SISTEMI PER LA VISUALIZZAZIONE DI IMMAGINI MEDICHE

PROTOCOLLO PER I CONTROLLI DI QUALITA’

A cura del  Gruppo di Lavoro Radiologia Digitale


Report AIFM

N.9 (2013)

Sistemi per la visualizzazione di immagini mediche – Protocollo per i controlli di qualità

Coordinatore del progetto

Giacomo Belli                U.O.C. Fisica Sanitaria– Azienda USL 8 , Arezzo

Autori

Simone Busoni        S.O.D. Fisica Sanitaria – Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze

Giacomo Belli                U.O.C. Fisica Sanitaria– Azienda USL 8 , Arezzo

Silvia Mazzocchi            U.O. Fisica Sanitaria – Azienda Sanitaria di Firenze, Firenze

Collaboratori         e revisori

Nicoletta Paruccini        Fisica Sanitaria – AO San Gherardo Monza

Simona Farnedi        Fisica Sanitaria – AUSL Ravenna

Paola Colombo         SC Fisica Sanitaria – AO Niguarda Ca' Granda Milano

Christian Fulcheri             S.O.D. Fisica Sanitaria – Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze

A cura del  Gruppo di Lavoro

Radiologia Digitale


 

Premessa        5

1        Introduzione        5

1.1        Campo di applicabilità        5

1.2        Scopo        6

1.3        Contenuto        6

1.4        Riferimenti        8

2        Definizioni        10

2.1        Glossario        10

2.2        Grandezze fotometriche        15

2.2.1        Luminanza        15

2.2.2        Illuminamento        15

2.2.3        Diagramma colorimetrico CIE 1976 UCS        15

2.3        GSDF DICOM        17

2.4        Simboli        21

2.5        Abbreviazioni        22

3        Strumenti ed accessori necessari per i controlli di qualità        23

3.1        Strumentazione        23

3.1.1        Misuratore di luminanza        23

3.1.2        Misuratore di illuminamento        24

3.1.3        Colorimetro        25

3.1.4        Sorgente di illuminamento        25

3.1.5        Varie        25

3.2        Immagini di test        25

3.3        Strumenti software        26

4        Operazioni preliminari e configurazione del sistema di visualizzazione        27

4.1        Operazioni preliminari        27

4.1.1        Prerequisiti specifici per il test di accettazione        27

4.1.2        Posizionamento dei monitor        27

4.1.3        Illuminamento ambientale        27

4.1.4        Misura della luminanza ambientale        29

4.1.5        Pulizia dei dispositivi di visualizzazione        29

4.2        Configurazione del sistema di visualizzazione        30

4.2.1        Impostazione dei valori di luminanza massima e minima        30

4.2.2        Curva di calibrazione        30

5        Valutazioni di base        31

5.1        Valutazione delle riflessioni sullo schermo        33

5.2        Difetti fisici        34

5.3        Valutazione globale delle prestazioni        34

5.4        Risposta di luminanza massima e minima: valutazione quantitativa        36

5.5        Conformità alla GSDF e valutazione della risposta in luminanza        38

5.5.1        Conformità alla GSDF: valutazione quantitativa        38

5.5.2        Conformità alla GSDF: valutazione qualitativa        41

5.5.3        Valutazione visiva della risposta in luminanza: profondità di digitalizzazione        41

5.6        Uniformità della luminanza        42

5.6.1        Valutazione qualitativa        42

5.6.2        Valutazione quantitativa        42

5.7        Rumore del dispositivo di visualizzazione: valutazione qualitativa        44

5.8        Dipendenza della luminanza dall’angolo di visione        45

5.8.1        Valutazione qualitativa        46

5.9        Veiling Glare        48

5.9.1        Valutazione qualitativa        49

5.10        Pixel difettosi        50

5.11        Uniformità della cromaticità del sistema di visualizzazione        53

5.11.1        Valutazione qualitativa        53

5.12        Risoluzione spaziale        54

5.12.1        Valutazione qualitativa        54

6        Valutazioni avanzate        56

6.1        Dipendenza della luminanza dall’angolo di visione: valutazione quantitativa        56

6.2        Veiling Glare: valutazione quantitativa        57

6.3        Rumore del dispositivo di visualizzazione: valutazione quantitativa        59

6.4        Valutazione quantitativa della MTF        60

6.5        Misura della riflettività dello schermo        62

6.5.1        Riflessione speculare: valutazione quantitativa        62

6.5.2        Riflessione diffusa: valutazione quantitativa        63

6.6        Uniformità della cromaticità del sistema di visualizzazione: valutazione quantitativa        66

6.7        Dipendenza angolare della cromaticità del sistema di visualizzazione: valutazione quantitativa        67

6.8        Ulteriori valutazioni        68

6.8.1        Flicker        68

6.8.2        Cross-talk elettronico        69

6.8.3        Velocità di risposta        69

Appendice A        71

Appendice B        75

Riferimenti bibliografici        76


  1. Premessa

Un programma di assicurazione di qualità per le apparecchiature utilizzate in diagnostica per immagini ha, oltre allo scopo di mantenere un elevato livello qualitativo delle immagini cliniche prodotte, anche l’obiettivo di ottimizzare i livelli di dose assorbita dai pazienti in funzione del livello qualitativo ritenuto idoneo dal medico specialista in radiodiagnostica (D.Lgs 187/2000) [1].

Il sistema di visualizzazione, ultimo anello della catena di acquisizione e presentazione dell’immagine medica, ricopre un ruolo importante al pari della modalità di acquisizione e del sistema di trattamento dell’immagine stessa.

Il presente protocollo, redatto considerando le principali fonti tecniche e linee guida attualmente presenti nel panorama internazionale [1][2][3][7] e sulla base dell’esperienza acquisita dal Gruppo di Lavoro sulla Radiologia Digitale dell’Associazione Italiana di Fisica Medica, fornisce gli strumenti per poter effettuare i controlli di qualità su sistemi di visualizzazione delle immagini in ambito diagnostico, sia in fase di accettazione che per prove di stato e di costanza.

  1. Introduzione
  1. Campo di applicabilità

Il presente protocollo si applica ai sistemi di visualizzazione di immagini mediche basati su monitor singoli o multipli. I sistemi di visualizzazione di immagini mediche vengono definiti come sistemi primari se progettati ed utilizzati per scopi di diagnosi e refertazione.

Si consiglia che i sistemi di visualizzazione definiti come sistemi secondari vengano utilizzati solamente per revisione o acquisizione di immagini mediche, senza finalità di refertazione diagnostica.

Per sistema di visualizzazione si intende il complesso composto da:

Per le procedure di controllo descritte in questo documento si deve far riferimento a tale sistema nella sua interezza.

Le prove devono riguardare anche le diverse impostazioni eseguibili in fase di calibrazione.

Il presente protocollo adotta come funzione di calibrazione di riferimento la Grayscale Standard Display Function (GSDF) DICOM (Paragrafo 2.3).

Non vengono esaminati nel presente documento i differenti metodi con i quali il software applicativo di visualizzazione clinica tratta le immagini archiviate con diverse modalità all’interno di un sistema PACS (compressione) o gestisce le tipologie di rappresentazione del contrasto tramite Look-Up Table (LUT, VOI-LUT, P-LUT). Tale separazione permette di tenere sotto controllo gli aspetti propri del solo “sistema di visualizzazione” dalle problematiche di conformità delle immagini nel flusso radiologico.

  1. Scopo

Il protocollo definisce la tipologia di controlli da effettuare sul sistema di visualizzazione in fase di prova di accettazione al fine di valutare i livelli e i requisiti minimi di qualità, nonché i metodi per verificare che i valori di tali parametri permangano, nel tempo, all’interno dei limiti stabiliti. Per alcuni tipi di test vengono descritte valutazioni sia di tipo quantitativo che qualitativo.

Per quanto riguarda le prestazioni dei sistemi di visualizzazione in relazione alle tecnologie costruttive e di conseguenza anche ai valori di tolleranza proposti, così come per le valutazioni più tecniche di alcuni parametri che esulano da quelli indicati per la stesura di un programma di assicurazione della qualità, si rimanda ai documenti tecnico-scientifici già presenti in letteratura [2][3][4][5].

Oggetto dei controlli di qualità sono i sistemi di visualizzazione basati su tecnologia flat-matrix LCD (in futuro LED/OLED ecc.) e sulla tecnologia CRT, con minore attenzione rivolta a questi ultimi vista la loro progressiva e quasi totale sostituzione con le nuove tecnologie a geometria “flat”.

La tipologia di rappresentazione delle immagini riguarda sia immagini monocromatiche in scala di grigi visualizzate su sistemi monocromatici o a colori, che immagini a colori visualizzate su sistemi a colori.

Dove applicabile, vengono proposti i livelli di tolleranza e la periodicità prevista per l’effettuazione delle misure in funzione della tipologia di controllo. Alla luce del diffondersi di strumenti di gestione automatica di alcune tipologie di controlli, vengono definite periodicità più frequenti nel caso che siano utilizzati anche tali tipi di programmi applicativi. Sistemi di gestione remota e automatica di alcuni aspetti dei controlli di qualità rendono possibile la stesura di un programma di garanzia della qualità più accurato a parità di risorse umane disponibili.

  1. Contenuto

All’interno del presente protocollo vengono definite due categorie di prove da effettuare all’interno di un programma di garanzia della qualità. La prima categoria contiene le misure e le valutazioni essenziali per l’implementazione di un protocollo di controlli di qualità e che nello stesso tempo non richiedono strumentazione complessa o misure onerose dal punto di vista dell’impegno temporale. Dove è possibile le valutazioni vengono effettuate in modo qualitativo.

La seconda categoria raccoglie invece delle prove di livello avanzato, facoltative, che integrano quelle di base e possono in alcuni casi sostituirle, ma che richiedono normalmente strumentazione e procedure più complesse.

Fra le prove avanzate sono inserite anche le valutazioni di parametri non direttamente integrabili nel programma di garanzia della qualità ma che possono essere utili in fase di valutazione comparativa di tecnologie o delle prestazioni di un determinato sistema di visualizzazione.

In Sezione 2 è riportato un glossario dei principali termini utilizzati per la valutazione delle caratteristiche e della qualità dei sistemi di visualizzazione, con un paragrafo dedicato alla definizione delle più importanti grandezze fotometriche.

In Sezione 3 viene indicata la strumentazione e il materiale necessario per effettuare le misure e le valutazioni all’interno di un controllo di qualità dei dispositivi di visualizzazione.

In Sezione 4 sono indicate le operazioni preliminari necessarie per l’esecuzione di ciascun tipo di controllo di qualità, quali le modalità di posizionamento dei dispositivi di visualizzazione, la valutazione delle condizioni ambientali di illuminamento, la configurazione e calibrazione dei dispositivi.

In Sezione 5, limitatamente alla prima categoria di prove (gruppo di prove di base, definite in seguito anche di primo livello), sono elencati i parametri da valutare e le grandezze da misurare in funzione delle varie tipologie di controllo di qualità, la periodicità dei controlli, le procedure operative da seguire per la misurazione di ogni parametro, i rispettivi valori di riferimento e le tolleranze.

In Sezione 6 sono riportate analoghe informazioni per le prove avanzate (di secondo livello).

In Appendice A è riportato il diagramma di flusso sintetico per l’esecuzione dei controlli di qualità.

In Appendice B è riportato un modello di registrazione dei dati per agevolare la gestione dei CQ.

Eventuali future emanazioni di norme e protocolli da parte delle istituzioni governative nazionali o di comitati tecnico-scientifici e agenzie internazionali potranno portare alla revisione e aggiornamento delle indicazioni fornite in questo documento.

  1. Riferimenti

Il presente protocollo è stato predisposto basandosi sull’esperienza maturata dal Gruppo di Lavoro di Radiologia Digitale dell’ Associazione Italiana di Fisica Medica e sui contenuti dei seguenti documenti e norme tecniche:

-        IEC 62563-1                                                (2009)

        “ Medical Electrical Equipment – Medical image display systems – Part 1: Evaluation         methods”        

-        IEC 61223-2-5                                         (1994)

“Evaluation and Routine Testing in Medical Imaging Departments – Part 2-5: Constancy Tests - Image Display Devices”

                                

-        ISO 13406-2                                                (2001)

“Ergonomic requirements for work with visual displays based on flat panels - Part 2: Ergonomic requirements for flat panel displays”

-        ISO 11664-1                                                (2007)

        “Colorimetry – Part 1:CIE standard colorimetric observers”

        

-          EUREF                                                (2006)

“European guidelines for quality assurance in breast cancer screening and diagnosis – Fourth Edition”        

        

-        AAPM TG18 on line Report n.3                        (2005)

“Assessment of Display Performance For Medical Imaging Systems”

-        NEMA PS 3.14-2008                                        (2008)

“Digital Imaging and Communications in Medicine (DICOM) Part 14: Grayscale Display Standard Function”

-        DIN V 6868-57                                        (2001)

“Image Quality Assurance in X-Ray Diagnosis Part 57: Acceptance Testing for Image Display Devices”

                        

-        VESA                                                        (2001)

“Flat Panel Display Measurements Standard (FPDM), Version 2.0”         

        

-        JIRA                                                        (2005)

“Quality Assurance (QA) Guideline for Medical Imaging Display Systems”, JESRA X-0093-2005


  1. Definizioni
  1. Glossario

Accuratezza: grado di concordanza fra il risultato di una misura ed il valore di riferimento accettato. Può essere espressa in percentuale o in valore assoluto [6]

Bad Pi        xel: vedere “Pixel difettoso

Brillantezza: luminanza come percepita dal sistema visivo umano. E’ un parametro soggettivo, a differenza della luminanza che è una grandezza fisica

Candela: unità di misura dell’intensità luminosa, definita come la quantità di luce convenzionale (energia nell’unità di tempo) in una determinata direzione dovuta a una sorgente che emette a una lunghezza d’onda λ = 555 nm e la cui intensità energetica sia 1/683 watt/sr

Contrasto in luminanza (CR): rapporto fra la differenza di valori di luminanza L1 e L2 di due aree dello schermo e la media dei valori di luminanza in esame. CR = 2*(L1-L2)/( L1+L2)

Controllo di qualità di accettazione: serie di prove effettuate dopo l’installazione di un nuovo dispositivo o dopo che sono state apportate importanti modifiche ad un dispositivo installato, al fine di verificare la conformità alle specifiche contrattuali [1][7]

Controllo di qualità di stato: serie di prove effettuate per verificare lo stato funzionale di un dispositivo ad un determinato momento, ad esempio dopo la sostituzione di un componente [18]

Controllo di qualità di costanza: serie di prove effettuate per assicurare che le prestazioni funzionali del dispositivo siano conformi ai criteri stabiliti [1]

CRT (cathode ray tube): vedere Tubo a raggi catodici

Curva di risposta fotopica: curva che descrive la sensibilità relativa dell’occhio umano al variare della lunghezza d’onda della radiazione luminosa

Digital Driving Level (DDL): valore digitale fornito come dato in ingresso ad un dispositivo di visualizzazione di immagini. Il DDL viene convertito dal dispositivo di visualizzazione in un valore di luminanza. La mappatura dei DDLs in valori di luminanza fornisce la curva caratteristica del sistema

Digital Level o Digital Value (DL, DV): valore digitale del singolo pixel di una matrice immagine che può essere rielaborato numericamente prima di venire inviato ad un sistema di visualizzazione

Dimensione del pixel: dimensione del lato dell’area attiva del pixel. Tipicamente le dimensioni dei pixel nelle due direzioni ortogonali sono identiche (pixel isotropo)        

Dispositivo di visualizzazione di immagini: dispositivo usato per la visualizzazione di immagini tramite un’interfaccia analogica o digitale. Sinonimo di monitor

Flat Panel: dispositivo di visualizzazione di immagini caratterizzato da uno spessore sottile e una superficie piana (ad esempio Liquid Crystal Display LCD, Organic Light Emitting Display OLED)

Flicker: percezione, da parte dell’osservatore, di una indesiderata fluttuazione nel tempo del valore di luminanza dello schermo (sfarfallio)

Flusso luminoso: grandezza fisica definita come l’energia luminosa emessa da una sorgente nell’unità di tempo. E’ l’equivalente psicofisico del flusso raggiante (Watt), essendo pesato per la curva fotopica di sensibilità relativa dell’occhio umano. La sua unità di misura nel S.I. è il lumen (lm) dove 1 lm = 1 cd*sr

Grandezze fotometriche e radiometriche: Le grandezze fotometriche si definiscono a partire dalle grandezze radiometriche mediante pesatura con la curva di risposta spettrale dell’occhio umano. Ad esempio il flusso raggiante di 1 W @ 555 nm equivale ad un flusso luminoso di 683 lm. La Tabella 2.1 mette a confronto le grandezze fisiche radiometriche con quelle fotometriche

Grandezze radiometriche

Grandezze fotometriche

Energia raggiante (per irraggiamento) [J]

Luce convenzionale                           [lm*s] = [J]

Flusso raggiante    [W]

Flusso luminoso                                 [lm] = [cd * sr]

Intensità energetica = Flusso raggiante nell’angolo solido unitario in una data direzione

[W/sr]

Intensità luminosa = Flusso luminoso emesso nell’angolo solido unitario in una data direzione

[cd]

Radianza = Intensità energetica emessa dall’unità di superficie

[W/(sr * m2)]

Brillanza o Luminanza = Intensità luminosa in una direzione per unità di superficie normale alla direzione stessa      [cd/m2] = [nit] oppure [lambert]

Irradiamento

[W/m2]

Illuminamento = Flusso luminoso per unità di superficie illuminata

[lux] = [cd * sr /m2] = [lm / m2]

Tabella 2.1 Grandezze radiometriche e fotometriche con le loro unità di misura

Grayscale Standard Display Function (GSDF): funzione analitica o tabella di conversione fra DDL e valori di luminanza che si basa sul modello di Barten [8] dell’osservatore umano [9]

Illuminamento: grandezza fisica definita come il flusso luminoso incidente su una superficie per unità di area (unità nel S.I.: lux (lx), 1 lx = 1 lm/m2)

Intensità luminosa: grandezza fisica definita come il rapporto fra flusso luminoso e angolo solido nel quale viene emesso (unità di misura nel S.I.: candela (cd) )

Immagine di riferimento clinica: immagine medica tipica rappresentativa delle immagini per cui è impiegato un sistema di visualizzazione

JND (Just Noticeable Difference): minima differenza di luminanza in un dato dettaglio che, in determinate condizioni di visualizzazione, l’osservatore umano medio riesce a percepire

JND index (indice JND): valore di ingresso alla GSDF, tale che la variazione di una unità dell’indice JND risulta in una differenza di luminanza pari a 1 JND

Livelli di grigio: valori di luminanza di un dispositivo di visualizzazione monocromatico basato su una rappresentazione cromatica di toni di grigio

Luminanza:        rapporto fra l’intensità luminosa irradiata in una data direzione e la proiezione della superficie emittente sull’ortogonale alla direzione stessa (unità di misura nel S.I. cd/m2) .

Valori tipici di luminanza massima per i sistemi di visualizzazione di immagini mediche per refertazione variano tipicamente circa 200 e 1200 cd/m2

Luminosità: percezione soggettiva della luce da parte del sistema visivo umano. La grandezza fisica misurabile che più si avvicina concettualmente alla luminosità è la luminanza

LUT (Look Up Table): tabella che permette di associare ad una determinata combinazione di dati in ingresso dei corrispondenti dati in uscita

Monitor primario o secondario: dispositivo di visualizzazione relativo a un “sistema di visualizzazione primario” o “sistema di visualizzazione secondario”

Pitch: distanza fra i punti centrali di due pixel adiacenti.

Pixel: picture element , la più piccola unità dell’immagine o della matrice LCD che possa essere rappresentata o controllata in modo indipendente (Figura 2.1)

Pixel difettoso: per i monitor LCD, un pixel che permane in uno stato di accensione o spengimento permanente, o la cui luminanza non sia controllabile (intermittente o difettoso), secondo le definizioni della norma ISO 13406-2:2001 [11]

Pixel Value (PV): valore digitale assegnato ad un pixel di visualizzazione

Pixel Size: vedere “dimensione del pixel”

Precisione: grado di convergenza fra i valori ottenuti da più misure indipendenti del medesimo osservabile fisico, in condizioni sperimentali ripetibili [6]

Presentation LUT (Dicom): tabella di corrispondenza che fornisce in uscita dei valori digitali che coincidono con p-Values

 

Presentation Values (P-Values): valori digitali in ingresso ad un “dispositivo di visualizzazione standard” (vedere Par. 2.3 - GSDF DICOM), ovvero ad un sistema che implementa una funzione di luminanza linearizzata a livello percettivo; definizione concettuale che prescinde dalla modalità di realizzazione di tale risposta in un monitor reale (Figura 2.2)

Rapporto di contrasto: rapporto fra le luminanze massima e minima del dispositivo di visualizzazione delle immagini, come percepito dall’osservatore. E’ funzione anche dell’illuminamento ambientale

ROI (Region of interest): una regione specifica dell’immagine o dello schermo

Scheda video o grafica: componente elettronica di un sistema di visualizzazione che assume la funzione di interfaccia digitale-analogica o digitale-digitale fra l’hardware del calcolatore della stazione di refertazione e il dispositivo di visualizzazione. In questi dispositivi sono implementate le LUT per le diverse curve di luminosità e contrasto gestibili direttamente dal software applicativo

Schermo (o Display): superficie di visualizzazione sulla quale la distribuzione di luminanza rappresenta l’immagine

Sistema di visualizzazione di immagini: stazione composta dal dispositivo di visualizzazione di immagini, scheda video, calcolatore con hardware e software relativi alla sola gestione della visualizzazione        

Sistema di visualizzazione di immagini primario: sistema di visualizzazione di immagini progettato ed utilizzato per l’interpretazione diagnostica delle immagini mediche. Talvolta si trova indicato anche come “stazione di visualizzazione diagnostica”

Sistema di visualizzazione di immagini secondario: sistema di visualizzazione di immagini mediche, avente prestazioni e funzionalità inferiori ai sistemi primari, il cui impiego è consigliato solamente per revisione o acquisizione, senza scopi diagnostici, di immagini mediche.

Sorgente Lambertiana: sorgente la cui intensità luminosa varia con il coseno dell’angolo di vista rispetto alla normale alla superficie emittente. In modo equivalente può essere definita come una sorgente la cui luminanza non varia al variare dell’angolo di vista

Stazione o Workstation di visualizzazione di refertazione: Sistema di visualizzazione di immagini completo anche di hardware e software per la gestione e/o per la refertazione di immagini

Sub-pixel: ulteriore suddivisione del pixel in sottoregioni indipendenti di forma non quadrata per la gestione del colore o per l’ottimizzazione della risposta angolare

Tubo a raggi catodici:        componente di un sistema di visualizzazione in cui le immagini sono riprodotte per mezzo di un pennello sottile di elettroni che colpisce uno schermo rivestito di fosfori in una piccola area (“spot”), emettendo radiazione luminosa

Veiling glare:        incremento indesiderato della luminanza in una regione più ampia del pixel dello schermo attivato, dovuto a processi di diffusione interna e laterale della radiazione luminosa.

  1. Grandezze fotometriche

In questo paragrafo vengono trattati aspetti relativi alle grandezze fotometriche quali la luminanza e l’illuminamento con particolare attenzione al loro contributo alle prestazioni dei sistemi di visualizzazione.

Per una trattazione più approfondita delle grandezze fotometriche e colorimetriche si rimanda a testi specifici [2][4]

  1. Luminanza

La luminanza è la grandezza fotometrica definita come il flusso luminoso emesso da una superficie per angolo solido unitario, in una data direzione per unità di area proiettata lungo tale direzione. Nel SI l’unità di misura della luminanza è espressa in cd/m2 [2][4].

Dalla definizione di luminanza si evince che quando una superficie emette una intensità luminosa che varia con il coseno dell’angolo di visione rispetto alla normale alla superficie, la luminanza è costante indipendentemente dall’angolo di visione. Tali sorgenti luminose sono dette Lambertiane.

La misura di luminanza della superficie di visualizzazione di un monitor può essere effettuata a contatto o a distanza. Nel primo caso, con misura effettuata tramite sensori di luminanza esterni o integrati sul monitor, non viene tenuto conto del contributo dell’illuminamento ambientale alla luminanza.

Il contributo di luminanza Lamb , dovuto all’illuminamento ambientale che provoca una riflessione sulla superficie del monitor, deve essere misurato a distanza con il monitor spento.

La luminanza percepita dall’osservatore L’ è legata alla luminanza propria del monitor dalla relazione L’ = L + Lamb

Analoghe considerazioni e relazioni valgono per i valori massimi e minimi di luminanza L’max e L’min .

  1. Illuminamento

E’ la grandezza fotometrica che descrive la quantità di luce visibile che incide su una superficie. La sua unità di misura è il lm/m2, o lux, ed ha quindi le dimensioni di una potenza per unità di superficie.

  1. Diagramma colorimetrico CIE 1976 UCS

Al fine di quantificare numericamente il concetto di colore sono state introdotte una serie di grandezze e parametri che si basano sul meccanismo di risposta dell’occhio umano a stimoli cromatici.

Nel 1931, CIE (Commision International d’Eclairage) introdusse delle funzioni di adattamento al colore dell’occhio umano, che sono i valori di tri-stimolo (connessi alla visione cromatica a coni dell’occhio), in funzione della lunghezza d’onda per uno spettro piatto in energia.

Sempre nel 1931, CIE definì i valori di tri-stimolo XYZ che quantificano la cromaticità di un oggetto in funzione della sua riflettività spettrale R(λ) e dello spettro della sorgente che lo illumina S(λ) (Tabella 2.2).

 

A partire dai valori di tri-stimolo XYZ vengono infine definite 3 coordinate di cromaticità xyz definite come:

               

Nel 1976 la CIE introdusse una nuova rappresentazione delle coordinate di colore su un diagramma bi-dimensionale, chiamato diagramma CIE 1976 UCS. Il diagramma CIE 1976 UCS ha lo scopo di fornire una spaziatura a livello percettivo più uniforme nello spazio delle coordinate di colore per colori che hanno approssimativamente la stessa luminanza. A tal fine vengono definite due nuove coordinate di colore, u’ e v’ in funzione dei valori di tri-stimolo (Tabella 2.3).

  1. GSDF DICOM

La calibrazione di un sistema di sistema di visualizzazione di immagini secondo una funzione standard (Figura 2.2) consente la rappresentazione coerente (“consistent”) di un’immagine su supporti diversi sia per tipologia (monitor per refertazione, proiettori, negativoscopio) che per condizioni ambientali (luce ambiente).

Lo standard DICOM è stato introdotto nel 1984 dalla NEMA e dall’ACR con lo scopo di fornire un riferimento per quanto riguarda la trasmissione e gestione delle immagini medicali in forma digitale.

All’interno di questo progetto è stata definita una funzione standard di visualizzazione di un’immagine in toni di grigio (GSDF Grayscale Standard Display Function) che consente di ottenere una rappresentazione delle immagini basata sul modello di Barten [9] per la visione dei contrasti del sistema occhio-cervello.

Lo scopo della GSDF è di poter visualizzare le immagini mediche su dispositivi diversi in modo da garantire una rappresentazione consistente delle informazioni iconografiche in esse contenute.

La consistenza è ottenuta attraverso una linearizzazione della percezione secondo la quale uguali variazioni nel valore digitale devono produrre analoghi cambiamenti nelle luminanza percepita. Con la GSDF non si ottiene necessariamente la migliore ottimizzazione possibile nella percezione del contrasto delle strutture di interesse per tutte le tipologie di immagini radiologiche, ma si garantisce principalmente un’ottima coerenza relativamente alla visualizzazione delle stesse fra dispostivi diversi.

La GSDF associa ad ogni valore di un indice di “minima differenza di contrasto percepibile” (Just-noticeable-difference o JND) un valore di luminanza percepita dall’osservatore. Tale funzione (di tipo logaritimico) è tabulata e disponibile in forma analitica (Equazione 1) mediante coefficienti precalcolati [9].

(1)

a  = -1.3011877

      b = -2.584019 x 10-2

      c = 8.0242636 x 10-2

        d = -1.0320229 x 10-1

       e = 1.3646699 x 10-1

     f = 2.8745620 x 10-2

       g = -2.5468404 x 10-2

h = -3.1978977 x 10-3

k = 1.2992634 x 10-4

m = 1.3635334 x 10-3

dove j è l’indice del JND considerato, L il corrispondente livello di luminanza, e a,b,c,….m sono i coefficienti che permettono di tabulare la relazione fra L e JND.

La relazione inversa è data dall’equazione (2).

(2)

A = 71.498068

B = 94.593053

C = 41.912053

D = 9.8247004

 E = 0.28175407

 F = -1.1878455

  G = -0.18014349

 H = 0.14710899

  I = -0.017046845

La GSDF si riferisce alla luminanza percepita dall’osservatore, e dunque deve tenere in considerazione il contributo dovuto all’illuminamento ambientale che si traduce in una luminanza diffusa dallo schermo del monitor.

Valgono le seguenti relazioni:

L’max = Lmax +Lamb

L’min = Lmin +Lamb

L’(p) = L(p) +Lamb

dove p è il valore digitale dell’immagine (p-Value).

La GSDF dipende dai valori minimo e massimo di luminanza osservabile.

Una volta misurate L’max e L’min è possibile risalire agli indici JND corrispondenti, Jmax e Jmin

Gli indici dei JND corrispondenti ai valori intermedi di L’(p) devono essere uniformemente spaziati nell’intervallo dei JND e legati linearmente ai p-values attraverso la relazione:

(3)

 

dove ΔP è l’intervallo complessivo dei p-values a disposizione (esempio 256 o 1024 p-values).

Si noti come al valore minimo (zero) di p-value non corrisponda necessariamente il valore più basso di JND ma semplicemente il valore minimo ottenibile, per un dato sistema di visualizzazione, il quale dipende unicamente dal valore minimo di luminanza.

Un altro aspetto da considerare è quello del rapporto fra la risoluzione dei p-values a disposizione (immagini a 8bit-10bit-12bit) e il numero complessivo dei JND disponibili in un dato sistema calibrato. Ad esempio con schede grafiche dotate “on-board” di LUT con profondità di 8bit in ingresso (e relativo software di visualizzazione), non potrà essere sfruttata del tutto la risoluzione di contrasto a disposizione qualora l’intervallo di luminanza sia tale per cui gli indici JND risultino in numero maggiori di 256.

Un esempio di GSDF, calcolata su un intervallo di circa 1000 JNDs, è mostrato in Figura 2.3.

La GSDF può anche essere visualizzata in termini di contrasto osservato  , definito, per ogni intervallo i fra due indici JND consecutivi, come:

 è rappresentato in funzione dell’indice medio di JND.

E’ in termini di risposta in contrasto che viene empiricamente valutata la conformità alla GSDF (Paragrafo 5.5). 

Un esempio della funzione di contrasto in funzione di JND è mostrato in Figura 2.4.

  1. Simboli

Abbreviazione

Relazione con altre grandezze

Definizione

Lamb

luminanza prodotta dalla luce ambiente sullo schermo del monitor, quando il dispositivo di visualizzazione è spento

Lmin

luminanza minima sullo schermo del monitor senza il contributo della luce ambiente

Lmax

luminanza massima sullo schermo del monitor senza il contributo della luce ambiente

L’min

Lmin + Lamb

luminanza minima ottenibile sullo schermo del monitor, con il contributo della luce ambiente e del veiling glare

L’max

Lmax+ Lamb

luminanza massima ottenibile sullo schermo del monitor, con il contributo della luce ambiente e del veiling glare

r’

L’max / L’min

rapporto di contrasto in luminanza del dispositivo di visualizzazione delle immagini

Rd

Coefficiente di riflettività diffusa

Rs

Coefficiente di riflettività speculare

Δu’v’

Differenza fra i valori attesi e quelli misurati delle coordinate di cromaticità definite da CIE 1976 CIELUV

u’,v’

coordinate di cromaticità definite da CIE 1976 CIELUV

                

  1. Abbreviazioni

CIE                Commision International d’Eclairage

CQ                Controllo di qualità

CRT                Cathode Ray Tube

DDL                Digital Driving Level

DL                Digital Level

DICOM        Digital Imaging and Communication in Medicine

GSDF                Grayscale Standard Display Function

JND                Just Noticeable Difference

LCD                Liquid Crystal Display

LED                Light Emitting Diode

LUT                Look Up Table

Lmax                Luminanza massima a contatto del dispositivo di visualizzazione

Lmin                Luminanza minima a contatto del dispositivo di visualizzazione

Lamb                Luminanza ambientale dovuta alle riflessioni dell’illuminamento ambientale

OLED                Organic Light Emitting Diode

PV                Pixel Value


  1. Strumenti ed accessori necessari per i controlli di qualità

Svariate prove delle prestazioni di un sistema di visualizzazione possono essere effettuate in modo qualitativo utilizzando immagini di test, mentre le valutazioni più accurate e oggettive basate su misure quantitative richiedono una strumentazione specifica per la misura di grandezza fotometriche.

  1. Strumentazione
  1. Misuratore di luminanza        

Le misure di luminanza del monitor di visualizzazione, in termini di risposta e uniformità, richiedono un misuratore di luminanza (chiamato talvolta impropriamente fotometro). In commercio esistono due tipologie di strumenti in relazione alle modalità di effettuazione della misura: un tipo idoneo per misure a contatto, in cui il sensore è tenuto vicino alla superficie emissiva del monitor (Figura 3.1-a), e un altro di tipo telescopico per misure a distanza, in cui il sensore punta ortogonalmente alla superficie del monitor da una distanza di circa 1 metro (Figura 3.1-b).

(a) Misura di luminanza a contatto                         (b) Misura di luminanza a distanza

Figura 3.1 Esempio di modalità di misura della luminanza

Alcuni strumenti consentono di effettuare la misura di luminanza in entrambe le modalità, oltre ad essere solitamente progettati anche per misure di illuminamento (fotometri) (Paragrafo 2.2.2).

Per valutare riflettività, veiling glare e risposta angolare è necessario effettuare misure di luminanza a distanza.

Al fine di mantenere una consistenza fra le misure effettuate in condizioni ambientali diverse e su monitor diversi, particolare attenzione deve essere posta nello schermare la luce ambiente; per i sensori a contatto viene applicato un disco opaco intorno all’area sensibile, per le misure a distanza viene utilizzato un cono collimatore.

Il misuratore di luminanza deve coprire l’intervallo di luminanza del sistema di visualizzazione ed è consigliabile comunque almeno fra 0.05 e 1000 cd/m2, con una precisione almeno pari al 5% e un’accuratezza del 10% [7][3] (Si sottolinea come il report n.3 del Task Group 18 dell’AAPM [2] suggerisca una precisione di almeno l’1% e un’accuratezza del 5%). Inoltre deve essere sottoposto a taratura periodica, in accordo con le specifiche fornite dal produttore, e la taratura deve essere riferibile ad uno standard di misura primario.

L’angolo di apertura non deve superare i 5° per misure a contatto, mentre per misure telescopiche l’angolo di accettazione dovrebbe essere inferiore ad 1° per una focalizzazione all’infinito [2]. Il misuratore di luminanza dovrebbe essere in accordo entro il 3%  con la risposta spettrale fotopica standard CIE (CIE S 010/E:2004)  [2][7].

Quando uno strumento per misure a contatto viene utilizzato per misure di luminanza assoluta su dispositivi con una distribuzione non-Lambertiana di luce (ad esempio LCD), l’angolo di apertura deve essere tenuto in considerazione, e devono essere applicati dei fattori correttivi se non già previsti dallo strumento.

Alcuni monitor sono dotati di sensori di luminanza integrati, che devono soddisfare le prestazioni citate in questo paragrafo. Nel caso di utilizzo dei sensori integrati per i controlli di qualità e le calibrazioni automatiche dei sistemi di visualizzazione, si ritiene comunque necessario che vengano effettuate periodicamente delle misure indipendenti di luminanza con un sensore esterno, vista la difficoltà o l’impossibilità da parte dell’utilizzatore ad effettuare tarature periodiche sui sensori integrati.

  1. Misuratore di illuminamento

Per la misura delle condizioni di illuminamento ambientale e per il contributo delle riflessioni è richiesto un sensore di illuminamento, che potrebbe essere lo stesso strumento per la misura della luminanza dotato anche della funzionalità di fotometro.

Il misuratore di illuminamento deve coprire un intervallo fra 1 e 1000 lux, con precisione almeno pari al 5% e una accuratezza almeno del 10% e dovrebbe essere in accordo con la risposta spettrale fotopica standard CIE entro il 3%  [2][7]. (Si sottolinea come il report n.3 del Task Group 18 dell’AAPM [2] suggerisca un’accuratezza del 5% come valore ottimale). La risposta angolare deve seguire un andamento cosinusoidale su 2π sr (risposta Lambertiana) con una accuratezza del 5% entro 50° dalla direzione centrale [2].

Il sensore di illuminamento deve essere sottoposto a taratura periodica, in accordo con le specifiche fornite dal produttore, se previste. La taratura deve essere riferibile ad uno standard di misura primario.

  1. Colorimetro

La valutazione quantitativa della cromaticità richiede l’utilizzo di un colorimetro conforme alle specifiche CIE (CIE 1976) per le coordinate di colore. Le modalità di misura possono essere anche in questo caso a contatto o a distanza. Il colorimetro dovrebbe avere una taratura riferibile ad uno standard di misura primario ed essere capace di valutare le coordinate di colore CIE con una accuratezza migliore di 0.004 nello spazio u’,v’ (0.007 nello spazio x,y) in un intervallo di luminanza compreso fra 1 e 1000 cd/m2 [7][2].

  1. Sorgente di illuminamento

Al fine di misurare la corretta risposta dell’eventuale sensore di illuminamento ambientale integrato sui monitor è utile avere a disposizione una sorgente di luce diffusa con intensità variabile tramite potenziometro. A tale scopo può essere utilizzato anche un diafanoscopio portatile. La stessa sorgente può essere impiegata per la misura del coefficiente di riflettività dello schermo.

  1. Varie

Ulteriori strumenti utili per l’esecuzione dei controlli di qualità sono:

  1. Immagini di test

Le immagini di test necessarie per l’esecuzione delle misure e valutazioni previste dal presente protocollo sono un sottoinsieme di quelle prodotte dal gruppo di lavoro TG18 dell’AAPM [2] e liberamente scaricabili dal relativo sito internet[1].

Per la valutazione dei bad pixel è utile avere a disposizione immagini di test che producano la massima e minima luminanza sull’intera superficie dello schermo, non presenti all’interno del pacchetto AAPM TG18.

Le immagini di prova dovrebbero essere memorizzate sulle stazioni di lavoro in modo da essere disponibili per successivi test di costanza.

Le immagini devono essere visualizzate utilizzando preferibilmente l’applicativo impiegato durante il processo diagnostico e comunque un software che non applichi ulteriori funzioni di post-processing.

Inoltre in molti casi è necessario avere una relazione diretta uno a uno (zoom uguale a 1) fra i pixel dell’immagine e quelli del dispositivo di visualizzazione. Le immagini del pacchetto AAPM, fornite nella duplice versione DICOM e TIFF 16 bit, devono essere visualizzate con Window Width (WW) pari a 4096 e Window Level (WL) pari a 2048, ad eccezione delle immagini TG18-PQC, TG18-LN e TG18-AFC per le quali si deve impostare WW=4080 e WL=2040.

Per il set di immagini DICOM e TIFF a 8 bit deve essere impostata WW=256 e WL=128 ad eccezione delle immagini TG18-PQC, TG18-LN e TG18-AFC per le quali si deve impostare WW=255 e WL=127.

 

  1. Strumenti software

Gli applicativi di base di cui deve essere dotata la stazione di refertazione sono quelli che permettono la configurazione e calibrazione del sistema di visualizzazione e, se disponibile, la gestione dei controlli di qualità in tutte le sue forme (locale, remota, automatica).

Può essere utile disporre, oltre all’applicativo utilizzato in fase di refertazione, anche di un software indipendente per la visualizzazione di immagini test[2], in particolare immagini conformi allo standard DICOM.

Per la registrazione dei risultati dei controlli di qualità è consigliato l’ utilizzo di un foglio di calcolo.


  1. Operazioni preliminari e configurazione del sistema di visualizzazione

Prima di procedere ad effettuare un controllo di qualità è necessario effettuare una serie di operazioni preliminari riguardanti il corretto posizionamento e configurazione dei dispositivi di visualizzazione e la registrazione e conservazione delle misure effettuate.

  1. Operazioni preliminari
  1. Prerequisiti specifici per il test di accettazione

In fase di controllo di qualità di accettazione, devono essere confrontate le specifiche tecniche del sistema di visualizzazione rispetto a quelle indicate nel capitolato di acquisizione; inoltre è opportuno registrare le specifiche sia gestionali che tecniche dei monitor, quali: produttore, modello e numeri di serie dei monitor, data di produzione, localizzazione all’interno della struttura sanitaria, modello di scheda grafica associata, dimensioni matrice, dimensioni del pixel, luminanza minima e massima, software di gestione del sistema di visualizzazione, immagini di prova disponibili sul sistema.

E’ consigliato conservare i manuali ed i software sia per quanto riguarda la visualizzazione delle immagini cliniche che per l’esecuzione dei controlli di qualità.

Devono essere annotati i sensori di grandezze fotometriche forniti o utilizzati.

  1. Posizionamento dei monitor

I monitor di refertazione devono essere posizionati in modo da evitare riflessioni da parte di ogni tipo di sorgente (lampade a soffitto o a parete, diafanoscopi, finestre, altri sistemi di visualizzazione). Metodi per prevenire o ridurre le riflessioni sono descritti negli standard ISO 13406-1 [10] e 13406-2 [11].

Alcuni sistemi di visualizzazione, quali ad esempio quelli basati su tecnologia CRT, sono alterati da campi magnetici e pertanto non devono essere posizionati in zone con elevato campo magnetico a meno di non essere adeguatamente schermati.

I display devono essere posizionati ergonomicamente per evitare affaticamento del collo e della schiena, con il punto di lettura localizzato leggermente sotto il livello dell’occhio.

  1. Illuminamento ambientale

L’illuminamento ambientale influenza o altera la capacità diagnostica di un sistema di visualizzazione in quanto è responsabile di eventuali riflessioni (sia di tipo speculare che diffuso) che possono compromettere o ridurre l’efficienza diagnostica del dispositivo.

In particolare la sala di refertazione dovrebbe essere illuminata solo da luci diffuse e orientate in modo da impedire riflessioni dirette da parte degli schermi.  

Mentre la componente speculare è sempre fonte di artefatti, la componente diffusa della luce deve essere comunque tenuta in conto in fase di calibrazione in quanto incide sulla curva di calibrazione standard GSDF.

La presenza di artefatti dovuti alle riflessioni da parte della superficie dello schermo dipende dal livello di illuminamento ambientale oltre che dalle caratteristiche dello schermo (trattamento antiriflesso, luminanza massima impostata). La valutazione delle riflessioni, descritte nel paragrafo 5.1 di questo documento, permette di stabilire il livello massimo suggerito di illuminamento ambientale per un dato dispositivo di visualizzazione delle immagini, a seconda delle caratteristiche di riflessione e luminanza massima dello schermo.

In Tabella 4.1 sono riportati valori tipici di illuminamento misurati sulla superficie dei dispositivi di visualizzazione per varie tipologie di sale di refertazione o ambienti di lavoro:

L’illuminamento ambientale di una sala di refertazione deve essere regolabile in intensità in funzione della tipologia di refertazione che si vuole effettuare. Durante i controlli di qualità l’illuminamento ambientale deve essere impostato al livello normalmente usato durante la pratica diagnostica. L’illuminamento ambientale deve essere misurato con un fotometro calibrato e, se presente, con il sensore integrato sul dispositivo di visualizzazione. Tale valore deve essere registrato sulla relazione del controllo di qualità.

I livelli di illuminamento ambientale devono essere misurati in un punto di riferimento al centro dello schermo, con il sensore orientato verso la sala di refertazione, ed è opportuno annotare la posizione e orientamento del monitor al momento della prova così da poter riprodurre in futuro le condizioni di test  (Tabella 4.2).

Per sistemi di visualizzazione mammografici primari, l’illuminamento ambientale dovrebbe essere inferiore a 10 lux [3].

  1. Misura della luminanza ambientale

La valutazione del contributo dell’illuminamento ambientale alla luminanza, detto in seguito luminanza ambientale Lamb , può essere effettuata in due modi: in modo indiretto conoscendo le caratteristiche di riflettività della superficie del monitor e misurando l’illuminamento su di essa, e in modo diretto misurando a distanza la luminanza dovuta alle riflessioni della luce ambientale sulla superficie del monitor quando quest’ultimo è spento. Per le modalità di misura indiretta di Lamb si rimanda agli specifici capitoli nelle pubblicazioni [2][4].

Alcuni modelli di sistemi di visualizzazione effettuano la calibrazione dei dispositivi di visualizzazione sulla base di un valore stimato di Lamb a partire dalle condizioni di illuminamento ambientale dichiarate dall’utilizzatore.

  1. Pulizia dei dispositivi di visualizzazione

Lo schermo deve essere pulito, in accordo con le istruzioni fornite dal costruttore, prima di procedere con le misure e valutazioni sulla qualità del dispositivo di visualizzazione. In mancanza di indicazioni è comunque sempre opportuno pulire la superficie con un panno morbido inumidito con acqua senza altre sostanze detergenti.

  1. Configurazione del sistema di visualizzazione

Prima di poter valutare le prestazioni del sistema di visualizzazione di immagini, i monitor devono essere correttamente configurati in termini di valori di luminanza massima e minima e curva di calibrazione prescelta.

Il sistema di visualizzazione deve essere in funzione (non in stand-by) dal tempo previsto dal costruttore (ad esempio almeno 30’ ) prima di procedere con l’eventuale calibrazione e con le misure previste dai controlli di qualità.

  1. Impostazione dei valori di luminanza massima e minima        

I valori di luminanza massima Lmax e minima Lmin devono essere impostati in funzione dei livelli richiesti di luminanza e del rapporto di contrasto in luminanza r’ desiderato. Quest’ ultimo dipende dalle caratteristiche del sistema e dall’illuminamento ambientale.

La luminanza massima Lmax deve essere impostata ad un valore, inferiore a quello massimo utilizzabile, per il quale il produttore assicuri la possibilità di effettuare la calibrazione secondo lo standard DICOM. Il valore impostato risulta da un compromesso fra il valore massimo utilizzabile e la durata del sistema di retroilluminazione e la risoluzione. Lmax incide, oltre che sulla calibrazione della curva GSDF, anche sul rapporto di luminanza massimo ottenibile.

Il valore di Lmin deve essere impostato al valore minimo possibile, tenendo in considerazione anche la luminanza ambientale: come regola generale Lmin dovrebbe almeno essere maggiore di 1.5*Lamb. Come obiettivo di qualità dovrebbe risultare Lamb ≤ 0.25 Lmin (o Lamb ≤ 0.20 L’min) (vedere anche paragrafo 6.5.2).

Alcuni tipologie di sistemi di configurazione dei monitor impostano in modo automatico Lmin ad un valore ottimale, derivato dalle caratteristiche costruttive del monitor e non modificabile dall’utente. Si consideri inoltre la dipendenza dell’intervallo di luminosità dalla tecnologia: ad esempio la Lmin nei monitor CRT è più bassa rispetto alla tecnologia LCD mentre vale il contrario per la Lmax.

  1. Curva di calibrazione

Il presente protocollo adotta la GSDF come curva di calibrazione da applicarsi al sistema di visualizzazione. Tale impostazione è necessaria per almeno la tipologia di test sulla GSDF [2][3][7].


  1. Valutazioni di base

In questa sezione sono descritte le prove di base da effettuare per la valutazione dei dispositivi di visualizzazione durante i controlli di qualità. L’ordine di esecuzione non è importante una volta effettuate le operazioni preliminari. Le tipologie di test da effettuare sono in ogni caso legate al programma di assicurazione di qualità predisposto dall’ Esperto in Fisica Medica e possono non includere alcuni test o introdurne dei nuovi anche in funzione della tecnologia del dispositivo di visualizzazione.

La Tabella 5.1 mostra un elenco delle diverse prove con indicazione della tipologia di valutazione (visiva o quantitativa) e del materiale e strumentazione necessari per effettuarle. Tutte le prove visive devono essere eseguite in condizioni e distanze tipiche di lavoro dell’operatore, a meno che non sia espressamente dichiarato in modo diverso.

La Tabella 5.2 riporta l’insieme minimo delle prove da effettuarsi in funzione del tipo di controllo di qualità (CQ di accettazione, CQ di stato, CQ di costanza), e la loro frequenza per quanto riguarda i soli controlli di qualità di Costanza. In base alle caratteristiche tecniche di ogni singolo sistema, al carico di lavoro e ai risultati dei controlli di costanza, nei controlli di stato potranno essere sottoposti a verifica tutti o solo una parte dei parametri riportati, sufficienti comunque a formulare un motivato giudizio di merito.

Nei paragrafi successivi sono riportate indicazioni su come effettuare le prove e i valori di tolleranza ove applicabili.

Nel caso di utilizzo di sistemi automatici di controllo di qualità, è auspicabile che le frequenze dei controlli relativi a Lmax, Lmin e GSDF siano maggiori, così da rispondere ad un obiettivo di monitoraggio continuo senza con questo richiedere l’impiego di risorse umane se non nella fase di valutazione di eventuali problemi. In presenza di tali sistemi si suggerisce un controllo quotidiano per la verifica del valore di Lmax e Lmin , e mensile per la verifica della conformità alla GSDF.

Ulteriori misure e valutazioni relative a prove avanzate (di II livello) delle prestazioni dei dispositivi di visualizzazione sono descritte nella Sezione 6. Fra queste prove rientrano la misura del rumore, della MTF, della cromaticità.

  1. Valutazione delle riflessioni sullo schermo

La presenza di sorgenti luminose all’interno dei locali di refertazione o di impiego dei dispositivi di visualizzazione può creare riflessioni speculari e diffusive sullo schermo, che riducono il contrasto dell’immagine e compromettono la ottimale rappresentazione dell’immagine.

Da un punto di vista quantitativo la conoscenza o la misura del coefficiente di riflessione dello schermo permetterebbe il calcolo del massimo illuminamento ambientale consentito sullo schermo per garantire una certa soglia di contrasto minima.

Anche senza dover ricorrere a strumentazione e procedure complesse è comunque possibile valutare l’effetto della luce ambiente sulla superficie del monitor utilizzando l’immagine di prova TG18-AD (Figura 5.1).

Riflessione speculare: valutazione visiva

  1. Impostare il livello di illuminamento ambientale in condizioni simili a quelle di utilizzo del dispositivo di visualizzazione.
  2. Portare il dispositivo di visualizzazione in uno stato di risparmio energetico o spengerlo.
  3. Posizionarsi ad una distanza compresa fra i 30-60 cm
  4. La comparsa di immagini riflesse dallo schermo provenienti da sorgenti luminose implica la non appropriata posizione dello schermo nella stanza.
  5. La comparsa di immagini riflesse dallo schermo provenienti da oggetti altamente riflettenti come badge di identificazione, camici o magliette o mura bianche, è un indice che l’illuminamento della stanza deve essere ridotto.

Riflessione diffusa: valutazione visiva

  1. Visualizzare l’immagine di test TG18-AD (Figura 5.1)
  2. Valutare la soglia di visibilità degli oggetti a basso contrasto presenti nel test pattern sopra indicato. Il livello di soglia di contrasto deve essere valutato in condizioni di illuminazione normale della stanza e in condizioni di quasi oscurità. La condizione di quasi oscurità può essere raggiunta attraverso l’utilizzo di un panno nero sopra il monitor in esame. La soglia di visibilità degli oggetti a basso contrasto in condizioni di quasi oscurità non deve essere diversa da quella in condizioni operative, altrimenti l’illuminamento ambientale sta causando un’eccessiva perdita di contrasto e deve essere ridotto.
  1. Difetti fisici

Lo schermo dei monitor può presentare dei difetti fisici originari (micro bolle, fessurazioni) o creatisi durante l’uso (graffi e abrasioni, opacizzazioni). A questi si aggiungono eventuali difetti dovuti al degradamento delle prestazioni dei fosfori nei sistemi CRT, ad esempio nel caso di mancato utilizzo di salvaschermo. Tali difetti possono essere valutati ispezionando lo schermo quando è visualizzata un’immagine di test uniforme TG18-UN80 (Figura 5.16).

  1. Valutazione globale delle prestazioni

Una valutazione preliminare delle prestazioni del sistema di visualizzazione può essere effettuata visualizzando una sola immagine di test (TG18-QC, Figura 5.2) (in Tabella 5.3 sono riportate periodicità e riferimenti). Questa immagine infatti è un fantoccio multi-funzione che consente di valutare:

L’immagine di test deve essere visualizzata a schermo intero.

Per quanto riguarda la valutazione della risoluzione spaziale si rimanda al Paragrafo 5.12.

        

La struttura dell’immagine di test dovrebbe apparire senza significative distorsioni geometriche e in modo tale da far apparire la griglia a celle quadrate. Le linee dovrebbero apparire senza nessun tipo di curvatura ed equispaziate.

Per quanto riguarda la corretta calibrazione e impostazione dell’illuminamento ambientale si deve verificare la visibilità distinta dei 16 livelli di luminanza presenti nella cornice centrale del test pattern (elementi indicati con (a) in figura 5.2) e che siano visibili i dettagli a basso contrasto nelle celle ai lati della scritta con il tipo dell’immagine di test (elementi indicati con (b) in figura 5.2). Registrare anche il numero di caratteri a basso contrasto che risultano visibili nei tre riquadri (a sfondo nero, grigio e bianco) nella zona inferiore dell’immagine di test (elementi indicati con (c) in figura 5.2).

Per quanto riguarda la profondità in livelli di grigio rappresentabili dal sistema verificare la continuità delle barre di luminanza variabile dal nero verso il il bianco presenti alla destra (dall’alto verso il basso) ed alla sinistra del test pattern (variabile da nero a bianco dal basso verso l’alto).

La misura della distorsione geometrica consiste nel misurare con un metro flessibile le due dimensioni del quadrato centrale che racchiude le ROI a differente luminanza e dei quattro quadranti evidenziati nello schema a destra in figura 5.2. Gli scarti percentuali fra le due dimensioni non devo essere superiori al 2% per i monitor primari e al 5% per i monitor secondari (Tabella 5.4).

  1. Risposta di luminanza massima e minima: valutazione quantitativa

I valori Lmax e Lmin devono essere misurati con un sensore di luminanza a contatto o a distanza, dove nel secondo caso si tiene si tiene automaticamente conto del contributo dell’illuminamento ambientale. In Tabella 5.5 sono riportati i limiti di accettabilità, la frequenza, i materiali e i riferimenti per la misura della risposta in luminanza.

Valgono le seguenti relazioni:

L’max = Lmax +Lamb

L’min = Lmin +Lamb

r’     = L’max / L’min        con r’ rapporto di luminanza

Come obiettivo di qualità dovrebbe risultare Lamb ≤ 0.25 Lmin (o Lamb ≤ 0.20 L’min) (vedere anche paragrafo 6.5.2).

L’immagine test da utilizzare per la misura di Lmax è il TG18-LN-18, la cui versione ad esempio a 12 bit ha una ROI centrale con DV pari a 4080 (WC = 2040 e WW = 4080), o TG18-GQB che ha una ROI centrale con il massimo valore digitale possibile pari a 4095 per la versione a 12 bit (WC = 2048 e WW = 4096). L’immagine test da utilizzare per la misura di Lmin è il TG18-LN12-01 che ha una ROI centrale con il minimo valore digitale possibile (pari a 0).

I valori di luminanza devono essere confrontati con quanto impostato in fase di calibrazione (con l’eventuale contributo di Lamb se del caso) e con quanto dichiarato dal sensore di luminanza integrato se presente.

In Figura 5.3 sono riportate le immagini di test da utilizzare per la misura di Lmax e Lmin

  1. Conformità alla GSDF e valutazione della risposta in luminanza

La verifica della conformità alla curva GSDF viene effettuata dopo che i valori di Lmax e Lmin sono stati impostati e verificati e il sistema di visualizzazione è stato calibrato secondo lo standard DICOM [1][6][9].

  1. Conformità alla GSDF: valutazione quantitativa

Il test viene eseguito misurando i valori di luminanza L’(p) = L(p)+Lamb prodotti da un insieme di immagini di test con valori noti e proporzionalmente crescenti di presentation value (p-values).

La luminanza deve essere misurata al centro delle immagini, visualizzate a schermo intero, del subset TG18-LN12 da 0 a 18 per la classe a 12 bit e TG18-LN8 da 0 a 18 per la classe a 8 bit (Figura 5.4).

In caso di misura con sensore di luminanza a contatto, Lamb deve essere misurata o stimata in modo indipendente.

A partire dalla definizione di GSDF e dai valori di L’max e L’min si devono calcolare gli indici JND corrispondenti Jmax e Jmin e per ogni p-value Pi delle immagini di test il corrispondente JND Ji . Gli indici dei JND corrispondenti ai valori intermedi di L’(p) devono essere uniformemente spaziati nell’intervallo dei JND e legati linearmente ai valori di p attraverso la relazione:

dove ΔP è l’intervallo dei p-values (ad esempio 256 o 4096 p-values) e i = 0,...,18.

Dai singoli Ji si risale infine al valore di luminanza atteso [6].

La valutazione della conformità alla GSDF viene effettuata in termini di risposta in contrasto  :

in funzione del valor medio di due indici JND i consecutivi (Figura. 5.6).

Viene definito un indice di scarto massimo .

Per ogni valore misurato il valore assoluto dello scarto fra il valore di contrasto misurato  e quello atteso deve essere inferiore al 15%. In Tabella 5.6 sono riportati i limiti di accettabilità, la frequenza, i materiali e i riferimenti per la misura di conformità alla GSDF.

  1. Conformità alla GSDF: valutazione qualitativa

Il sistema visivo umano percepisce la luminanza in modo non-lineare. Idealmente la rappresentazione dei valori digitali di un’immagine su un sistema di visualizzazione, in termini di valori di luminanza, dovrebbe seguire questa non-linearità in modo tale che a parità di incremento del valore digitale dell’informazione contenuta nell’immagine siano percepiti uguali incrementi di contrasto. La risposta secondo la GSDF serve appunto a linearizzare tale risposta percettiva.

La valutazione qualitativa della conformità alla GSDF può essere effettuata utilizzando l’ immagine di test TG18-CT (Figura 5.7), che deve essere analizzata da una distanza di 30 cm.

Tale test ovviamente non permette di valutare in senso stretto la conformità alla GSDF, ma soltanto se viene sempre percepito dall’osservatore un contrasto in presenza di una variazione di P-value che corrisponde ad una variazione di JND.

Dopo aver visualizzato l’immagine di prova TG18-CT, bisogna assicurarsi della completa visibilità delle mezze lune al centro di ognuno dei 16 quadrati a diversa luminanza, e dei quattro particolari a basso contrasto presenti agli angoli di ogni quadrato.

  1. Valutazione visiva della risposta in luminanza: profondità di digitalizzazione

L’ immagine TG18-MP (Figura 5.7), che deve essere analizzata da una distanza di 30 cm, permette di verificare la profondità di bit del sistema di visualizzazione (scheda grafica, software di gestione della presentazione dell’immagine, monitor).

Nel caso dell’immagine di prova TG18-MP bisogna accertarsi che la variazione di contrasto percepito all’interno di ciascuna delle 16 colonne verticali avvenga al massimo con un passo pari a quello indicato dai marker più lunghi (8 bit).

  1. Uniformità della luminanza

L’uniformità della luminanza viene valutata misurando la massima variazione della luminanza quando un’immagine di prova uniforme è visualizzata sullo schermo. Poiché il sistema visivo umano non è molto sensibile alle basse frequenze spaziali (inferiori a 1 cm-1) una graduale disomogeneità che si estende attraverso tutta la superficie del monitor non comporta problemi diagnostici a meno che non sia eccessivamente pronunciata. Disomogeneità a scala inferiore sono più significative e non dovrebbero essere visibili quando viene guardata un’immagine di test uniforme.

Questo test si riferisce alla valutazione della uniformità a grande scala spaziale, su ROI delle dimensioni dell’ordine dei centimetri, mentre la valutazione su scale spaziali inferiori al centimetro rientra nel test di valutazione dei difetti fisici (Paragrafo 5.2) e del rumore (Paragrafo 5.7).

  1. Valutazione qualitativa

La valutazione qualitativa consiste nel visualizzare le immagini di test TG18-UN10 (PV pari al 10% del valore massimo) e TG18-UN80 (PV pari al 80% del valore massimo) e verificare, da una distanza di circa 30 cm, che non siano visibili evidenti disomogeneità di luminanza su dimensioni spaziali dell’ordine del centimetro o superiori.

L’analisi deve essere effettuata partendo dal centro verso la periferia dello schermo.

  1. Valutazione quantitativa

Viene misurata la luminanza in corrispondenza di una ROI centrale e delle 4 ROI laterali delle immagini di test TG18-UNL10 e TG18-UNL80 (Figura 5.8). Per ciascun insieme di 5 misure si considerano i valori di luminanza massima (LMAX) e minima (LMIN) ottenuti.

L’indice percentuale D che esprime la disomogeneità della luminanza, a grande scala spaziale, è calcolato per ogni monitor come la differenza fra i valori massimi e minimi di luminanza diviso la loro media:

In Tabella 5.8 sono riportati i limiti di accettabilità, la frequenza, i materiali e i riferimenti per la misura della uniformità della luminanza.


  1. Rumore del dispositivo di visualizzazione: valutazione qualitativa

La rivelabilità di dettagli piccoli o a basso contrasto dipende non solo dalla loro dimensione e contrasto e dal rumore intrinseco dell’immagine digitale, ma anche dal rumore introdotto dal sistema di visualizzazione. Per gli scopi di questo protocollo il rumore è definito come ogni fluttuazione di luminanza indesiderata che possa influire sulla rivelazione del segnale originario e che avvenga su scale spaziali inferiori al centimetro.

Il protocollo prevede di effettuare solo una valutazione qualitativa del rumore del sistema di visualizzazione in fase di controllo di qualità di accettazione o di stato.

La valutazione qualitativa del rumore spaziale di un monitor viene effettuata per mezzo dell’immagine di test TG18-AFC (Figura 5.9) andando a cercare i dettagli con minime differenze di luminanza percepibili in funzione delle loro dimensioni, da una distanza di 30 cm. L’immagine di test è divisa in quattro quadranti e contiene 5 ROI più piccole ai vertici e al centro.

I dettagli sono posizionati in maniera non riproducibile nei quattro angoli dei riquadri in ciascun quadrante per cui la valutazione si basa su un tipico esperimento di percezione a quattro possibilità. Nelle ROI ai quattro vertici dell’immagine i 16 dettagli a contrasto variabile sono invece disposti in modo regolare.

Per monitor primari devono essere visibili tutti i dettagli in tre quadranti ad eccezioni di quello con i dettagli più piccoli e devono essere visibili almeno 15 dei 16 dettagli nelle ROI ai quattro vertici. Per monitor secondari devono essere visibili tutti i dettagli nei due quadranti in basso.

In Tabella 5.9 sono riportati i limiti di accettabilità, la frequenza, i materiali e i riferimenti per la valutazione del rumore del dispositivo di visualizzazione.

  1. Dipendenza della luminanza dall’angolo di visione

Scopo del test è valutare l’influenza dell’angolo di visualizzazione sul contrasto in luminanza, per diverse luminanze di sfondo. Tale test è opportuno per superfici con emissione non-Lambertiana (esempio LCD), mentre è meno utile per superfici con emissione Lambertiana (esempio CRT). I dispositivi di visualizzazione, per le loro caratteristiche costruttive, presentano una luminanza, un contrasto e una cromaticità, che dipendono dall’angolo di visione, ovvero in funzione della direzione di visione rispetto alla normale della superficie emissiva (angolo lungo la direzione orizzontale o verticale) [2]. Un esempio di variazione del rapporto di contrasto con l’angolo di visione è riportato in Figura 5.10.

        

  1. Valutazione qualitativa

L’immagine di test  da visualizzare ed analizzare da una distanza di 30 cm è il TG18-CT (Figura 5.11). La procedura operativa consiste nel misurare l’apertura angolare del cono, a partire dalla normale allo schermo centrata su un dettaglio, oltre la quale uno qualsiasi dei dettagli a basso contrasto al centro dei quadrati diventa invisibile.

L’angolo di vista massimo che consente la visione di tutti i dettagli attraverso la valutazione visiva del test pattern TG18-CT deve coincidere con quanto riportato dal costruttore del dispositivo di visualizzazione.

In Tabella 5.10 sono riportati i limiti di accettabilità, la frequenza, i materiali e i riferimenti per la valutazione della dipendenza della luminanza dall’angolo di visione.

NOTA:

IEC propone un’immagine di test (denominata ANG) da visualizzare ed analizzare da una distanza di 30 cm per la valutazione dell’effetto dell’angolo di visione all’interno della superficie emissiva. L’osservatore deve posizionarsi in modo da avere una direzione di vista ortogonale rispetto alla superficie del monitor e con visione centrata su di esso. Il test consiste nel misurare il rapporto fra gli spicchi visibili in ciascun cerchio periferico rispetto a quelli visibili nel cerchio al centro. La misura non permette un confronto diretto sulla valutazione dell’angolo di visione con quanto riportato dal costruttore, ma solo l’effetto dell’angolo di visione sulla rivelabilità di dettagli periferici per un osservatore posizionato centralmente.

  1. Veiling Glare

La diffusione di luce all’interno dei dispositivi di visualizzazione produce una luminanza diffusa che altera la distribuzione di luminanza intrinseca dell’immagine. Tale effetto è legato solo alle proprietà intrinseche del monitor e dell’immagine visualizzata, a differenza della riflessione che dipende anche dalle condizioni di illuminamento ambientale. Nei monitor CRT monocromatici i principali contributi al veiling glare sono dovuti alle riflessioni interne degli elettroni sullo strato di alluminio interno, la generazione di elettroni secondari negli strati di fosforo e alluminio e la diffusione di luce nel vetro dello schermo. Nei monitor CRT a colori il contributo principale è legato alla retrodiffusione di elettroni da parte dei bordi delle strutture deputate alla resa cromatica. Nei monitor LCD domina la diffusione locale nello spessore dello schermo.

L’effetto del veiling glare è quello di ridurre il contrasto percepibile, in modo maggiore nelle regioni più scure dell’immagine (Figura 5.13).

Poiché il fenomeno del veiling glare è legato essenzialmente alla tecnologia costruttiva del monitor può risultare sufficiente valutarlo solo per ogni tipo di modello di monitor a disposizione in fase di accettazione. Durante le prove di costanza questo test non è necessario se non si sospettano effetti di degrado della struttura dello schermo.

Il veiling glare viene misurato utilizzando un’immagine di test con una regione centrale scura circondata da una regione ad elevata luminanza.

  1. Valutazione qualitativa

La valutazione qualitativa prevede l’analisi di due immagini di test in cui al centro si trova la stessa serie di dettagli a basso contrasto. In una di queste (TG18- GVN) lo sfondo è a luminanza minima mentre l’altra immagine (TG18-GV) presenta intorno, in un’area circolare, un fondo a luminanza massima con la possibilità quindi di creare l’effetto del veiling glare. L’immagine TG18-GV deve essere visualizzata in modo che la regione circolare bianca abbia un diametro di 20 cm.

Per la valutazione del numero di dettagli a basso contrasto percepibili nell’immagine di test TG18-GV è necessario schermare completamente l’occhio dalla luce emessa dalla regione ad alta luminanza e sue eventuali riflessioni; questo perché il sistema visivo umano subisce un adattamento diverso al passaggio da uno sfondo a bassa luminanza ad uno ad alta luminanza.

Una soluzione possibile è quella di procurarsi uno schermo opaco che copra interamente la superficie radiante del monitor ad eccezione del disco centrale del diametro di 10 mm in corrispondenza delle strutture a basso contrasto centrali. In alternativa è possibile utilizzare un foglio nero avvolto a forma di tronco di cono con l’apertura minore appoggiata sullo schermo e combaciante con il disco centrale dell’immagine.

Il test consiste nel contare i dettagli centrali visibili nel TG18-GVN e successivamente nel TG18-GV con la regione bianca schermata. Non devono essere visibili significative riduzioni nel contrasto osservato nei due casi. Nel caso di dispositivi di visualizzazione primari devono essere visibili almeno 3 dettagli, per i secondari almeno 1. In Tabella 5.11 sono riportati i limiti di accettabilità, la frequenza, i materiali e i riferimenti per la valutazione qualitativa dell’effetto del veiling glare.

  1. Pixel difettosi

La valutazione del numero di pixel difettosi si applica solo ai dispositivi di visualizzazione basati su matrice attiva. I pixel difettosi sono classificati in tre classi in base al loro comportamento (norma IEC 62563-1 [7]) :

tipo A: sub-pixel normalmente in stato di luminanza massima

tipo B: sub-pixel normalmente in stato di luminanza minima

tipo C: sub-pixel non funzionante correttamente il cui comportamento non sia quello di tipo A o tipo B

Per quanto riguarda la loro distribuzione sulla superficie dello schermo si definisce “cluster” l’insieme di due o più pixel difettosi che rientrano in una ROI di 5x5 pixels.

I difetti di tipo A devono essere contati usando l’immagine test TG18-UN10 o una immagine uniforme custom con il valore digitale minimo (pari a 0).

I difetti di tipo B devono essere contati usando l’immagine test TG18-UN80 o una immagine uniforme custom con il valore digitale massimo.

I difetti di tipo C devono essere contati usando le immagini di test TG18-UN10 e TG18-UN80.

E’ opportuno registrare, oltre al numero di pixel difettosi, anche le zone in cui si trovano.

Le definizioni e tolleranze descritte per i pixel difettosi possono essere applicate anche per la valutazione di piccoli difetti della superficie del monitor (graffi, macchie indelebili)

Limiti di accettabilità

La norma IEC 62563-1 [7] propone a titolo indicativo dei valori di accettabilità per i monitor primari, riportati in Tabella 5.12.

In ogni caso il numero di pixel difettosi deve essere in accordo con quanto dichiarato dal costruttore.

Per completezza si riporta anche la classificazione dei difetti secondo la norma ISO 13406-2 [11]) (Figura 5.15) :

tipo 1: pixel normalmente in stato di luminosità massima

tipo 2: pixel normalmente in stato di luminosità minima

tipo 3: pixel o subpixel non funzionante correttamente il cui comportamento non sia quello di tipo 1 o tipo 2

 “cluster” : insieme di due o più pixels o subpixels difettosi che rientrano in una ROI di 5x5 pixels sulla superficie dello schermo.

I difetti di tipo 1 devono essere contati usando l’immagine test TG18-UN10 o una immagine uniforme custom con il valore digitale minimo (pari a 0).

I difetti di tipo 2 devono essere contati usando l’immagine test TG18-UN80 o una immagine uniforme custom con il valore digitale massimo.

I difetti di tipo 3 e i “cluster” devono essere contati usando le immagini di test TG18-UN10 e TG18-UN80.

La norma ISO13406-2 [11] definisce quattro classi di monitor relativamente al numero massimo di pixel difettosi e al tipo di difetti.

I dispositivi di visualizzazione primari dovrebbero essere di classe II (idealmente di classe I, anche se quest’ultima specifica è virtualmente impossibile da realizzare ad oggi su scala industriale).


  1. Uniformità della cromaticità del sistema di visualizzazione

La valutazione dell’uniformità della cromaticità di un dispositivo di visualizzazione è utile per evidenziare eventuali disomogeneità delle coordinate cromatiche (vedere paragrafo 2.2.3 per la definizioni delle coordinate cromatiche) sia all’interno di un singolo monitor che fra i monitor appartenenti ad una stessa stazione di visualizzazione.

La valutazione di tale parametro è importante anche nel caso di monitor monocromatici, nei quali il tono monocromatico di base è scelto in modo da simulare le pellicole di tipo “clear base” o “blue base”.

  1. Valutazione qualitativa

La valutazione qualitativa viene effettuata visualizzando sui monitor l’immagine di test TG18-UN80. Non devono essere visibili significative differenze di colore fra i monitor e all’interno della superficie di ogni singolo monitor (Tabella 5.15).

  1. Risoluzione spaziale

La risoluzione spaziale di un dispositivo per la visualizzazione delle immagini è legata alla capacità di rappresentare i dettagli spaziali di una immagine. Un monitor può degradare la risoluzione intrinseca contenuta nella matrice digitale dell’immagine anche nel caso di visualizzazione con rapporto 1:1 fra il numero di pixel originali e quelli rapresentati sullo schermo.

I fattori che contribuiscono a tale parametro sono molteplici. Nel caso di monitor LCD la risoluzione spaziale dipende non solo dall’estensione spaziale di ciascun pixel ma anche dalla sua struttura interna. A causa dei vari processi ottici ed elettronici che contribuiscono alla formazione dell’immagine, il “pattern” di luminanza prodotto da un solo pixel dello schermo può non coincidere con le dimensioni geometriche del pixel stesso Per tale motivo può essere utile valutare la risoluzione spaziale del monitor senza assumere che coincida con le dimensioni fisiche del pixel.

Considerazioni analoghe possono essere fatte per i monitor di tipo CRT, dove però la formazione dello spot luminoso del pixel viene guidata dalla focalizzazione del pennello elettronico.

  1. Valutazione qualitativa

Per effettuare la valutazione qualitativa della risoluzione spaziale possono posso essere utilizzate le immagini di prova TG18-QC o TG18-CX (Figura 5.17) all’interno delle quali si deve valutare il grado di “sfumatura” dei dettagli cosiddetti “Cx”. I patterns devono essere valutati utilizzando il software associato al dispositivo per la visualizzazione in modo tale che ogni pixel dell’immagine originaria corrisponda ad un pixel visualizzato su monitor (1:1 o zoom uguale a 1). Se necessario utilizzare una lente di ingrandimento per prescindere dal potere risolvente dell’occhio.

Il modo in cui appaiono sfumati i dettagli Cx al centro e ai 4 angoli del TG18-QC o sulla superficie intera del monitor nel TG18-Cx deve essere confrontato con i riferimenti al centro delle immagini di test e deve essere attribuito loro il punteggio indicato.

Inoltre vi sono delle coppie di linee in orizzontale e verticale ai quattro angoli dello schermo, con spaziatura pari alla frequenza di Nyquist e alla sua metà, che devono essere valutate in termini di visibilità.

Nella valutazione visiva del test pattern TG18-QC o TG18-CX, gli elementi del bersaglio “Cx” devono avere punteggi compresi fra 0 e 4, per i display primari, e fra 0 e 6 per display secondari. Per entrambe le classi di schermi le coppie di linee presenti nelle immagini di test devono risultare completamente visibili in ogni posizione e direzione previste dal test pattern.


  1. Valutazioni di livello avanzato

Le misure o valutazioni di seguito descritte sono da intendersi facoltative, da effettuarsi solo per la valutazione comparativa delle prestazioni tecnologiche o per una più approfondita verifica delle prestazioni dei dispositivi dichiarate dalle ditte costruttrici.

In questo contesto non si ritiene necessario ripetere le misure su più monitor dello stesso tipo (medesima marca e modello) a meno non venga ravvisata una specifica necessità.

  1. Dipendenza della luminanza dall’angolo di visione: valutazione quantitativa

Si valuta l’effetto dell’angolo di visualizzazione sulla luminanza per diversi valori di luminanza e sul rapporto di contrasto.

La dipendenza della luminanza al variare dell’angolo di visualizzazione deve essere valutata per diversi valori di luminanza. Si effettua puntando il fotometro al centro dello schermo ed eseguendo la misura in modo telescopico al variare dell’angolo formato fra fotometro e perpendicolare alla superficie dello schermo. Deve essere prestata attenzione nel misurare la stessa area dell’immagine durante le diverse posizioni angolari in modo che tale zona diventi idealmente il fulcro della rotazione. La luminanza ambientale deve essere ridotta al valore più basso possibile. I valori di luminanza da misurare sono L’max , L’min ed una serie di valori intermedi. Dalle misure effettuate è possibile ricostruire la dipendenza angolare di r’ = L’max / L’min .

La misura deve essere ripetuta lungo le direzioni principali della matrice di pixels del dispositivo di visualizzazione.

In Figura 6.1 è riportato un esempio della dipendenza del rapporto di contrasto dall’angolo di visione,  misurato per diverse tipologie di monitor primari LCD [20].

  1. Veiling Glare: valutazione quantitativa

Per una trattazione generale del fenomeno del veiling glare si rimanda al paragrafo 5.9.

La valutazione quantitativa del veiling glare prevede inizialmente la misura del valore di luminanza massima e minima al centro di una ROI sufficientemente estesa da non poter essere influenzata dal glare dovuto alle regioni circostanti con luminanza diversa. A tal fine si utilizza la regione centrale dell’immagine test TG18-GQN per misurare la luminanza minima LN e la regione centrale del TG18-GQB per la luminanza massima LB .Successivamente si misura la luminanza minima L nella ROI nera centrale del TG18-GQ in condizioni affette dal fenomeno del veiling glare (Figura 6.2).

Il parametro che quantifica il veiling glare è il rapporto di glare GR:

GR = (LB-LN) / (L-LN)

E’ importante verificare che le immagini siano visualizzate con le dimensioni corrette (il disco centrale delle immagini di test TG18-GQB e TG18-GQ deve avere diametro pari a 20 cm). Il sensore di luminanza, sia in modalità di misura a distanza che a contatto, deve essere collimato in corrispondenza del dettaglio centrale di 10 mm di diametro dell’immagine di test TG18-GQ, in modo tale da non risentire in nessun modo del contributo diretto delle regioni circostanti. A tal fine è utile realizzare uno schermo che copra l’intera superficie del monitor, dotato di un foro di 10 mm da posizionare in corrispondenza del dettaglio centrale delle immagini di test.

Fra le tre misure in successione è necessario non spostare il sensore.

Si consiglia in generale di effettuare le misure di cui sopra a contatto. In caso di misure a distanza, l’illuminamento ambientale deve essere al massimo di pochi lux.

Tale procedura è risultata sufficientemente accurata per valutare il GR fino a valori dell’ordine delle centinaia. Per valori di GR superiori, una collimazione e schermatura più sofisticata dalla luce esterna risultano necessari [1].

Come criterio indicativo viene raccomandato un GR maggiore di 400 per sistemi di visualizzazione primari, e maggiore di 150 per sistemi di visualizzazioni secondari.

  1. Rumore del dispositivo di visualizzazione: valutazione quantitativa

Da un punto di vista quantitativo il rumore spaziale di un sistema di visualizzazione può essere quantificato, adottando metriche utilizzate anche per i sistemi di rivelazione digitale, in termini di rapporto segnale/rumore della luminanza, in termini di Noise Power Spectrum (NPS) normalizzato o in termini di varianza del segnale temporale dei singoli pixel. Tutti i metodi si basano sull’acquisizione da parte di una telecamera di un’immagine uniforme visualizzata sul dispositivo (ad esempio la regione centrale dell’immagine di test TG18-NS). Per una trattazione più dettagliata sul tipo di test da effettuare si rimanda ad esempio al documento AAPM-TG18 [1].

La telecamera deve essere di tipo scientifico con digitalizzazione a 8-10bit, monocromatica e a basso rumore, accoppiata ad un obiettivo ad elevato f-number per ridurre il veiling glare nella telecamera. L’ingrandimento deve consentire un sovra-campionamento della superficie del monitor, fino ad un livello di circa 40 lp/grado [2]. Si può considerare un sovra-campionamento di circa 10-20 pixels della telecamera per pixel del monitor.

Deve essere nota o misurata la funzione di trasferimento fra valori di luminanza e segnale misurato dalla telecamera.

Le immagini acquisite devono inoltre essere corrette per il flat field, per eventuali differenze di guadagno della telecamera e deconvolute rispetto alla PSF del sistema di acquisizione ottico della telecamera. Per eliminare eventuali fluttuazioni temporali della luminanza, l’immagine deve essere acquisita con tempi di integrazione dell’ordine del secondo, in condizioni di illuminamento ambientale inferiore a 3 lux. Le immagini acquisite devono inoltre essere di tipo non compresso e i valori di pixel convertiti a valori di luminanza relativa se la funzione di trasferimento è non lineare (linearizzazione del segnale in luminanza).

L’ NPS viene valutata su un set di immagini aventi tre valori diversi di luminanza dello sfondo (minimo, massimo e intermedio).

 Utilizzando i marker presenti sull’immagine di test originale si deve risalire alla dimensione che il pixel reale del monitor ha nell’immagine ottica acquisita (calibrazione del pixel). La ROI centrale dell’immagine acquisita deve essere suddivisa in N ROI non sovrapposte di 128x128 o 256x256 pixels, che determinano l’intervallo di campionamento dell’NPS.

Si raccomanda di utilizzare almeno 20 ROI diverse per la valutazione del NPS, acquisendo diverse regioni dell’immagine test spostando la telecamera.

Successivamente deve essere effettuata una Fast Fourier Transfrom (FFT) bidimensionale su ognuna delle N ROI, calcolando il corrispondente NPS normalizzato (NNPS) e successivamente mediando gli N spettri NNPS acquisiti. Per NNPS si intende il NPS diviso il valore medio del segnale della ROI.

L’NPS medio ottenuto viene infine corretto per il rumore della telecamera. Nell’ipotesi che il rumore della telecamera  e del monitor siano incorrelati, tale operazione può essere effettuata sottraendo al NPS dell’immagine test l’NPS di immagini di buio della telecamera acquisite con lo stesso tempo di integrazione.

L’analisi dell’NPS può essere fatta ispezionando direttamente l’immagine dello spettro bidimensionale. E’ comunque più significativa e diretta una rappresentazione monodimensionale ottenuta dalla media di profili adiacenti e paralleli ai due assi principali della matrice di acquisizione (una delle due frequenze spaziali nulla), escludendo però gli stessi assi principali.

Un esempio di NPS per uno schermo LCD, da cui emerge il differente andamento lungo le due direzioni parallele ai lati dei pixels dovuto alla struttura dei subpixels, è riportato in Figura 6.3.

 

  1. Valutazione quantitativa della MTF

La valutazione quantitativa della Modulation Tranfer Function (MTF) del monitor può essere eseguita partendo dalla registrazione delle immagini di test TG18-RV o TG18-RH mediante telecamera. Nell’immagine test è presente una riga o colonna di pixel pilotati con massima luminanza rispetto a tutto il resto del fondo uniforme che è a più bassa luminanza. La matrice di acquisizione della telecamera deve essere leggermente inclinata di qualche grado (fra circa 2° e 5°) rispetto all’orientamento della matrice di pixel del monitor. La MTF di precampionamento può essere calcolata a partire da profili di intensità campionati trasversalmente alla linea luminosa, secondo una metodica ben nota riportata nella letteratura (trasformata di Fourier della Line Spread Function LSF) [2]. Nei monitor con tecnologia a matrice (tipo LCD) il profilo ricampionato può presentare delle code molto rumorose a causa della struttura granulare del “pattern” di luminosità del fondo dell’immagine. In tali casi si raccomanda di ricavare un profilo di risposta della linea partendo da una funzione modello adattandola non solo nella parte centrale del profilo ma estrapolando anche  le code in modo da minimizzare l’effetto delle fluttuazioni.

Se si vuole tener conto del potere risolvente del sistema ottico occorre correggere (deconvolvere) la risposta ottenuta dal campionamento della linea per la risposta dell’obiettivo della telecamera. Tale correzione può essere eseguita a livello analitico conoscendo i dati dell’obiettivo usati nella regisrazione. In molti casi tale correzione può essere trascurabile.

Conviene rappresentare l’MTF risultante (Figura 6.4) in funzione di una frequenza spaziale normalizzata rispetto alla frequenza di Nyquist. La frequenza di Nyquist è pari alla frequenza corrispondente all’alternanza di righe chiare e scure con distanza pari al pitch del monitor.

  1. Misura della riflettività dello schermo
  1. Riflessione speculare: valutazione quantitativa

Il coefficiente di riflessione speculare per un dispositivo di visualizzazione può essere misurato con una sorgente di luce diffusa bianca, di diametro minore delle dimensioni dello schermo. Il monitor deve essere spento e deve essere rimossa ogni ulteriore fonte di illuminamento.

La sorgente di luce bianca deve sottendere un angolo di circa 15° dal centro dello schermo, essere orientata a 15° dalla direzione normale dello schermo ed ad una distanza d1 dal centro di quest’ultimo.  La luminanza riflessa Lriflessa deve essere misurata in modalità telescopica con un sensore di luminanza, posto ad una distanza d2 dal centro dello schermo e orientato a circa 15° dalla normale dello schermo in modo speculare rispetto alla direzione del fascio luminoso incidente.

La luminanza diretta Ldiretta della sorgente deve essere infine misurata a distanza d1+d2

Il coefficiente di riflessione speculare Rs è definito come:

Dal valore di Rs si può stimare la massima luminanza consentita ad oggetti presenti in una sala di refertazione. Infatti il  massimo valore di luminanza L0  di un oggetto riflesso dalla superficie di un monitor deve essere tale da non comportare una luminanza riflessa maggiore della minima differenza di luminanza rivelabile (JND) per valori prossimi a Lmin:

dove Ct = ΔL/L è la soglia di contrasto della GSDF a Lmin di cui un esempio è riportato in Figura 6.5.

La luce riflessa dallo schermo può provenire anche da un oggetto (parete, camice) illuminato indirettamente da una sorgente luminosa che è fuori della portata del campo di vista dell’osservatore.

L’entità di questa riflessione dipende dalle caratteristiche di riflettanza diffusiva Rd (ipotizzata lambertiana) e dall’illuminamento E incidente sull’oggetto  secondo la relazione

Ad esempio, supponendo una riflettanza Rd del 90% da parte di una parete della sala di refertazione, il massimo illuminamento ambientale consentito per non avere perdite di contrasto per riflessioni speculari è dato da:

Valori tipici di Rs per schermi in vetro senza trattamento antiriflesso variano fra circa 0.004 e 0.005.

In Tabella 6.1 è riportato un esempio di valori massimi di illuminamento ottenuti in funzione dei valori di calibrazione del sistema di visualizzazione e dei coefficienti di riflettività speculare della superficie del monitor.

  1. Riflessione diffusa: valutazione quantitativa

Il coefficiente di riflessione diffusa per un dispositivo di visualizzazione può essere misurato con una sorgente di luce diffusa bianca estesa, che illumini la superficie del monitor con un angolo solido prossimo a 2π radianti.  

Il monitor deve essere spento e deve essere rimossa ogni ulteriore fonte di illuminamento.

L’illuminamento E deve essere misurato al centro del monitor con il sensore parallelo alla superficie dello schermo. La luminanza indotta Lamb deve essere misurata in modo telescopico al centro dello schermo con un sensore di luminanza orientato in direzione leggermente decentrata rispetto alla normale (10° circa)  e un dispostivo assorbitore posto in posizione speculare così da ridurre eventuali interferenze da fenomeni di  riflettività speculare (Figura 66).

Il coefficiente di riflettività diffusa è definito come il rapporto fra la luminanza indotta e l’illuminamento:

e si misura in unità sr-1.

Valori tipici di RD variano fra 0.005 sr-1e 0.03 sr-1 (Figura 67).

La presenza di Lamb riduce la soglia di contrasto in luminanza, con particolare effetto nelle regioni a bassa luminanza, in quanto va a sommarsi a L riducendo il contrasto relativo:

I sistemi di calibrazione consentono in genere di calibrare il sistema di visualizzazione tenendo conto del contributo di Lamb , mantenendo costante il contrasto percepito al variare della luminanza, ma questo comporta  necessariamente una riduzione del rapporto di luminanza.

In generale, per sistemi di visualizzazione il cui sistema di calibrazione non tenga in considerazione il contributo di  Lamb alla luminanza percepita dall’osservatore dovrebbe essere limitato l’illuminamento ambientale così da avere:

mentre per sistemi di calibrazione che considerano il contributo di Lamb alla luminanza percepita dall’osservatore, si dovrebbe garantire in ogni caso la condizione:

per ridurre l’effetto di eventuali fluttuazioni dell’illuminamento ambientale.

  1. Uniformità della cromaticità del sistema di visualizzazione: valutazione quantitativa

Il sistema di misura della cromaticità adottato è la scala di cromaticità CIELUV [12] che si basa sulle due coordinate di colore u’ e v’ .

Un colorimetro è utilizzato per la misura delle coordinate u’ e v’ in una ROI centrale e nelle quattro ROI ai vertici della superficie di visualizzazione. Deve essere eseguito un confronto di uniformità anche fra i diversi monitor appartenenti allo stesso sistema di visualizzazione.

La distanza fra le coppie di punti (ui’,vi’) nello spazio (u’,v’) è direttamente proporzionale alle differenza di colore percepita. La metrica adottata per misurare l’uniformità di colore è la distanza D fra le coppie delle coordinate di colore:

La misura della cromaticità è importante anche nel caso di monitor monocromatici.

Le misure di non uniformità vengono effettuate visualizzando sui monitor l’immagine di test TG18-UN80.

Uniformità della cromaticità all’interno di una dispositivo di visualizzazione

Devono essere misurate le coordinate di colore nella ROI centrale e nelle quattro ROI ai vertici della superficie di visualizzazione. La non uniformità NUcroma è valutata in termini di distanza massima fra i cinque punti nello spazio (ui’,vi’), con i e j che variano da 1 a 5 :

 Il limite di accettabilità è NUcroma < 0.01 .

Uniformità della cromaticità fra monitor multipli di un sistema di visualizzazione

Deve essere calcolata la media delle coordinate di colore nella ROI centrale e nelle quattro ROI ai vertici della superficie di visualizzazione, per ciascun monitor m :

La non uniformità della cromaticità fra i monitor multipli NUcroma_multi è valutata in termini di distanza massima, nello spazio (u’,v’), delle medie delle 5 ROI:

con m e n indici identificativi dei monitor componenti il sistema di visualizzazione.

  1. Dipendenza angolare della cromaticità del sistema di visualizzazione: valutazione quantitativa

Alcuni dispositivi, in particolare alcune tipologie di monitor LCD, possono mostrare uno spostamento delle coordinate cromatiche al variare dell’angolo di visione. Tale spostamento deve essere inferiore ad una certa soglia entro l’angolo di visione dichiarato dal costruttore.

Le coordinate di colore (ui’,vi’) al variare dell’angolo di visione i sono misurate in una ROI centrale.

La non uniformità NUcroma_ang è valutata in termini di distanza massima nello spazio (ui’,vi’) fra le misure ai vari angoli di visione, con i e j indici relativi all’angolo di visione:

 Il limite di accettabilità è NUcroma_ang < 0.01 .

  1. Ulteriori valutazioni

In aggiunta alle valutazioni descritte nei paragrafi precedenti, a titolo informativo e per completezza vengono di seguito citati ulteriori test, spesso opportuni solo per alcune tipologie di dispositivi di visualizzazione (ad esempio per CRT o LCD). Tali test possono essere presi in considerazione per particolari applicazioni del sistema di visualizzazione o in presenza di artefatti che non rientrino nei casi precedentemente discussi.

Per approfondimenti si rimanda a letteratura specifica [2][4].

  1. Flicker

Il flickering (dall’inglese tremolio, sfarfallio) è definito come la percezione di una rapida variazione temporale della luminanza su un’immagine statica [4].

Tale artefatto è spesso legato alla percezione da parte del sistema visivo umano del refresh verticale dell’immagine sul monitor così come dell’interferenza fra il refresh rate e altre sorgenti periodiche di illuminamento. L’interferenza con lampade a fluorescenza è fra le principali cause di percezione del flicker. L’artefatto si manifesta maggiormente ad alti valori di luminanza, per refresh rates inferiori a 65 Hz e in caso di visione periferica, principalmente su dispositivi di visualizzazione di tipo CRT, dipendendo dal tempo di decadimento della luminescenza dei fosfori dello schermo CRT.

La presenza di flicker può essere valutata andando ad evidenziare, da una distanza di circa 30 cm, eventuali indesiderate variazioni temporali della luminanza sull’immagine di test TG18-QC (figura 5.2) e TG18-UN80 (Figura 5.16), sia per visione periferica che foveale.

Per possibili metodi di valutazione quantitativa del flicker si rimanda alla consultazione dello standard VESA [4].

  1. Cross-talk elettronico

Nella valutazione delle prestazioni dei dispositivi LCD ad alta risoluzione, con elevato numero di livelli di grigio, si può presentare l’artefatto detto di cross-talk, dovuto ad un indesiderato accoppiamento elettrico (con conseguente interferenza) dei circuiti che controllano pixel adiacenti o vicini fra loro. L’interferenza può essere dovuta a correnti che scorrono nell’interruttore elettronico (Thin Film Transistor) derivanti da un accoppiamento capacitivo parassita. ll cross-talk viene dunque a dipendere dall’immagine visualizzata. La valutazione del cross talk viene effettuata visualizzando immagini di test a barre, con piccoli dettagli a grandi differenze di luminanza dallo sfondo, orientati lungo le due direzioni principali della matrice di pixels. Per una valutazione visiva può essere utilizzata l’immagine di test TG18-QC.

L’effetto del cross-talk è visto come uno shift della luminanza in una regione in cui sono presenti elevate variazioni della luminanza in direzione orizzontale o verticale.

Per approfondimenti e metodi per la valutazione quantitativa del cross talk si rimanda a [2][4].

  1. Velocità di risposta

Per particolari applicazioni (visualizzazione di grandi insiemi di immagini volumetriche, sequenze dinamiche), la risposta temporale del dispositivo può essere un parametro importante ai fini di mantenere una adeguata capacità diagnostica. La risposta temporale dei sistemi di visualizzazione basati su tecnologia LCD può rappresentare un elemento di debolezza, a causa delle dinamiche di riassestamento dei cristalli liquidi in seguito ad una variazione temporale del segnale di pilotaggio. Una descrizione dei metodi per la valutazione della risposta temporale di dispositivi di visualizzazione di immagini mediche esula dai contenuti del presente documento; per approfondimenti si rimanda alla letteratura scientifica specifica [19].


  1. Appendice A

Esempio di modulo di registrazione dei risultati di un controllo di qualità.

Un modello di foglio di calcolo realizzato a cura della SOD Fisica Sanitaria dell’AOU Careggi è scaricabile dal sito http://www.fisicamedica.it/aifm/report/


  1. Appendice B

Esempio di flusso di lavoro nell’esecuzione dei controlli di qualità


  1. Riferimenti bibliografici

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