | > 40 | μGy/mAs |
rateo di kerma in aria* | 6 | 10 ÷ 30 | > 7.5 | > 10 | mGy/s |
radiazione di fuga a 1 metro | i | < 1 | mGy/h | ||
linearità dei mAs | 6 | r > 0.999 | |||
Tensione anodica | |||||
riproducibilità | 6 | - | < ± 0.5 | < ± 0.5 | kV |
accuratezza (25 – 31 kV) | 6 | - | < ± 1.0 | < ± 1.0 | kV |
SEV (Mo/Mo) | 12 | 0.3 ÷ 0.4 | > 0.3 | > 0.3 | mm Al |
Controllo automatico dell’esposizione | |||||
riproducibilità a breve termine | 6 | - | < ± 5 % | < ± 2 % | DO |
valore centrale del selettore della densità ottica/riproducibilità a lungo termine | 6, g | - | < ± 0.20 | < ± 0.15 | DO |
incremento tra gradini di annerimento | 6 | - | < 0.20, >0.05 | 0.10 | DO |
ampiezza dell’intervallo di funzionamento | 6 | - | > 1.0 | > 1.0 | DO |
compensazione al variare di spessore dell’oggetto e della tensione | 6, s[9]2 | - | < ± 0.15 | < ± 0.10 | DO |
Compressione | |||||
forza di compressione | 12 | 130÷200 | - | - | N |
mantenimento forza di compressione | 12 | - | 30 | 30 | s |
allineamento del piatto di compressione per un carico asimmetrico | 12 | - | ≤ 15 | ≤ 15 | mm |
allineamento piatto di compressione per un carico simmetrico | 12 | - | ≤ 5 | ≤ 5 | mm |
2.2 Bucky e ricettore d’immagine | |||||
Griglia antidiffusione | |||||
fattore di griglia | i | < 3 (<1)[10]3 | - | - | - |
Schermi di rinforzo e pellicola | |||||
variazione di sensibilità fra cassette (DO) | 12 | - | < ± 0.10 | < ± 0.08 | DO |
contatto schermo - pellicola | 12 | - | - | - | - |
Questa tabella continua alla pagina seguente
i = all’accettazione; g = giornalmente; s = settimanalmente; 6 = semestralmente; 12 = annualmente
Tabella 1, segue: Parametri tecnici, frequenze dei controlli, valori limite e valori tipici
frequenza | valore tipico | valore limite accettabile desiderabile | unità di misura | ||
2.3 Trattamento della pellicola | |||||
Sviluppatrice | |||||
temperatura | 12 | 34 ÷ 36 | - | - | °C |
tempo di trattamento | 12 | 90 | - | - | s |
Pellicola | |||||
sensitometria: base e velo | g | 0.15÷0.25 | - | - | DO |
sensitometria: rapidità | g | - | - | - | − |
sensitometria: Gradm | g | 3.0 ÷ 4.0 | - | - | - |
sensitometria: Grad1,2 | g | 3.5 ÷ 5.0 | - | - | - |
prestazione quotidiana | g | - | vedi § 2.3.2 | vedi § 2.3.2 | - |
artefatti | g | - | no artefatti | no artefatti | - |
Camera oscura | |||||
schermatura dalla luce esterna (velatura supplementare in 2 minuti) | 6 (122) | - | ≤ 0.021 | ≤ 0.021 | DO |
luci inattiniche (velatura supplementare in 2 minuti) | 6 (122) | - | ≤ 0.051 | ≤ 0.051 | DO |
cassetto porta-pellicole | i | - | ≤ 0.021 | ≤ 0.021 | DO |
cassette | i | - | - | - | - |
2.4 Condizioni di osservazione | |||||
Diafanoscopio | |||||
luminanza | 12 | - | > 3000 | > 3000 | cd/m2 |
omogeneità | 12 | - | < ± 30 % | < ± 30 % | cd/m2 |
variazione di luminanza all’interno dello stesso centro | 12 | - | < ± 15 % | < ± 15 % | cd/m2 |
Luminosità ambientale | |||||
livello di illuminamento ambientale | 12 | - | < 50 | < 50 | lux |
2.5 Proprietà del sistema | |||||
Qualità dell’immagine e dose di riferimento | |||||
kerma in aria alla superficie di ingresso (fantoccio standard da 45 mm PMMA)* | 12 | - | ≤ 15 | < 14 | mGy |
risoluzione spaziale nel punto di riferimento | 6, s | - | > 10 | > 13 | lp/mm |
variazione del contrasto dell’immagine | s | - | < ± 10 % | < ± 5 % | - |
soglia di contrasto | s | - | 1.5 % | 1.5 % | - |
tempo di applicazione del carico | 12 | - | < 2 | < 1.5 | s |
i = all’accettazione; g = giornalmente; s = settimanalmente; 6 = semestralmente; 12 = annualmente
* In condizioni di riferimento.
1 A densità ottica netta pari a circa 1.4 DO.
2 Dove si impieghino solo sviluppatrici day-light.
Tabella 2: Caratteristiche della strumentazione per controlli di qualità e della loro calibrazione
Strumentazione per controllo di qualità | accuratezza | riproducibilità | unità di misura |
sensitometro | - | ± 2 % | DO |
densitometro | ± 0.02 (a 1.00 DO) | ± 1 % | DO |
dosimetro | ± 5 % | ± 1 % | mGy |
termometro | ± 0.3 | ± 0.1 | °C |
kilovoltmetro per mammografia | ± 2 % | ± 1 % | kV |
misuratore del tempo di applicazione del carico | ± 5 % | ± 1 % | s |
fotometro | ± 10 % | ± 5 % | cd/m2 |
dispositivo per misure di illuminamento | ± 10 % | ± 5 % | klux |
fantocci di PMMA | ± 2 % | - | mm |
dispositivo per misura di forza di compressione | ± 10 % | ± 5 % | N |
filtri di alluminio (purezza ≥ 99.9 %) | |||
cuneo a gradini di alluminio o PMMA | |||
mira per la risoluzione ad alto contrasto (> 15 lp/mm) | |||
dispositivo per la valutazione delle dimensioni della macchia focale | |||
dispositivo per la verifica del buon contatto fra schermo e pellicola | |||
metro | |||
cronometro | |||
gommapiuma per la verifica dell’allineamento del piatto di compressione | |||
foglio di piombo |
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1985: DIN 6868 teil 2: Beuth Verlag GmbH, Berlin.
8 American Association of Physicists in Medicine (AAPM): Basic quality control in diagnostic radiology, 1978: report No. 4
9 ECRI: Special issue: Mammography Units;
1989: Health Devices:Vol.18:No.1:Plymouth Meeting (PA)
10 ECRI: Double issue: Mammography Units;
1990: Health Devices:Vol.19:No.5-6:Plymouth Meeting (PA)
11 Siemens Medical Systems Inc., New Jersey: Mammography QA - Doc.# 54780/up
1990
12 ANSI: Determination of ISO speed and average gradient.
American National Standards Institute (ANSI).
1983: Nr. PH2.50.
1989: DIN-1:6868 teil 7:Beuth Verlag GmbH, Berlin.
Mammographie-Einrichtungen (in tedesco)
1989: DIN-2:6868 teil 52: Beuth Verlag GmbH, Berlin.
15 ICRP Publication 52, including the Statement from the Como Meeting of the ICRP.
1987: Annals of the ICRP 17 (4), i-v, Pergamon Press, Oxford, UK.
16 ICRP Publication 60, 1990 Recommendations of the ICRP.
(Adopted by the Commission in November 1990);
1991: Annals of the ICRP 21 (1-3), Pergamon Press, Oxford, UK.
Appendice 1
Parametri della pellicola
La curva sensitometrica della pellicola, normalmente utilizzata per monitorare la stabilità del sistema di trattamento, rappresenta la curva di risposta del rivelatore. Tale curva di risposta può essere ottenuta mediante sensitometria luminosa, usando una sorgente di luce visibile con caratteristiche spettrali simili a quelle della luce emessa da uno schermo di rinforzo per mammografia, modulata in modo che la densità ottica ottenuta copra l’intera dinamica della pellicola. Questo può essere fatto per mezzo di uno strumento - detto sensitometro - che produce sulla pellicola una scala di esposizioni, (tipicamente di 21 livelli) [11]∗ che coprono tutto il range dinamico della pellicola. La curva di risposta del sistema schermo/pellicola può essere ottenuta, in alternativa, anche esponendo ai raggi X un fantoccio a gradini, ma, per quanto riguarda i controlli di qualità, l’uso del sensitometro ha il vantaggio di isolare le fluttuazioni della risposta dovute al sistema di trattamento da variazioni introdotte da altre parti del sistema di imaging. I parametri normalmente usati per controllare la stabilità della curva sensitometrica sono: la densità di base + velo, il gradiente e l’indice di rapidità. Per la loro determinazione si propone la procedura seguente, tratta dal protocollo olandese (1991), il quale a sua volta è basato sulla norma ANSI (1983).
Poiché la stabilità della sviluppatrice viene valutata in modo relativo, cioè calcolando la variazione percentuale di alcuni parametri definiti di seguito, si ritiene che i valori di riferimento (rispetto ai quali calcolare la variazione) dovrebbero essere determinati in base ad un numero ragionevole di misure ripetute (almeno 10) considerate di “baseline”, nel corso delle quali devono essere stabili le condizioni di trattamento.
Base + velo o Dmin: è la minima densità ottica, ottenibile sviluppando una pellicola non esposta. Questo valore di Dmin diverso da zero è dovuto al materiale plastico di supporto del film e all’emulsione. Nella pratica dei controlli sensitometrici con luce visibile viene utilizzata come Dmin la densità ottica misurata sul primo gradino della scala (o strip sensitometrica*), a cui si attribuisce il valore di base + velo.
Dmax: è la massima densità ottica ottenibile su una pellicola esposta. Corrisponde alla zona di saturazione della curva caratteristica e, nel caso di sensitometria a luce visibile, viene misurata in corrispondenza dell’ultimo gradino della strip
Indice di rapidità: lo scopo della sensitometria con luce visibile è di valutare la stabilità del sistema di trattamento della pellicola; si definisce pertanto indice di rapidità la densità ottica misurata sul gradino della scala sensitometrica che più si avvicina alla condizione DO=1.00 + Dmin. Per i sensitometri che producono scale a 21 gradini, l’indice di rapidità corrisponde generalmente alla densità del gradino 11, come rappresentato nella fig.I
Gradiente: parametro utilizzato per rappresentare la capacità della pellicola di trasferimento del contrasto. Letteralmente, è dato dalla pendenza locale della curva caratteristica. Poiché la curva di risposta della pellicola non è lineare (fig.II) il valore del gradiente cambia da punto a punto. Per questo motivo si possono definire parametri medi, riferiti a zone della curva caratteristica particolarmente importanti nelle immagini cliniche.
Ad esempio, si possono definire i gradienti relativi all’intervallo di densità ottiche entro il quale dovrebbero essere rappresentati i tessuti ghiandolare, Gradgh, e adiposo, Gradad, rispettivamente. Il Gradgh è determinato dalla pendenza della retta che passa per i punti della curva di densità ottica 0.8 e 1.5, mentre il Gradad è calcolato tra i punti di densità ottica 1.8 e 2.5.
La stabilità del sistema di trattamento è importante per produrre, a parità di condizioni di esposizione, un contrasto dell’immagine costante (entro tolleranze accettabili); per questo, si sceglie generalmente come zona di misura del gradiente la parte lineare della curva caratteristica. Il gradiente è dato dalla pendenza della retta passante per due punti dei quali si definisce il valore di densità ottica. Diamo quindi di seguito le definizioni di gradiente medio e gradiente centrale. Di solito per il controllo della stabilità del sistema di trattamento si usa il gradiente medio.
Gradiente medio (Gradm): è legato alla pendenza della curva sensitometrica e rappresenta il contrasto della pellicola nell’intervallo di densità ottiche normalmente usato per riprodurre la dinamica della mammella. E’ dato dalla pendenza della retta passante per i due punti della curva sensitometrica aventi densità ottiche D0.25 = Dmin+ 0.25 DO e D2=Dmin+2.00 DO. Il gradiente medio può essere ottenuto, con accuratezza sufficiente, dall’interpolazione lineare dei punti di densità ottica D0.25 e D2. In fig. III è rappresentato il gradiente medio.
Gradiente centrale (Grad1,2): rappresenta il contrasto della pellicola nella regione centrale dell’intervallo di densità ottica di interesse per la diagnostica. Grad1,2 è la pendenza della retta passante per i due punti della curva sensitometrica aventi densità ottiche D1=Dmin+1.00 DO e D2=Dmin+2.00 DO. Anche il gradiente centrale può essere ottenuto dall’interpolazione lineare dei punti di densità ottica D1 e D2. In fig. III è rappresentato il gradiente centrale.
Qualora non si disponesse di un sistema automatico per il calcolo dei gradienti tramite interpolazione lineare, è possibile definire un indice di contrasto pari alla differenza tra le densità ottiche prodotte dal sensitometro per due gradini prefissati della strip. Si possono ad esempio scegliere i due gradini per i quali la densità ottica media, misurata in fase di definizione del baseline, corrisponde ai valori usati per definire il gradiente medio o il gradiente centrale.
Appendice 2
Stima della dose ghiandolare media
La stima della dose ghiandolare media è particolarmente importante in quanto a questo parametro è legato il rischio dell’esame mammografico. Tale stima può essere effettuata a partire dalla misura di kerma in aria alla superficie di ingresso nel punto di riferimento, impostando i parametri impiegati per un’esposizione di routine.
Effettuare una misura di kerma in aria in assenza di fantoccio impostando kV, accoppiamento anodo/filtro e mAs come in condizioni di routine. Se necessario, correggere per la distanza in modo da ottenere il kerma in aria Kclin in ingresso al fantoccio standard (senza retrodiffusione) . Calcolare la dose ghiandolare media (DGMstd) come:
DGMstd = gstd * Kclin
dove gstd è un fattore che converte il kerma in aria alla superficie del fantoccio in dose ghiandolare media per la mammella standard. Poiché il valore di g dipende dalla qualità del fascio, occorre rifarsi alla tabella seguente considerando il valore di SEV misurato per la pratica clinica (si veda § 2.1.2):
SEV (mm Al) | gstd (mGy/mGy) |
0.25 | 0.149 |
0.30 | 0.177 |
0.35 | 0.202 |
0.40 | 0.223 |
0.45 | 0.248 |
0.50 | 0.276 |
0.55 | 0.304 |
0.60 | 0.326 |
0.65 | 0.349 |
Appendice 3
Valori tipici di SEV per altri spettri
Le tecniche impiegate per ottenere un’immagine mammografica vengono costantemente ottimizzate. Vengono studiati nuovi materiali per la costruzione dell’anodo nonché combinazioni con filtrazioni diverse allo scopo di migliorare la qualità dell’immagine e ridurre la dose all’organo. Vengono riportati i valori tipici dello spessore emivalente per alcune di queste combinazioni (Appendice 3 del “European Protocol on Dosimetry in Mammography”)
Tabella 1: Valori tipici di SEV per combinazioni anodo-filtro di comune impiego in mammografia. I numeri tra parentesi si riferiscono a valori di SEV con compressore di spessore 3 mm inserito sul fascio.
Materiali costituenti anodo e filtro | SEV a 25 kVp mm Al | SEV a 28 kVp mm Al |
Mo + 30 μm Mo | 0.28 (0.34) | 0.32 (0.37) |
Mo + 25 μm Rh | 0.36 (0.40) | 0.40 (0.44) |
W + 60 μm Mo | 0.35 (0.39) | 0.37 (0.41) |
W + 50 μm Rh | 0.48 (0.51) | 0.51 (0.54) |
W + 40 μm Pd | 0.44 (0.48) | 0.48 (0.53) |
Rh + 25 μm Rh | 0.34 (0.40) | 0.39 (0.45) |
Appendice 4
Visibilità dei dettagli a basso contrasto
La visibilità di un oggetto uniforme di area nota immerso in un fondo uniforme dipende in prima approssimazione da tre proprietà dell'oggetto e del sistema di imaging:
La teoria di Rose definisce la soglia di visibilità in termini di rapporto segnale-rumore (SNR), esprimendo quest'ultimo in funzione del contrasto e dell'area (dimensione) dell'oggetto; studi sulle caratteristiche del sistema visivo umano hanno dimostrato che la soglia di visibilità segue una legge semplice, del tipo:
C * D = costante.
In realtà tale relazione è approssimativamente valida solo per un intervallo limitato di dimensioni dell'oggetto. Viceversa, per dimensioni inferiori e superiori a tale intervallo, le caratteristiche medie degli osservatori si allontanano dal suddetto andamento. In generale, sulla base di diversi esperimenti, si è verificato che mentre un oggetto a basso contrasto di grandi dimensioni può essere ben visibile, un oggetto di piccole dimensioni con lo stesso contrasto può non essere visibile. Al contrario, il contrasto che è appena sufficiente per distinguere l’oggetto di piccole dimensioni, farebbe apparire un oggetto di grandi dimensioni come una grande macchia bianca brillante. Pur considerando l'intervallo di dimensioni dell'oggetto per le quali valga la suddetta legge, quando si è in presenza di rumore, come nel caso dell'imaging radiografico, il valore della costante aumenta, rendendo necessario un maggiore contrasto di quello che basterebbe per un per distinguere l’oggetto con un sistema ideale (noise-free). Quindi la soglia di visibilità di un oggetto dipende dal rapporto fra contrasto e rumore (contrast-to-noise ratio, CNR).
L'aumento del contrasto della pellicola non migliora la visibilità di un oggetto, a meno che non vengano prese alcune precauzioni per evitare che aumenti proporzionalmente anche il rumore (ad esempio, riducendo la granularità della pellicola). Invece, l’impiego di raggi X di energia più bassa (risultato che si ottiene, ad esempio, abbassando i kVp) o l’aumento del carico anodico portano a un miglioramento del rapporto contrasto-rumore; tuttavia, entrambe queste operazioni, determinano anche un aumento di dose e quindi un maggior rischio per le donne. Al fine di ottimizzare la qualità diagnostica, cioè riprodurre sull'immagine le informazioni sufficienti alla diagnosi mantenendo il livello di rischio accettabile, vengono stabiliti dei limiti per il rumore, definendo il minimo contrasto rivelabile per una fissata dimensione dell'oggetto, entro i limiti fissati di accettabilità della dose.
I risultati sperimentali sulle caratteristiche del sistema visivo umano hanno dimostrato che, in media, un oggetto di dimensioni ≤ 6 mm è visibile se il contrasto sull'immagine da esso prodotta è almeno del 1.5 %. Per fare qualche esempio, un contrasto del 1.5 % può essere prodotto con un disco (diametro ~ 5-6 mm) di PMMA dello spessore di 0.3 mm o un disco di oro dello spessore di 0.1 μm, posto sulla superficie o all’interno di un fantoccio standard.
Poiché non è facile produrre in modo "casalingo" fantocci con dettagli a basso contrasto come quelli appena descritti, per misurare la soglia di visibilità si può utilizzare un fantoccio contrast-detail, progettato per uso mammografico (ne esistono alcuni tipi in commercio). Questi fantocci sono costituiti da una matrice di dettagli, in cui la dimensione dei dettagli varia, a parità di spessore (e quindi di contrasto), lungo una direzione della matrice, mentre nell'altra direzione varia lo spessore e rimane costante la dimensione, come schematizzato in fig. IV. Note le specifiche del fantoccio, la misura può essere effettuata producendo un'immagine dell'oggetto test (fantoccio contrast-detail + PMMA tale che lo spessore risultante sia circa equivalente a quello del fantoccio standard) nelle condizioni di riferimento e misurando il contrasto minimo prodotto dal disco di diametro nominale più vicino a 5 mm (la riga corrispondente al suddetto diametro è indicata con la freccia nello scherma).
Fig. IV : Schema di principio di un fantoccio contrast-detail.
Il contrasto si ricava dalla misura della densità ottica media del dettaglio e del fondo, secondo la nota relazione:
C = DOoggetto – DOfondo
Appendice 5
Mammografia digitale
Al momento della stesura del presente protocollo, sull’argomento si può fare riferimento all’Addendum on Digital Mammography version 1.0 (Nov. 2003) del European Protocol for the quality control of the physical and technical aspects of mammography screening, 3rd ed. (2001) scaricabile dal sito www.euref.com.
Appendice 6
Schede per la registrazione dei controlli di qualità
SCHEDE CONTROLLI DI QUALITA’
basate su:
PROTOCOLLO ITALIANO PER IL CONTROLLO DI QUALITA’ DEGLI ASPETTI FISICI
E TECNICI IN MAMMOGRAFIA
Data: ______________________
Operatore: ___________________________________________
Centro _________________________________________________
Indirizzo: _____________________________________________________________
Tel.: ___________________
FAX: __________________
e-mail: _______________________________________________________________
Responsabile: __________________________________________________________
Personale di riferimento: ________________________________________________
MAMMOGRAFO:
Marca _________________________________________
Modello _________________________________________
Anno d’installazione _________________________________________
Caratteristiche del tubo radiogeno:
Materiale anodo _________________________________________
Materiale filtro _________________________________________
Spessore filtro (mm) _________________________________________
Distanza fuoco-pellicola ____________________________________
Note _____________________________________________________
ACCOPPIAMENTO SCHERMO/PELLICOLA
Cassette Marca _______________________________
Modello _______________________________
Schermi Marca _______________________________
Modello _______________________________
Pellicole Marca _______________________________
Modello _______________________________
Note _____________________________________________________
SVILUPPATRICE:
Marca ___________________________________
Modello ___________________________________
Anno d’installazione ___________________________________
Tempo di trattamento (s) ___________________________________
Temperatura di sviluppo (°C) ___________________________________
Liquidi di sviluppo (marca e sigla) ___________________________________
Liquidi di fissaggio (marca e sigla) ___________________________________
Note _______________________________________________________
Esposizione di riferimento Programma: ________ Selettore DO (grad. annerimento): ________ Anodo/Filtro: __Mo/Mo_ kV: ___28___ mAs: ________ D.O.: ________ | Esposizione di routine Programma: ________ Selettore DO (grad.annerimento): ________ Anodo/Filtro ________ kV: ________ mAs: ________ D.O.: ________ |
2.1 Produzione dei raggi X
2.1.1 Sorgente di raggi X
Dimensione della macchia focale
Dimensione nominale della macchia focale (fuoco grande): (IEC)
Pista anodica: _______
* Metodo del foro di spillo (pinhole camera)
diametro del foro μm
distanza tra il foro e il piano della pellicola dforo-film mm
distanza tra il fuoco e il foro dfuoco-foro mm
diametro dell’immagine del foro (⊥ asse F⊥ mm
diametro dell’immagine del foro (//asse AC) F// mm
* Metodo della fenditura (slit camera)
larghezza della fenditura μm
distanza tra la slit camera e la pellicola dslit-film mm
distanza tra il fuoco e la slit camera dfuoco-slit mm
larghezza immagine della fenditura (⊥ asse AC) F⊥ mm
larghezza immagine della fenditura (// asse AC) F// mm
* Metodo del reticolo a stella (star pattern)
diametro del reticolo a stella dstar mm
angolo tra i settori radiopachi θ O
diametro dell’immagine del reticolo a stella dimm mm
massimo diametro della sfocatura ⊥ asse AC dsfoc, ⊥ mm
massimo diametro della sfocatura ⁄⁄ asse AC dsfoc,// mm
Dimensioni della macchia focale f⊥ = ____ mm
f// = ____ mm
Accettabile: SI
NO
Allineamento campo radiante – ricettore di immagine
Distanza tra ricettore d’immagine e piano d’appoggio della mammella: ___________
Dimensione del potter-bucky:____________ Anodo impiegato: ___________
I bordi laterali del campo X coprono l’intero ricettore d’immagine: SI NO
Disallineamento lato torace: ____ mm
Accettabile: SI
NO
Radiazione di fuga
Posizione dei “punti caldi”
1 _________________________________________________________________
2 _________________________________________________________________
3 _________________________________________________________________
valori misurati: calcolati per
distanza dal tubo radiogeno: 50 mm 1000 mm,
area superficie rivelatore: ____ mm2 100 cm²:
n°:
1. ______ ______ mGy/h
2. ______ ______ mGy/h
3. ______ ______ mGy/h
Accettabile: SI
NO
Rendimento del tubo radiogeno
Distanza fuoco-rivelatore: _____ mm
Kerma in aria alla superficie: _____ mGy
Carico: _____ mAs
Rendimento a 1 m dal fuoco : _____ μGy/mAs
Intensità di kerma in aria a DFP: _____ mGy/s
Accettabile: SI
NO
Linearità del rendimento
1 | 2 | 3 | 4 | 5 | ||
Kerma in aria alla superficie | mGy | |||||
Carico | mAs | |||||
Rendimento | mGy/mAs |
Coefficiente di correlazione: __________
Accettabile: SI
NO
2.1.2 Tensione al tubo radiogeno
Accuratezza e riproducibilità
Carico anodico : ____ mAs
Tensione di routine: ____ kV
Accuratezza
Impostato | 25 | 26 | 27 | 28 | 29 | 30 | 31 | kV |
Misurato | kV | |||||||
Scarto | kV |
Accettabile: SI
NO
Accuratezza per altri eventuali valori clinici
Impostato | kV | |||||||
Misurato | kV | |||||||
Scarto | kV |
Accettabile: SI
NO
Riproducibilità (per il valore normalmente utilizzato nell’esposizione di routine)
Valore misurato: | 1. ___ | 2. ___ | 3. ___ | 4. ___ | 5.___ | kV |
Riproducibilità (max differenza rispetto alla media): | ____ | kV |
Accettabile: SI
NO
Strato emivalente (SEV) (condizioni di riferimento – senza compressore)
Anodo/filtro: | Mo/Mo | ||||
Tensione : | 28 kV | ||||
Carico anodico : | ____ mAs |
Filtrazione: | 0.0 | 0.30 | 0.40 | mm Al | |
Esposizione: | Y0 | Y1 | Y2 | ||
1 | mGy | ||||
2 | mGy | ||||
3 | mGy | ||||
media | mGy |
= ____ mm Al
Accettabile: SI
NO
Altre misure di SEV (Compressore: SI NO)
Anodo/filtro: ______
Materiale compressore: ______
Spessore compressore: ______
Tensione: ______ kV
Carico anodico: ______ mAs
Filtrazione: | 0.0 | ______ | ______ | mm Al | |
Esposizione: | Y0 | Y1 | Y2 | ||
1 | mGy | ||||
2 | mGy | ||||
3 | mGy | ||||
media | mGy |
SEV = ____ mm Al
Accettabile: SI
NO
SEV (condizioni di routine – con compressore)
Anodo/filtro: | ____ | |||||||
Tensione impostata: | ____kV | |||||||
Carico anodico impostato: | ____mAs | |||||||
Filtrazione: | 0.0 | 0.30 | 0.40 | mm Al | ||||
Esposizione: | Y0 | Y1 | Y2 | |||||
1 | mGy | |||||||
2 | mGy | |||||||
3 | mGy | |||||||
media | mGy |
SEV = ____ mm Al
Accettabile: SI
NO
2.1.3 Sistema per il Controllo Automatico dell’Esposizione
Riproducibilità a breve termine
Posizione selettore controllo densità ottica (gradino di annerimento): ____
Esp. n° | kV | mAs | Anodo/filtro | D.O. |
1 | ||||
2 | ||||
3 | ||||
4 | ||||
5 |
Deviazione dal valor medio (= 100 x (max-min) / media) = _______ %
Accettabile: SI
NO
Riproducibilità a lungo termine
E’ consigliabile adattare le schede giornaliere alle esigenze di ciascun centro.
Controllo selettore della densità ottica: valore centrale e incremento tra gradini di annerimento
Densità ottica di routine (inclusi base + velo): _______ DO
Posizione selettore controllo densità ottica (gradino di annerimento)
per esposizioni di routine: _______
per esposizione di riferimento: _______
Gradino annerimento | mAs | D.O | Variazione D.O. |
MIN | |||
-2 step | |||
-1 step | |||
0 | |||
+1 step | |||
+2 step | |||
MAX |
Intervallo dell’intero campo di funzionamento del selettore: ______ DO
Accettabile: SI
NO
Compensazione al variare dello spessore dell’oggetto
Valore selettore controllo densità ottica: ____
Se il mammografo seleziona automaticamente kV e accoppiamento anodo/filtro, trovare per ogni programma automatico di lavoro i limiti (all’accettazione) :
Programma 1: __________
da cm | a cm | kV | Anodo/filtro |
Programma 2: __________
da cm | a cm | kV | Anodo/filtro |
Controllo in modalità automatica
(Riportare nella tabella le DO misurate)
Nome modalità: _____________
Posizione del selettore di controllo della densità ottica: _____
spessore (mm) | anodo/filtro | 24 | 25 | 26 | 27 | 28 | 29 | 30 | 31 | kV |
20 | _______ | _____ | _____ | _____ | ||||||
30 | _______ | _____ | _____ | _____ | _____ | |||||
40 | _______ | _____ | _____ | _____ | _____ | |||||
50 | _______ | _____ | _____ | _____ | _____ | |||||
60 | _______ | _____ | _____ | _____ | _____ | |||||
70 | _______ | _____ | _____ |
Variazione massima: ____ DO
Controllo in modalità semi-automatica:
(Riportare nella tabella le DO misurate)
Posizione del selettore di controllo della densità ottica: ____
spessore (mm) | anodo/filtro | _____ | _____ | _____ | _____ | _____ | _____ | _____ | _____ | kV |
20 | _______ | _____ | _____ | _____ | ||||||
30 | _______ | _____ | _____ | _____ | _____ | |||||
40 | _______ | _____ | _____ | _____ | _____ | |||||
50 | _______ | _____ | _____ | _____ | _____ | |||||
60 | _______ | _____ | _____ | _____ | _____ | |||||
70 | _______ | _____ | _____ |
Variazione massima: ____ DO
Controllo settimanale: è consigliabile adattare le schede alle esigenze di ciascun Centro.
Accettabile: SI
NO
2.1.4 Compressione
Forza di compressione
Forza di compressione indicata: ____ N
Forza di compressione misurata: ____ N
Forza di compressione dopo 30 s: ____ N
Accettabile: SI
NO
Allineamento del piatto di compressione
Innesto del piatto di compressione : in buone condizioni/ non in buone condizioni
Carico simmetrico
Spessore indicato : ______ mm
Altezza del piano di compressione rispetto al potter-bucky a compressione massima:
sinistra | destra | differenza (sin-dx) | ||
Lato capezzolo | mm | |||
Lato parete toracica | mm | |||
Differenza (tor-cap) | mm |
Accettabile: SI
NO
Carico asimmetrico sinistra-destra
Altezza del piano di compressione rispetto al potter-bucky a compressione massima:
sinistra | destra | differenza (sin-dx) | ||
Lato capezzolo | mm | |||
Lato parete toracica | mm | |||
Differenza (tor-cap) | mm |
Accettabile: SI
NO
Carico asimmetrico destra-sinistra
Altezza del piano di compressione rispetto al potter-bucky a compressione massima:
sinistra | destra | differenza (sin-dx) | ||
Lato capezzolo | mm | |||
Lato parete toracica | mm | |||
Differenza (tor-cap) | mm |
Accettabile: SI
NO
Carico asimmetrico torace-capezzolo
Altezza del piano di compressione rispetto al potter-bucky a compressione massima:
sinistra | destra | differenza (sin-dx) | ||
Lato capezzolo | mm | |||
Lato parete toracica | mm | |||
Differenza (tor-cap) | mm |
Accettabile: SI
NO
2.2 Potter-bucky e ricettore d’immagine
2.2.1 Griglia anti diffusione
Fattore griglia
mGy | mAs | Distanza fuoco -rivelatore | ||
Con griglia | ||||
Senza griglia |
Fattore di griglia: _______
Accettabile: SI
NO
Immagine della griglia
Descrizione degli artefatti
_
Accettabile: SI
NO
2.2.2. Schermi di rinforzo e pellicola
Differenze di sensibilità e attenuazione tra le cassette, intervallo di densità ottica
Impostazione CAE: ______
Carico anodico: ______ mAs
18 x 24 cm2 | 24 x 30 cm2 | |||
N° cassetta | DO | N° cassetta | DO | |
1 | ________ | 1 | ________ | |
2 | ________ | 2 | ________ | |
3 | ________ | 3 | ________ | |
4 | ________ | 4 | ________ | |
5 | ________ | 5 | ________ | |
6 | ________ | 6 | ________ | |
7 | ________ | 7 | ________ | |
8 | ________ | 8 | ________ | |
9 | ________ | 9 | ________ | |
10 | ________ | 10 | ________ | |
Valore medio ____ DO Valore medio ____ DO
Max deviazione: ____ DO Max deviazione: ____ DO
Cassetta di riferimento : _____
Accettabile: SI
NO
Contatto schermo pellicola
N° cassetta | Artefatti (SI/NO) | Descrizione degli artefatti |
1 | _______ | ________________________________ |
2 | _______ | ________________________________ |
3 | _______ | ________________________________ |
4 | _______ | ________________________________ |
5 | _______ | ________________________________ |
6 | _______ | ________________________________ |
7 | _______ | ________________________________ |
8 | _______ | ________________________________ |
9 | _______ | ________________________________ |
10 | _______ | ________________________________ |
Accettabile: SI
NO
2.3 Trattamento della pellicola
2.3.1 Condizioni di base delle prestazioni del sistema di trattamento della pellicola
Temperatura
Punto di misura nei liquidi (descrizione): _________________________________________________________________
Sviluppo Fissaggio
Valore di riferimento/nominale: ____ ____
misurato: ____ ____
display: ____ ____
Tempo di trattamento
Tempo tra segnale per inserimento nuova pellicola e pellicola prelevabile: _____ s
2.3.2 Pellicola e sistema di trattamento
Sensitometria - Prestazione quotidiana - Artefatti :
Le schede devono essere personalizzate a seconda delle preferenze del singolo Centro.
Infiltrazioni di luce
Velo (dopo 2 min.) di un film pre-esposto sul banco di lavoro:
punto: 1 2 3 4 5
D0: ____ ____ ____ ____ ____ DO
D1: ____ ____ ____ ____ ____ DO
ΔD = D1- D0: ____ ____ ____ ____ ____ DO
ΔD medio: ____ DO
Accettabile: SI
NO
Posizione delle infiltrazioni di luce nella camera oscura:
- _________________________________________________
- _________________________________________________
Luci inattiniche
Tipo di luce : diretta/indiretta
Altezza : ± ___ metri dal banco di lavoro
Condizioni dei filtri : buone/ insufficienti / assenti / non controllati
Velo (dopo 2 min.) di un film pre-esposto sul banco di lavoro:
punto: 1 2 3 4 5
D0: ____ ____ ____ ____ ____ DO
D1: ____ ____ ____ ____ ____ DO
ΔD = D1- D0: ____ ____ ____ ____ ____ DO
ΔD medio: ____ DO
Accettabile: SI
NO
Cassetto porta-pellicole
Velatura extra dovuta a infiltrazioni di luce nel cassetto: sì/no
Accettabile: SI
NO
Cassette
Le seguenti cassette presentano infiltrazioni di luce:
N. cassetta Posizione infiltrazione
_____ _______________________________
_____ _______________________________
_____ _______________________________
Accettabile: SI
NO
2.4 Condizioni di osservazione
2.4.1 Diafanoscopio
Luminanza
Valore misurato della luminanza (fotometro al centro zona illuminata) : Lcentr____ cd/m²
Omogeneità
Coprire il diafanoscopio con pellicole mammografiche e misurare la luminanza (rimuovendo prima ciascuna pellicola) nella posizione centrale di ogni pellicola.
Posizione 1 2 3 4 C
____ ____ ____ ____ ____
Omogeneità:
[(Lmax - Lmin) / Lcentr ] x 100: ____ %
Accettabile: SI
NO
2.4.2 Luminosità ambientale
Lettura del rivelatore posto a livello del centro del diafanoscopio (diafanoscopio spento): ______ lux
Accettabile: SI
NO
2.5 Proprietà del sistema
2.5.1 Dosimetria
Kerma in aria (Krif) alla superficie d’ingresso del fantoccio standard
Esposizione per densità ottica netta = 1,4 ± 0,1 DO: ____ mGy
Accettabile: SI
NO
Dose ghiandolare media
Kclin = kerma in aria alla superficie d’ingresso per la DO clinica = _____________
DGMstd = dose ghiandolare media
gstd = fattore di conversione (vedi Appendice 3) = _____________
DGMstd = gstd * Kclin = ____________
Accettabile: SI
NO
2.5.2 Qualità dell’immagine
Risoluzione spaziale ad alto contrasto
Posizione del centro della mira:
Altezza dalla superficie del potter-bucky: ____ mm
Distanza dal bordo parete toracica: ____ mm
Distanza dall’asse del tubo: ____ mm
R ⊥ asse tubo | R // asse tubo |
____ lp/mm | ____ lp/mm |
Accettabile: SI
NO
Contrasto dell’immagine
Accettazione:
DOAl | DObg | C | C/Crif | |
Rif (accettazione) | / | |||
settimana 1 | ||||
settimana 2 | ||||
settimana 3 |
Accettabile: SI
NO
Soglia di contrasto
Le schede devono essere personalizzate a seconda del fantoccio e delle preferenze del singolo Centro.
Accettabile: SI
NO
Tempo di applicazione del carico
Modalità CAE per esposizioni di routine: ____
Carico del tubo ottenuto: ____ mAs
Tempo di esposizione: ____ s
Accettabile: SI
NO
[1] Questo è lo spessore di fantoccio corrispondente ad una mammella di spessore medio e composizione per il 50% ghiandolare e per il 50% adiposa. Altri spessori possono venire specificati nel testo.
[2] Il fantoccio standard può anche essere composto di più strati.
[3] PMMA (polimetilmetacrilato) è commercializzato sotto diverse sigle, quali, per es., lucite, plexiglas, perspex.
[4] ≥ 150 x 100 mm2 o semicircolare con un raggio ≥ 100 mm, in grado di coprire spessori da 20 a 70 mm.
[5] Le specifiche della strumentazione elencata vengono fornite nella sezione 4, tab. 2.
[6]∗ vedi Appendice 1
[8]1 Nel caso si possa variare la distanza.
* In condizioni di riferimento.
[9]2 Semestrale: controllo completo. Settimanale: controllo con i soli 3 spessori di fantoccio: 20, 45, 65 mm.
[10]3 A seconda del metodo impiegato.
[11]∗ dopo lo sviluppo questo origina sulla pellicola film una scala di DO che prende il nome di strip sensitometrica